Il caso

Casa, scuola e famiglia: così Meloni conquista (senza fatica) il popolo di Cl

Simone Canettieri

Il debutto da premier al Meeting tra applausi, stoccate ai pm e identità politica. Dal palco evitati tutti gli elementi divisivi sulla manovra e sui vaccini. Squillo su Gaza: "Sproporzione da Israele"

Tante opere e qualche omissione. Giorgia Meloni conquista il popolo di Comunione e liberazione al Meeting di Rimini con un discorso di 50 minuti, punteggiato da applausi e da una standing ovation iniziale che la fa addirittura commuovere. Non era scontato. La premier evita gli argomenti che dividono la sua maggioranza in vista della manovra, come le banche e le pensioni. Per non parlare dei vaccini. Così come preferisce non dare troppa enfasi all’incontro alla Casa Bianca con Trump, Zelensky e i leader europei, ma parlare di ciò che l’Italia ha fatto per Kyiv. Con Matteo Salvini non si incrociano fra gli stand: lei va via cinque minuti prima che arrivi il capo della Lega per fare visita alla comunità di San Patrignano dove si fermerà anche a pranzo. Discorso programmatico, con citazione di Draghi sul rischio di irrilevanza dell’Ue. Il ritorno sulla scena pubblica dopo qualche giorno di ferie non riserva sorprese: a Rimini è tutto chirurgico. Discorso, applausi, e tanti saluti senza spazio per le domande. Sulla politica estera squillino le parole di Meloni su Gaza: “Da nazione amica di Israele e del popolo ebraico chiediamo a tutte le forze politiche di fare ogni pressione possibile su Hamas affinché rilasci gli ostaggi ancora trattenuti e chiediamo a Israele di cessare gli attacchi, di fermare l’occupazione militare a Gaza, di porre fine all’espansione degli insediamenti dei coloni in Cisgiordania, di consentire il pieno accesso degli aiuti umanitari nella Striscia, di partire dalle proposte dei paesi arabi per garantire un quadro di stabilità e sicurezza”. La premier condanna anche l’uccisione dei giornalisti dei giorni scorsi. Sul medio oriente il suo discorso pubblico, intervento dopo intervento, è cambiato. Per la prima volta infatti non ha problemi a sottolineare che “non possiamo tacere ora di fronte a una reazione che è andata oltre il principio di proporzionalità, mietendo troppe vittime innocenti, arrivando a coinvolgere anche le comunità cristiane, che sono da sempre un fattore di equilibrio nella regione, e che ora sta mettendo a repentaglio in modo definitivo la prospettiva storica della soluzione dei due popoli due stati”. Sulla politica interna in vista della manovra fa notizia l’annuncio di un Piano casa, figlio di un’attenzione verso il ceto medio. Ecco scodellato, senza entrare nel merito, “un grande Piano casa a prezzi calmierati per le giovani coppie”, a cui la capa del governo sta lavorando insieme al ministro delle Infrastrutture e alleato di governo Salvini, anche lui ospite del Meeting, sentito telefonicamente dalla premier dopo il “mancato” incontro tra gli stand della Fiera. Tra Meloni e chi l’ascolta c’è quella che una volta si sarebbe chiamata connessione emotiva. Quando parla di maternità surrogata, di migranti, di scuole paritarie. Casa, famiglia e lavoro. Con citazione del nume tutelare di questa festa-fiera: don Giussani.  
Meloni dice infatti che “un uomo disoccupato soffre un attentato grave alla coscienza di se stesso, perché un uomo conosce se stesso solo in azione, durante l’azione e mentre è in azione”. E’ un messaggio verso chi alle regionali, nel centrosinistra, propone di introdurre di nuovo il Reddito di cittadinanza. Una manciata di pepe a questa giornata arriva quando la premier parla della riforma della giustizia, pietanza in cottura alle Camere. Sulla quale il governo intende andare avanti “nonostante le invasioni di campo di una minoranza di giudici politicizzati che provano a sostituirsi al Parlamento e alla volontà popolare”. Un altro pizzicotto nei confronti delle toghe arriva sull’immigrazione. Perché Meloni avverte che “ogni tentativo che verrà fatto di impedirci di governare questo fenomeno con serietà e determinazione sarà rispedito al mittente”. In quanto, dice, “non c’è giudice, politico o burocrate che possa impedirci di far rispettare la legge dello stato italiano”. Raccontano in serata i colonnelli di Fratelli d’Italia. “Non c’è mai stato bisogno di chiamare l’applauso, è stato tutto molto naturale”. Come a sottolineare che il debutto della premier nel catino del mitico e mitizzato popolo di Cl alla fine è scivolato più naturale del previsto. Nel nome dell’identità e del primato della politica per la leader, nel segno dei valori per il Meeting. Molto apprezzato dal pubblico, e contestato dalle opposizioni, il passaggio sulle scuole paritarie: “Sull’educazione non dobbiamo avere timore a trovare gli strumenti che assicurino alle famiglie di esercitare pienamente la libertà educativa, l’Italia è rimasta l’ultima nazione in Europa senza un’effettiva parità scolastica e credo sia giusto ragionare sgombrando il campo da pregiudizi ideologici”, dice, aprendo un altro fronte, ammesso che vada fino in fondo. Ma tutto fa massa critica in una tarda mattinata tra Eliot, il cardinale Sarah, l’immancabile Atreju, il giovane Frassati e ovviamente don Giussani.

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.