(foto EPA)

Cortocircuiti

Di flottiglia e di governo: il Pd si divide su Ursula e i Propal

Pietro Guastamacchia

Da un lato deve decidere se continuare a sostenere da presidente della Commissione europea. Dall'altro fa sponda con i movimenti filopalestinesi che si oppongono alla leader Ue

Bruxelles. Pd in spaccata tra la Flotilla e la maggioranza Ursula. Davanti alla nuova mozione di sfiducia a von der Leyen, presentata dalla sinistra europea e incentrata principalmente sulle critiche alla posizione della Commissione su Gaza e sull’accordo commerciale con Trump, l’eurodelegazione Pd è alla ricerca di un difficile equilibrismo, ‘di flotta e di governo’, tra impegni di maggioranza a Bruxelles e il richiamo della piazza.
Il rapporto tra i dem e von der Leyen, d’altronde, è sempre più complesso. Il responsabile esteri del Nazareno, Beppe Provenzano, l’ha definito parlando con i suoi come “una relazione irrimediabilmente logorata”. E tra una forte componente degli eurodeputati Pd da mesi cresce il desiderio che l’autunno in arrivo sia quello del divorzio definitivo dall’attuale Commissione europea.

L’arrivo di una nuova mozione di sfiducia a Strasburgo, infatti, sta creando qualche grattacapo nella delegazione dem a Bruxelles. Se quella presentata a luglio dall’AfD era indigesta a tutto il gruppo socialista, che non intendeva mischiarsi con l’estrema destra, ora rifiutarsi di firmare una sfiducia promossa direttamente dal gruppo The Left – e quindi anche dagli eurodeputati italiani di Avs e del Movimento 5 Stelle – e incentrata su due temi sostanzialmente affini alle posizioni del Nazareno, per alcuni dem diventa molto complesso.

 

A sinistra lo sanno bene e dai corridoi del gruppo della sinistra Ue provocano: “Il testo della mozione potrebbe averlo tranquillamente scritto Elly Schlein in persona, ora ci spieghino perché non la firmano”, punzecchiano dalla dirigenza del gruppo. Parole con un obiettivo preciso: il futuro della mozione, infatti, è appeso a un pugno di firme. Ne servono 72 per arrivare in aula e The Left conta 46 eurodeputati. Il testo parla chiaro: la sinistra vuole la testa di von der Leyen principalmente per due motivi: “Poiché ha accettato, senza mandato, un accordo Ue-Usa che è pregiudizievole per gli interessi europei” e “poiché l’Ue non è riuscita a sospendere l’accordo Ue-Israele né a imporre sanzioni, a differenza delle misure adottate contro la Russia”.

Sui dazi, a tracciare una sottile rotta che naviga tra opposizione e responsabilità ci pensa il capodelegazione dem Nicola Zingaretti, che da un lato attacca: “faremo di tutto per cambiare quell’accordo. Siamo contrari nel merito: è un accordo ingiusto che colpisce il lavoro e le industrie”, ma sulla sfiducia si sfila, dando un segnale di voler proseguire il lavoro all’interno della maggioranza: “Noi combattiamo affinché von der Leyen cambi linea e atteggiamento”.

Su Gaza, l’affare è più complesso e le emozioni assai più forti. La sfiducia è infatti un attacco frontale a von der Leyen e indica con chiarezza, tra le sue ragioni, il fallimento della sua Commissione nel far fronte all’emergenza umanitaria in corso. Opinione peraltro condivisa e ripetuta più volte dal Nazareno e ribadita in diversi comunicati da una nutrita fetta della delegazione dem. Una posizione condivisa anche dal comitato organizzatore stesso della Global Sumud Flotilla, in cui i dem, grazie alla presenza di Annalisa Corrado, figurano tra i partecipanti. L’Eurodeputata Pd porta però con sé le contraddizioni del suo partito, è infatti probabilmente l’unico membro dell’eterogenea spedizione – da lei stessa definita “l’arca di Noè del nostro tempo”– ad aver per ben due volte, l’ultima solo otto settimane fa, confermato in aula il suo sostegno alla Commissione accusata dagli attivisti di complicità con Israele.

Fiducia che i dem, e tutta l’Aula di Strasburgo, potrebbero essere richiamati a riconfermare già ai primi di ottobre, se la mozione della sinistra dovesse trovare le firme necessarie. Voto in cui, a meno di una clamorosa presa di distanza dal gruppo socialista, il Pd con tutta probabilità tornerà a certificare il sostegno a una Commissione di cui però la dirigenza dem ormai non fa segreto di non sentirsi più parte.

Di più su questi argomenti: