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Pd Britpop
Schlein modello Oasis (Bersani dixit)? Sì, ma servirebbe una Taylor Swift
Keith Richards, Justine Frischmann, Ricky Shayne: Bersani rilegge la politica italiana con metafore musicali. E con la segretaria in versione Britpop, il Pd prova a tornare cool. Ma per uscire dai piccoli club serve un altro stile
Il venerabile Pier Luigi Bersani, intervistato da Andrea Scanzi nel corso della “Serata Rock” della Festa dell’Unità di Reggio Emilia, sollecitato e solleticato a tentare dei paragoni-connessioni tra personaggi dell’arena politica italiana e i protagonisti dei megaraduni pop si è lanciato in una raffica d’ipotesi spericolate, paragonando Fratoianni e Bonelli a Wess e Dori Ghezzi (non specificando l’assegnazione dei ruoli) e confermando che a lui piace giocare d’anticipo come Keith Richards con la sua chitarra, quando entra spesso in levare sui refrain dei pezzi degli Stones. E poi ha concesso altre facezie, insomma che Conte è un tenorino, che Meloni non è un mezzosoprano ma un “soprano a mezzo” perché dice ma non fa, e che Salvini vorrebbe essere Bruce Springsteen ma è soltanto Ricky Shayne (citazione per attempati, perché stare attorno alla pensione per ricordarsi del cantante egiziano col ciuffo). Poi però Bersani ha detto alla platea adorante una cosa su cui si può ragionare: ovvero che a lui Elly Schlein, se anche qui si vuole improvvisare una correlazione col mondo della musica leggera, gli fa pensare al Britpop, al rock leggero e “che si fa capire”, quello dei Blur e degli Oasis, “senza arrivare a citare i Beatles” per non esagerare. E che quando gira per le feste di partito gli viene da pensare che Elly una qualche scossa l’ha provocata, se non altro accostandosi al pubblico naturale di quella musica. Bene.
La similitudine di Bersani ha del vero, ma se era intesa ad attribuire a Schlein un’adesione innovativa alla modernità, non è che colga proprio nel segno, perché Blur e Oasis l’hanno fatta finita da decenni, il Britpop è un fenomeno per genitori ultra-quarantenni in pantofole e se i fratelli Gallagher adesso si sono rimessi insieme la faccenda gronda talmente tanto di quattrini da collocarsi lontano da ciò che lui voleva intendere. Però, ripetiamo, l’intuizione è interessante: perché già nei modi di fare, di presentarsi, persino di vestirsi, Elly Schlein appartiene a un universo estraneo al canone politico nazionale e ostenta dei rimandi a uno stile britannico, magari pure un po’ berlinese, che ci stanno tutti. A ben guardare, si può perfino individuare una somiglianza tra la Schlein e Justine Frischmann, che del Britpop fu una delle rare figure femminili di rilievo, come leader e cantante degli Elastica – band di discreta rilevanza del movimento – e in particolare come tumultuosa fidanzata di Damon Albarn dei Blur, insieme al quale rappresentò la power couple del Britpop (adesso vive a San Francisco, ha sposato un metereologo e a tempo perso fa l’artista performativa). Stesso ciuffo ribelle cadente sugli occhi, slanci improvvisi, toni di voce stentorei e appassionati, un dato d’irregolarità che (in passato) si sarebbe etichettato come “rock” nel prendere le cose, senza mezze misure, facendo fatica a tenere per sé cose che avrebbe davvero voglia di dire.
Per carità, sono impressioni dall’esterno, ma è a una figura così che adesso il partito della sinistra ha affidato le proprie sorti e le sue speranze di rimonta. E, sullo sfondo, ci sta di sentir risuonare “Wonderwall” o “Look Back in Anger”, e però ci sta pure farsi delle domande: potrebbe essere in un’estetica alla Britpop che il Partito democratico cerca la strada maestra per tornare a occupare l’immaginario dell’Italia progressista? O quello è un mondo lontano, estraneo ai desideri della maggioranza, che parla una lingua dai riflessi malinconici che oggi fanno venire i nervi ai nostri adulti e sono incomprensibili a una gioventù vitaminizzata dalla schizofrenia dei social? Se si studia un po’ si vede un’insopprimibile tensione culturale verso le élite incarnata di slancio da Schlein e sottolineata da Bersani con rassegnata nonchalance. In una leader che – forse – in ciò che resta della Cool Britannia verrebbe presa per buona e riconosciuta. Oggi, invece, sul ring dove si aggirano pesi massimi dall’aria truce, avrebbe magari più appeal un modello Taylor Swift: una che domina le folle, ha bravi autori che le scrivono le cose da dire e aderisce disciplinatamente al programma. Altrimenti il rischio è di continuare a suonare nei piccoli club.