
l'editoriale del direttore
Il debito pubblico è abbastanza grande da badare ai populisti
È una croce, ma può essere una delizia, uno strumento che costringe al realismo: no alla spesa senza controllo, sì ai vincoli europei. Così i paesi più indebitati, come l’Italia, si sono mostrati più virtuosi degli altri. E, paradosso, anche la Francia ha una chance
È una croce, lo è sempre, ma può essere anche una delizia? In un caso, forse sì. La politica europea, ormai da tempo, si trova spesso a ragionare su uno scenario futuro scivoloso e inquietante che riguarda un paese, la Francia, da cui, nel passato, sono partite rivoluzioni pericolose. Lo scenario futuro, neanche a dirlo, è quello che riguarda la possibilità che un paese già molto indebitato sia conquistato da un partito estremista come quello guidato da Marine Le Pen e Jordan Bardella. La combinazione tra un paese che spende sempre di più (la Francia ha un debito pubblico pari al 114 per cento del pil, un deficit oltre il 5,5 per cento e una spesa pubblica che vale il 57 per cento del pil) e un paese in cui potrebbero andare al potere i partiti che vogliono spendere ancora di più (come il Rassemblement national) è uno scenario da incubo non solo per la Francia ma anche per l’Europa (e per l’Italia).
Il tempo ci dirà se i pessimisti hanno ragione, sulla scalata irresistibile del lepenismo. Ma gli ottimisti di tutto il mondo, e soprattutto quelli europei, sanno che a portare acqua al bicchiere mezzo pieno vi è un tema da molti considerato un tabù: il debito pubblico. Ronald Reagan, con ironia, diceva un tempo che il debito pubblico è abbastanza grande da badare a sé stesso. Oggi, se volessimo provare ad aggiornare quel detto, potremmo dire che il debito pubblico è abbastanza grande da badare ai populisti.
Il tema è evidente anche se controintuitivo. In Europa, negli ultimi anni, alcuni dei paesi che si sono mostrati più virtuosi sono stati quelli gravati da debiti pubblici importanti. La Grecia, dopo i disastri del 2015, a un passo dal collasso, è stata costretta a fare i conti con la realtà, e pur essendo ancora oggi il paese più indebitato d’Europa (debito al 161 per cento del pil nel 2024) ha rendimenti dei titoli di stato sempre più bassi, con spread ai minimi dal 2008. Lo stesso si può dire dell’Italia: è il paese europeo con il secondo debito pubblico più alto (137 per cento del pil) ma allo stesso tempo è uno di quelli che negli ultimi anni hanno visto migliorare maggiormente il proprio spread (oggi intorno a 130 punti, contro oltre 300 nel 2018). Stessa storia per il Portogallo e la Spagna: due paesi con debiti molto alti, rispettivamente al 103 e al 107 per cento del pil, che da anni, dai tempi dei Pigs, portano avanti politiche prudenti che li hanno premiati – con rating migliorati, deficit sotto controllo (3,6 per cento in Spagna) – e che hanno tenuto le istanze populiste lontane dalle cabine di regia dei governi.
Il debito pubblico, quando si trova a livelli spaventosi, può diventare un incentivo a una politica responsabile. E il debito pubblico, quando un paese ha consapevolezza di ciò che significa vivere con un fardello del genere sulle proprie spalle, può portare anche i partiti meno europeisti a considerare il vincolo esterno dell’Europa come un sostegno non solo necessario ma persino benefico sul medio periodo. In fondo, in Italia, a sottoscrivere i vincoli del Pnrr sono stati anche i partiti maggiormente euroscettici, come la Lega di Matteo Salvini. Un paese molto indebitato è un paese che rischia ogni giorno l’osso del collo. Ma un paese indebitato, se non vuole rischiare di essere messo a terra dai mercati, deve tenere conto più degli altri delle indicazioni degli investitori internazionali e delle istituzioni europee, e meno degli altri paesi può permettersi di promettere spese illimitate o tagli fiscali senza coperture, pena l’aumento degli spread e la perdita di accesso ai finanziamenti. E chissà se vi stupirà sapere che negli ultimi anni il governo che ha portato a casa la manovra più prudente, in Italia, è stato quello potenzialmente più pericoloso: il governo gialloverde.
Il professor Sabino Cassese sostiene da tempo, anche lui con amore per il paradosso, che il debito sia uno strumento prezioso per costringere al realismo. E altrettanto paradossalmente non si può non notare che i populismi estremisti più pericolosi, in Europa, si trovano in paesi che hanno un debito pubblico molto basso, come la Germania (64 per cento del pil nel 2024). In un mondo perfetto, naturalmente, non si può non sognare di avere politici responsabili in grado di capire che con il debito non si gioca, anche quando le cose vanno bene. In un mondo imperfetto, invece, non si può non notare che gli ottimisti di tutto il mondo hanno a disposizione un’arma impensabile per sperare di poter governare in futuro gli istinti populisti: un debito abbastanza grande per badare non a sé stesso ma ai campioni del cialtronismo politico. E’ stato così per l’Italia. Per la Grecia. Per la Spagna e per il Portogallo. Forse potrebbe esserlo anche per la Francia. E’ una croce, lo è sempre, ma può essere anche una delizia? In un caso forse sì. Il debito non è mai buono, o quasi, ma qualche volta qualcosa di buono può farlo.
