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l'analisi

Schillaci si gioca il suo futuro politico riorganizzando il ministero

Giovanni Rodriquez

La riorganizzazione del ministero della Salute non sarà solo un'operazione burocratica. Potrebbe generare importanti malumori tra le varie anime della coalizione di governo, soprattutto perchè il dipartimento rappresenta da sempre un nodo strategico nella gestione delle politiche pubbliche

Si riapre la partita della governance interna al ministero della Salute. Dopo il caso Nitag e l’annullamento delle nomine del nuovo comitato vaccini, il ministro Orazio Schillaci è ora di fronte a un bivio che potrebbe ridisegnare i delicati equilibri del dicastero. Il pretesto formale arriva da una lettera inviata nei giorni scorsi dal capo di gabinetto Marco Mattei ai vertici amministrativi, in cui si sollecita una revisione del Regolamento di organizzazione approvato meno di un anno fa con il dpcm 30 ottobre 2023, n. 196. Nella comunicazione, Mattei – figura centrale e considerata molto vicina al ministro – segnala alcune “criticità e difficoltà applicative” emerse nella fase di attuazione del nuovo assetto, in particolare per quanto riguarda la distribuzione delle competenze tra gli uffici del ministero. Ai dipartimenti viene chiesto di presentare eventuali proposte modificative entro il 5 settembre, anche tenendo conto delle osservazioni dei direttori generali. Ma l’iniziativa, letta in controluce, ha un peso politico che va ben oltre le ragioni tecniche addotte nel documento.

La sensazione diffusa negli ambienti del dicastero è che si sia aperta una finestra per una riorganizzazione che, pur mascherata da esigenza amministrativa, rappresenta in realtà il tentativo di riequilibrare i rapporti di forza interni, dopo settimane di tensioni, critiche e pressioni politiche. Le tensioni, mai sopite, si sono riaccese con forza in seguito al caso Nitag, culminato con l’annullamento delle nomine già ufficializzate dal ministero per la composizione del nuovo comitato tecnico sulle vaccinazioni. Un passo indietro che ha rappresentato un punto di debolezza per Schillaci, aprendo il fianco alle critiche di alcuni settori della maggioranza, e alimentando dubbi sulla sua capacità di gestire pienamente il dicastero.

Da qui la necessità – o l’opportunità – di una mossa forte, che possa segnare una svolta e al tempo stesso rafforzare la leadership interna del ministro. Il dubbio, tuttavia, rimane: siamo di fronte a una volontà di azzeramento totale degli attuali dipartimenti, oppure si andrà verso un’operazione più chirurgica e selettiva, con l’obiettivo di ridimensionare il potere delle componenti meno allineate al vertice politico e consolidare le posizioni di quelle più favorevoli? La seconda sembra essere l’ipotesi al momento più probabile. Nel mirino potrebbero finire alcune strutture e dirigenti espressione di equilibri passati o riconducibili a sensibilità politiche distanti da quelle attuali. Al contrario, sembrano destinate a rafforzarsi figure già ritenute vicine al ministro o alla sua area di riferimento all’interno della maggioranza. 

Il contesto resta delicato. Non sono mancate, infatti, pressioni sotterranee per un passo indietro del ministro dopo il caso Nitag, con settori della maggioranza che hanno apertamente messo in discussione la sua permanenza alla guida del dicastero. La riorganizzazione potrebbe quindi generare ulteriori strascichi e polemiche, alimentando malumori tra le varie anime della coalizione di governo. Anche perché il ministero della Salute rappresenta, da sempre, un nodo strategico nella gestione delle politiche pubbliche, non solo per il peso economico ma anche per il valore simbolico e politico. Controllarne l’organizzazione interna significa influenzare indirettamente anche le scelte sanitarie, le relazioni con le regioni, le interlocuzioni con il mondo scientifico e farmaceutico, nonché con le istituzioni internazionali.

Con la scadenza del 5 settembre alle porte, la palla passa ora ai dipartimenti, chiamati a presentare proposte ma anche, implicitamente, a schierarsi. Il rischio è che una riforma pensata per rafforzare l’efficienza amministrativa si trasformi nell’ennesimo terreno di scontro politico interno, con tensioni che potrebbero riverberarsi anche fuori dal ministero, fino a coinvolgere Palazzo Chigi. In ogni caso, la fase che si apre segnerà un punto di svolta: o il ministro riuscirà a consolidare la propria posizione attraverso una nuova architettura interna costruita su alleanze forti e fedeltà consolidate, oppure le crepe aperte dal caso Nitag rischiano di allargarsi, indebolendo ulteriormente la sua leadership. La riorganizzazione del ministero, in questo senso, non sarà soltanto un’operazione burocratica, ma il banco di prova definitivo per il futuro politico e istituzionale di Orazio Schillaci.

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