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il colloquio

“Siamo figli della Resistenza: FdI e Vannacci devono capirlo”. Parla Favero, leghista filosofo

Francesco Gottardi

Il Consiglio regionale veneto ha approvato una legge per finanziare gli Istituti storici della Resistenza: tutti d’accordo, tranne i meloniani. “Il vecchio Msi è davvero sepolto?”, punge il primo firmatario in quota Carroccio. “E Salvini sbaglia a mettere il bavaglio a chi critica Vannacci: la Lega esprime il federalismo dei padri costituenti”

È l’ultimo tassello del progressismo targato Zaia. Martedì il Consiglio regionale del Veneto ha approvato una proposta di legge per finanziare gli Istituti storici della Resistenza e della società contemporanea sul territorio. Un’iniziativa di buonsenso, a fronte di uno stanziamento modesto – circa 70mila euro – ma necessario per sostenere l’attività di questi sette enti di ricerca e divulgazione didattica. Tutti d’accordo. La Liga veneta, fautrice del provvedimento, insieme a Forza Italia, Pd, M5s e Avs (miracolo). Solo non si vedono i meloniani. Che non votano e restano fuori dall’aula. “Mi dispiace e non me l’aspettavo”, dice al Foglio Marzio Favero, primo firmatario in quota Carroccio. “Questa mozione è chiara, trasversale e ampiamente condivisibile: evidentemente c’è chi fa ancora fatica ad accettare il passato. Il nostro ordinamento, fortemente autonomista, esiste grazie all’esperienza resistenziale custodita dai padri costituenti. Se qualcuno si colloca al di fuori, dove andrà a finire?”

Favero non se ne capacita. Perché “è vero, FdI non è nuova a certi scivoloni. Ma questi istituti portano avanti uno scavo imprescindibile sul passato recente dei nostri luoghi, colmando dei vuoti che l’università non riesce a riempire”. Tutelarli insomma è un dovere civico, al di là dell’ideologia. “Se possiamo parlare alla nostra comunità, dal Consiglio regionale, è perché la Costituzione della Repubblica ci ha tolto il giogo centralista dello Stato-caverna: sabaudi prima, fascisti poi. Credo che i meloniani provino ancora imbarazzo a votare una legge del genere. Ma non dovrebbero. Sempre che il vecchio Msi sia seppellito, An superata. Altrimenti così si presta il fianco a interpretazioni inquietanti”. Il busto del Mascellone in casa La Russa, esponenti di partito che ci ricascano e inneggiano a canzonacce del Ventennio: la sinistra non vedeva l’ora di un simile autogol. “E si capisce. Nella Resistenza c’erano tutte le forze politiche democratiche: all’epoca se ne accorsero pure gli americani. È tempo che lo facciano tutti”.

Forse anche certi leghisti, vista l’aria che tira. Vannacci, decime, equivoche alleanze con l’ultradestra europea. “Dobbiamo capire il nostro percorso e la nostra storia”, ribadisce Favero. “La Lega nasce come movimento autonomista, a difesa del regionalismo impartito dall’assemblea costituente: Bossi e Rocchetta, l’ideologo della Liga veneta, si richiamavano apertamente alla Resistenza. L’unica vera nostra ragion d’essere è il federalismo, come ricetta contro i mali del paese che invece si ostina a rinforzare il centralismo deleterio. Il fatto che i consiglieri veneti abbiano votato compatti la dice lunga”.

Ma è proprio questo il punto: in Veneto c’è un’altra Lega. Quella di Zaia, che guarda alle imprese, a Bruxelles, ai diritti civili. Fuori però è tutt’altra storia. E mica da ieri. “Vannacci deve capire che non può vannaccizzare la Lega, ma deve lui diventare leghista”. Il problema è che il generale è fresco di nomina, vice di Salvini. Zaia è a fine mandato. “Ma fidatevi, non sparirà dallo scenario. Chi vive nel nordest sa bene che i nostri amministratori parlano il linguaggio del buonsenso post-ideologico, fatto di apertura mentale anche nei confronti degli immigrati regolari e degli italiani di seconda generazione. Per esempio, siamo fieri di un’atleta come Paola Egonu”.

Consigliere, si fermi, altrimenti purgheranno anche lei! “Ma no, dai. A Salvini riconosco il grande merito di aver reso la Lega un partito nazionale: l’autonomia non vale solo per le regioni del nord. Questo respiro però non deve portare all’impoverimento del messaggio federalista originario di cui siamo titolari: lo dico come Sant’Agostino, quando criticava la Chiesa cui apparteneva”, incalza Favero, da filosofo del Carroccio veneto. “Extra Lega nulla salus. Se fallisce la Lega, fallisce l’Italia. E come sosteneva Bobbio, lo Stato è troppo grande per le comunità locali ma troppo piccolo per la geopolitica internazionale: guai dunque a indebolire l’Europa. Sovranismo non significa pericoloso neonazionalismo, ma fare in modo che sia il popolo a detenere la sovranità a tutti i livelli. Nazionale, regionale, comunitario”. Evidentemente, a Via Bellerio continuano a non afferrare il concetto. “Salvini sbaglia a mettere il bavaglio a chi critica Vannacci. Com’era quella poesia di Bertolt Brecht? Generale, il tuo carrarmato è potente. Ma ha un difetto: ha bisogno di un carrista…”.

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