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nella maggioranza
Il "segreto" di Meloni (e di Bartolozzi). Richiami alla purezza, alla trasparenza. La Lega: "Errore non porre il segreto di stato"
Errore o calcolo? Il capogruppo leghista Romeo: "Occorreva metterlo sin dall'inzio". Costa di Forza Italia: "Doveva agire Palazzo Chigi. Il ruolo dell'ex capo Dag, Birritteri e i suoi contrasti con Bartolozzi"
E’ la storia che meglio li racconta: per eccesso di trasparenza finiscono indagati per falsa testimonianza, per proteggere il capo di gabinetto Giusi Bartolozzi lasciano azzoppare e sporcare il ministro Carlo Nordio. Gestita male, condotta peggio. Che effetto avrà scudare adesso una possibile “menzogna”? Dice Massimiliano Romeo, il capogruppo della Lega al Senato, che “il caso Almasri era una questione di stato e come tale serviva il segreto”. Si sono scontrate due linee di pensiero. La prima, quella di partito, di FdI, quella del “gli italiani devono sapere tutto”, niente scudo, e l’altra, quella di Alfredo Mantovano, istituzionale, la linea proteggiamo le istituzioni, scudiamo. Ha prevalso la prigione della purezza.
Raccontano di informazioni parziali, arrivate a Palazzo Chigi, forse allo stesso Mantovano, raccontano, e sono fonti di maggioranza, che questa è la prova definitiva: “Ecco cosa accade quando si fa la guerra a una persona perbene, un genio, come Luigi Birritteri, il capo del Dag, costretto alle dimissioni da Bartolozzi”. La notizia dell’indagine a Bartolozzi, indagata dalla procura di Roma, per dichiarazioni mendaci, arriva in un’Aula vuota, a ora di pranzo, il primo giorno dopo le ferie estive. E’ il suono della campana, ma suona per Bartolozzi. Chiedono a Francesco Filini, lo Strabone di Meloni, se non fosse stato meglio mettere il segreto di Stato, se non fosse stato preferibile chiuderla allora e Filini, che è un uomo a cui non manca il coraggio, e neppure la freddezza, la lucidità, spiega che “l’opposizione avrebbe urlato ugualmente”, e poi, da soldato, aggiunge: “Si è scelto così. Così ha scelto il governo. E la discussione si chiude qua”. In un pomeriggio si rimpiccioliscono le piccole grandi beghe, di partito, si fa più piccolo il generale Vannacci, con le sue sparate a Maria Rosaria Boccia, la sua Camilla Cederna che lo intervista e gli fa dire: “Putin è meglio di Zelensky”, le sue risottate con Stefania Bardelli a Varese, con la Decima al posto del parmigiano. In un pomeriggio si torna alla politica, ma è giudiziaria. In Forza Italia, solo Enrico Costa, il principe del garantismo, dichiara: “Palazzo Chigi avrebbe dovuto mettere il segreto di stato”. A dire il vero, era stata la Lega la prima a chiederlo, a spiegare a FdI, “guardate che se non mettiamo il segreto di stato, questa vicenda finirà per farci male. Guardate che Bartolozzi verrà indagata e sarà uno sputtanamento”. Ad Arenula leggono la notizia data dall’Italpress e attendono che a ribatterla sia un quotidiano, ma abbassano tutti la testa, “sì, è vero, Bartolozzi, non conferma e non smentisce”.
E’ ancora convinta che nel giro di un mese il suo caso possa essere archiviato”. Pensa lei: al massimo cosa resta? La figuraccia. E’ certa, ancora, che verrà tutelata, e lo è ma al governo si interrogano: “Si può scudare un funzionario, per un reato autonomo, come la falsa testimonianza? Che figura ci facciamo?”. Passa Stefano Candiani, ex sottosegretario all’ Interno di Salvini, che ha il merito di essere franco, “parlo sempre a nome mio” e che dice al Foglio: “Con questa opposizione, la trasparenza non paga. Sulla vicenda Almasri il governo ha fatto l’interesse dell’Italia”. E allora perché si è scelto di non mettere il segreto di stato? E lui, Candiani: “Si è pensato troppo alle possibili critiche, da parte dell’opposizione, ma questa opposizione non è adulta. Si è lasciato così il presupposto per essere attaccati, e su tutto. La verità è che andava gestita in maniera pragmatica. Con il segreto”. Dall’altra parte, al Senato, il suo compagno di partito, Romeo, si fa saggio: “Le polemiche, come si vede, ci sarebbero state in ogni caso. Ci servirà da lezione”. L’hanno sottovalutata o che altro. Forza Italia conferma: “Mantovano sin dall’inizio era a favore del segreto di stato, poi è andata come sappiamo”. Si è scelto di non nascondere nulla agli italiani, ma i pasticci lasciano le impronte. Sul caso Almasri ci sono quelle della capo di gabinetto e ci sono quelle di questo Birritteri che dicono sia un personaggio manzoniano, un Fra Cristoforo, perché alla fine, anche lui pensa: “Verrà un giorno”. Mantovano lo voleva al posto di Bartolozzi e forse non si sbagliava.
Lo descrivono così amato dai colleghi, con un fascino tale che i torti che avrebbe subìto sarebbero ora i torti, del governo, verso un’intera categoria. Ricordano: “E’ una rarità. Amico ventennale di Angelino Alfano, viene nominato consigliere di stato dalla politica. Ancora, una rarità. Improvvisamente subisce, al solito angherie, e lui che fa? Rinuncia al suo stipendio da consigliere di stato e fa un passo indietro. Rientra in magistratura, finisce in Cassazione. Poi arriva la nomina con Nordio, capo del Dag. La vicenda Almasri è una partita a scacchi fra Birritteri e Bartolozzi, e credeteci, Birritteri ha studiato meticolosamente, le mosse. In quei passaggi di carta, c’è almeno la prova del pasticcio di Bartolozzi”. Non è vero che si deve sempre sapere tutto. Un paziente, in verità, non vuole mai sapere dal medico che è in fin di vita. Tanto più se quel medico pasticcia come Bartolozzi. Il segreto è solo l’anticamera del governare.