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Il dibattito a Strasburgo

"La Ue è muta davanti alla pulizia etnica contro i palestinesi”, dice Marco Tarquinio

La Ue “dopo settecento giorni dall'inizio della carneficina a Gaza, non ha ancora trovato le parole, non è ancora riuscita a esprimersi"

Marianna Rizzini

Le critiche dalla sinistra europarlamentamere a Ursula von der Leyen sul silenzio di fronte a quello che sta accadendo nella Striscia di Gaza e che molti chiamano "genocidio"

L’Europa, Gaza, la Global Flotilla in navigazione con a bordo il deputato pd Arturo Scotto e l’eurodeputata pd Annalisa Corrado, un drone che colpisce nella notte la barca di Greta Thunberg e poi, oggi, il discorso sullo Stato dell’Unione della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Intanto il Parlamento europeo, che in precedenza si era già espresso per un cessate il fuoco immediato e permanente, per il rilascio incondizionato di tutti gli ostaggi e per un accesso libero e una distribuzione continua di aiuti umanitari e medici nella Striscia di Gaza, da ieri dibatte con l’Alta Rappresentante per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza Kaja Kallas, e domani voterà una risoluzione. Ma si avvicina anche il momento in cui von der Leyen dovrà forse affrontare un’altra mozione di sfiducia (temi: Gaza, i dazi, il riarmo) per la quale sta lavorando la Sinistra europarlamentare in cui siedono anche i Cinque stelle (e non si sa se ci saranno tutte le firme necessarie). Il Pd, dal gruppo Socialisti e Democratici, discute in queste ore a Strasburgo con i colleghi degli altri partiti e al suo interno sulla posizione di una Ue e di una von der Leyen considerate da molti, a sinistra, fin troppo silenti. L’eurodeputato dem ed ex direttore di Avvenire Marco Tarquinio è tra questi, e non da oggi: a fine novembre 2024, ricorda infatti Tarquinio parlando con questo giornale, ha votato contro la nuova Commissione Ursula. “Decisione sofferta, ma necessaria in un momento storico così delicato”, dice: “Io sono sempre per il dialogo con le altre forze politiche ed è quello che stiamo facendo in questi giorni, in vista del voto di domani, attraverso il confronto continuo all’interno del gruppo e dei gruppi, per trovare una mediazione, ma dieci mesi dopo quel voto non è che le cose si siano evolute in modo positivo. Il dibattito insomma è aperto, ma il disagio è diffuso, come si evince dalle lettere già inviate alla presidente Ue dalla capogruppo di S&D e da componenti dei Verdi e di Renew Europe. E qualche cartina di tornasole, in questi giorni, lo renderà evidente”. Il malessere cresce. La Ue, dice Tarquinio, “dopo settecento giorni dall’inizio della carneficina a Gaza, non ha ancora trovato le parole, non è ancora riuscita a esprimersi. Ora, rispetto a dieci mesi fa, vedo che tanti altri stanno tirando le fila del discorso, arrivando a concludere che la Ue di Ursula von der Leyen è prigioniera. Bene – anzi male, molto male. Vuol dire che purtroppo avevamo visto giusto, e parlo non solo di Medio Oriente e Ucraina, ma anche del negoziato con Trump sui dazi”. Su Gaza c’è chi, nella sinistra europea, oggi accusa la presidente di “complicità in genocidio”. “Le parole hanno un effetto dirompente, tanto più se sono forti come genocidio”, dice Tarquinio, “ma il peggio arriva quando il genocidio si realizza. Il dramma dell’Europa è che siamo ancora qui a discutere su quali parole usare mentre vengono compiuti atti orribili sotto gli occhi di tutti, atti che stanno suscitando un’ondata planetaria di dolore e di indignazione, tanto che vari governi europei sono stati spinti a cambiare la propria posizione. Non abbastanza, però. E un grande problema si chiama Italia, paese che, assieme alla Germania, è alla testa del gruppo che in Terra Santa blocca qualsiasi iniziativa degna di questo nome da parte della Ue”. Si fa presto a dire Europa, dice l’ex direttore di Avvenire: “L’Europa è la somma degli Stati membri, e quando ci sono Stati membri che si mettono di traverso la Ue diventa incapace di agire e di incidere. Non mi impicco alle parole, ma fin dall’inizio parlo di culmine di un processo di pulizia etnica contro i palestinesi. E’ un dato fattuale sotto i nostri occhi, un processo che va avanti da decenni e che oggi ha il suo acme sia a Gaza sia, mai dimenticarlo, in Cisgiordania. Stanno avvenendo cose terribili, in queste settimane. Ed è questo processo che va fermato il prima possibile”. Domani si capirà la direzione dell’Europarlamento, più avanti arriveranno (forse) le mozioni. “La Ue è bloccata per la debolezza con cui traduce i propri valori in prese di posizione e azioni concrete negli scenari di crisi, ma purtroppo è un dato strutturale: la diversità di linea dei suoi governi si proietta sulla Commissione e condiziona von der Leyen, sempre forte con i deboli – come i richiedenti asilo e i cittadini in difficoltà economica – e debole con i forti, come Trump e i capi di stato dei Paesi chiave della Ue. Mi ostino a sperare in un sussulto di umanità, di chiarezza e di responsabile europeismo. E spero di contribuirvi”. 

 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.