
Il caso
Mozioni e munizioni: la destra non presenta documenti, il campo largo si divide in quattro
Mercoledì alla Camera i testi delle opposizioni per parlare di riarmo e spesa militare: la corsa di M5s, Avs, Iv e Azione a dividersi con il Pd al centro. Così il centrodestra rinuncia a qualsiasi mossa
Mozioni, no grazie. Per evitare patemi d’animo e strani sbandamenti il centrodestra ha deciso che domani alla Camera andrà in bianco. Sull’aumento delle spese militari annunciato dal governo, le forze che sostengono Giorgia Meloni hanno deciso che non presenteranno alcun documento. Onde evitare così possibili cortocircuiti (molto teorici) della Lega, che sull’argomento ha idee diverse rispetto a Fratelli d’Italia e Forza Italia. Idee, va detto, mai seguite dai fatti. Ma questo poco importa, perché la linea della maggioranza è: lasciare che il campo largo diventi un campo di battaglia per far emergere così tutte le divisioni, o meglio le diverse sensibilità sull’argomento. La palla avvelenata dunque resta tutta da quest’altra parte: quella di Schlein, Conte, Fratoianni, Bonelli, Renzi e Calenda. Dopo il pasticcio sul caso Almasri in Giunta per le autorizzazioni, la destra va sul sicuro con la sinistra: la farà dividere sulla guerra.
A parti inverse su questi argomenti si troverà a recitare un ruolo complicato il Pd. Le mozioni, quattro in tutto, parlano di “iniziative volte a contrastare l’aumento delle spese militari a favore di politiche in campo sociale e ad aderire al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari”.
Fino a ieri risultavano depositati a Montecitorio i testi di Avs, M5s, Iv e Azione. Nella mozione della capogruppo Avs Luana Zanella, sottoscritta anche dai leader Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, si impegna tra le altre cose il governo “a recedere dall’accordo sottoscritto dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni all’Aia, gli scorsi 24 e 25 giugno”. Quello cioè che impegna i paesi aderenti all’Alleanza Atlantica ad investire il 5 per cento del Prodotto interno lordo per spese relative alla difesa e alla sicurezza entro il 2035. Come voterà il Pd?
Sullo stesso tono la mozione del M5s, a prima firma del capogruppo Riccardo Ricciardi. Negli impegni del documento si parla di “scongiurare qualsiasi ipotesi di aumento della spesa in difesa e sicurezza in riferimento al raggiungimento dei nuovi target Nato”. Quale sarà la linea anche in questo caso di Schlein costretta a coabitare con una piccola flotta di riformisti che fa capo alla Camera all’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Tra le varie cose il Movimento, “ferma restando la assoluta contrarietà alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina”, chiede di “non procedere con la classificazione di tale opera tra le infrastrutture ad uso militare”. Discorso opposto se si va a destra della “coalizione” che si oppone a Meloni. A nome di Carlo Calenda e di Azione il capogruppo Matteo Richetti con la sua mozione va nel senso contrario. Perché? Chiede al governo di “prevedere una tabella di marcia realistica per l’incremento della spesa per la difesa con l’obiettivo di raggiungere il 2 per cento del Pil già dal 2025 e il 3,5 per cento entro il 2035”. Praticamente l’opposto di Avs e M5s. E anche qui solita domanda: cosa farà il Pd? La maggioranza intanto potrebbe dirsi favorevole, così come potrebbe dire sì alla richiesta di contribuire “alla costruzione di un sistema difensivo europeo resiliente e autonomo, particolarmente solido di fronte a minacce crescenti e in un contesto che vede gli Usa sempre meno presenti”. La mozione di Iv, a prima firma della capogruppo Maria Elena Boschi, va nella direzione di quella calendiana, ma difficilmente troverà una sponda a destra e sicuramente nemmeno tra le altre forze di opposizione. Ferme davanti alle diverse trincee del campo largo su riarmo e affini.