Screenshot da Instagram Pd Puglia

Il racconto

Decaro e pernacchio, sceneggiata, pianti, lacrime, alla fine si candida. E forse pure Emiliano

Carmelo Caruso

Resiste, cede, torna a mettere il veto su Vendola, poi si presenta a Bisceglie, abbraccia Elly Schlein, chiede scusa. Una sceneggiata. Ed Emliano fa sapere: "Se corre Vendola, corro anche io"

Roma. Si candida. A furia di chiedere teste, ha perso la sua. Ha fatto saltare la sinistra e le leggi della ragione. Passa da Antonio Decaro a Salomè, da genio delle preferenze a danzatore da baracca. Dice ancora ‘no’ a Vendola e ora è Michele Emiliano a far sapere: “Se c’è Vendola, corro anche io”.  Quattro giorni di dramma con le rape,  di veti su  Vendola, il candidato di Avs, quattro giorni di trattative recitando la parte del Decaro “me ne vado, trattenetemi”. Ha preso alla lettera Carmelo Bene che suggeriva: “Bisogna uscire di pagina, uscire di sé, uscir di senno”.  Si è ravveduto, si è commosso, su richiesta di Giuseppe Conte, il suo Freud, che gli ha intimato: “Ora però fai il bene della Puglia”. Per un attimo ci ha ripensato.  Niente. Corre.  Uno così manderebbe al macero tutta l’editoria italiana. 


Prima di mettere il veto su Vendola, raccontano che gli avesse detto: “Sono felice che ti candidi”. Gli serve un panno freddo. Ha scambiato il suo mezzo milione di preferenze per una cinepresa e la sua candidatura in Puglia per il copione del film “Un Decaro nel pallone”. Per un’altra giornata recita la parte del Lino Banfi di Bari Vecchia. Sequestra con la suspense i quotidiani fino a chiusura, promette agli alleati: “Va bene, ora facciamo la nota. Usciamo e diciamo sì”, ma poi fa ripetere a mezzo mondo: “Non ci risulta, che Antonio sarà candidato”. Alle Europee ha ottenuto mezzo milione di preferenze, ma da domani, alla prima parola che pronuncia, tutti si chiederanno in quale fase lunare è entrato. Una segretaria che deve salire sul palco della festa dell’Unità, di Bisceglie, prende l’aereo da Roma senza sapere le vere intenzioni di Decaro. Un emissario, Igor Taruffi, Taruffenko, che rassicura Schlein e Boccia: “Si è convinto”, ma dopo pochi minuti deve precisare ai due: “Almeno, a me, ha detto questo. Se cambia idea, credetemi, io non lo so più”. Lo chiama Stefano Bonaccini che gli spiega che è ormai andato troppo avanti, troppo, e che fermarsi ora, su Vendola, un uomo che ha sofferto, un poeta che in tutta Italia viene abbracciato, rischia di ritorcersi contro. Non ne vuole sapere. Lo chiama Conte che non tiene più i suoi che in Puglia rischiano di essere sorpassati da Avs, anche grazie a questa strepitosa campagna elettorale di veti. Niente. Si arriva al pomeriggio e Decaro chiede ad Angelo Bonelli e a Nicola Fratoianni l’inverosimile: fare candidare Vendola, ma fare dire a Vendola, con una nota, che si dimetterà. E’ un altro suo lodo. Si arriva alle 18 e si comincia a scrivere, tutti, Foglio, Corriere, Repubblica, che Decaro è a un passo dalla candidatura. Lui si infuria perché si attendeva prima la nota di Avs. Pensa mi hanno fregato. I decariani fanno partire la risposta. Falso. A Bisceglie, che è la città dell’ex manicomio della Divina Provvidenza, si comincia a ragionare sulla necessità di riaprirlo. I riformisti gli spiegano che “se doveva dire no, doveva farlo due mesi fa”. Di fatto, Decaro cosa ha ottenuto? Grazie al suo veto, Nichi Vendola è più amato di prima, un san Giovanni Battista, un evangelista. Il cacicco Michele Emiliano, che si è fatto da parte, sembra ora un filantropo, si è rifatto mezza sua immagine. Sapete ora chi tifa Decaro? Gli ex dalemiani di Puglia, come Lea Durante, dell’Istituto Gramsci, che lo paragona adesso a San Nicola. Sono lo 20,44 e un’intera Bisceglie, l’Italia, le redazione si interrogano: “Sale sul palco o no?”. Negli stessi minuti arrivano le fonti di Emiliano che annunciano: “Se c’è Vendola corro anche io”. Alle 20,47 arrivano in piazza, Decaro e Schlein che si abbracciano. Una commedia. A chiusura di questo giornale. Si può ribattere la cronaca, ma non la farsa.     Si candida. Eduardo De Filippo, Don Ersilio, ne “L’oro di Napoli” spiegava che c’è pernacchio e pernacchio. Decaro ha preso mezzo milione di voti ma ora corre il rischio di fare la figura del “duca Alfonso Maria di Sant’Agata dei Fornari”. E partiva il pernacchio. 

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio