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L'editoriale dell'elefantino

Lo stile Meloni esiste. Tra Thatcher e Berlusconi, con un tocco di Carrère

Giuliano Ferrara

Equilibrio. Pragmatismo. Rifiuto della rissa. Buon dosaggio di ideologia e cultura. Al Meeting di Rimini un esercizio egemonico che non sembrava fosse possibile

Esiste uno stile Meloni? Direi di sì. Ha smesso di dire: “Atteso che”. Gran progresso, dalla sottoprefettura o tenenza o guardiania a Palazzo Chigi. Ma dice troppo spesso “banalmente” al posto di “semplicemente”, e sarebbe semplice risparmiarselo. Sono osservazioni un po’ cretine, ma pur sempre osservazioni. Per il resto, piuttosto brava. Si è scelta uno o una speechwriter di rango. Come aveva fatto Berlusconi con un giornalista italiano o una giornalista italiana che gli scrisse tutto per tanti anni, dai discorsi parlamentari ai comizi in piazza alle interviste agli articoli alle lettere d’amore, ma quello o quella era un gran ruffiano/a per il bene della causa e della patria. I successi degli statisti non dipendono dalle parole accucchiate dagli o dalle speechwriter, che servono alla maschera, non del tutto irrilevante epperò secondaria. Dipendono dai fatti. Dagli imbrogli, almeno da quelli riusciti. Dalle verità di fede (nel caso del Cav. pochine pochine). Dall’abilità di movimento, e Lui ne fu supremo esecutore. Lo stile Meloni comunque c’è. Equilibrio. Pragmatismo. Rifiuto della rissa. Buon dosaggio di ideologia e cultura, un esercizio egemonico che non avrei mai pensato fosse possibile. Ma io sottovaluto le donne con l’eccezione di mia moglie, si sa, e invece sono le più capaci. Lo dissi alla Thatcher o a Thatcher, nell’amata casa di Gaetano Rebecchini, e lei, che ancora ci stava con la testa eccome, annuì con un sorriso perfido. 

Mistero. Un tipo intelligente e colto come me (non faccio per dire) le dava una lira bucata, invece una volta montata in sella ha saputo andare al passo, al trotto, al galoppo e pure l’ambio lo sa praticare con eleganza. Io non parlo di quello che ha detto, sono un subordinato disciplinato, ma di come l’ha detto. Sembrava il presidente del Consiglio, asessuata il giusto, con quella faccia per niente da pokerista che ha incantato Emmanuel Carrère, una gesticolazione misurata, un po’ di sussidiarietà e cristianesimo comme il faut al Meeting, attenzione alla “nazione”, che ogni tanto ormai potrebbe diventare il “paese”, ma fa niente, i vezzi sono vezzi, e al “popolo”, che ogni tanto potrebbe diventare all’anglosassone “the public”, ma i vezzi sono vezzi. Boris Johnson, un idolo oratorio prodotto dalla scuola di Eton, si è fatto presto incartare e dalla Brexit si è passati alla birra in un batter d’occhio, Meloni sembra assai più sorvegliata, non sarà un idolo, non reciterà l’Iliade a memoria, ma uno stile mostra di averlo. Se solo la smettesse di occhieggiare ai No vax e ai Maga, con i quali condivide quasi nulla, stilisticamente sarebbe quasi perfetta. Molti non la sopportano. A me sembra la donna giusta al posto giusto. Per carità, anche Schlein farebbe la sua figura, ma quella storia dell’Europa come comunità hippy è stata dura da digerire, e domare Conte De Luca e Fico non è roba di tutti i giorni. I suoi Meloni li ha messi sotto, ripetono a filastrocca al Tg1 che tutto il buono viene dal governo Meloni, e lei si permette l’understatement, dice che non tutti i problemi sono risolti, che non ha l’arroganza di credersi indispensabile e altre bellurie da donna di mondo che sa come si parla alla platea. Egemonia senza dirlo. Soffocare Salvini ignorandone le sparate e valorizzando il piano casa di là da venire per le giovani coppie. Amabile con Tajani, che è sempre alla ricerca della giusta proporzione in guerra, vaste programme. Stilosa. Non la voto ma mi adeguo.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.