Quell'isola felice chiamata Italia

Claudio Cerasa

Lo Spectator descrive un paese sorprendente: ordinato e fiducioso. I giornali internazionali si accorgono di un fenomeno sociale, economico e politico. C’entra Meloni, ma non solo. I dati che lo spiegano

Politica estera, economia, conti, entrate, stabilità, prezzi, pace sociale: che sta succedendo in Italia? Lo Spectator è un famoso magazine inglese, di rito conservatore, e qualche giorno fa ha dedicato un lungo e ambizioso articolo a un tema interessante che riguarda un tratto del nostro paese spesso trascurato dai professionisti della lagna, dai campioni della gnagnera e dagli aedi del pessimismo universale. Lo Spectator lo dice in modo sfrontato, con un reportage del suo storico corrispondente a Roma, e sostiene che dinnanzi agli occhi di un non italiano è evidente quello che molti italiani oggi si rifiutano di riconoscere: la presenza di un imprevedibile rinascimento italiano. Lo Spectator, con Owen Matthews, descrive un’Italia sorprendentemente ordinata e fiduciosa sotto Giorgia Meloni, con città ripulite, infrastrutture in crescita, criminalità contenuta, servizi pubblici sempre più efficienti e con un governo che al netto di debolezze strutturali è solido e popolare guidato da una premier che da possibile “Orbán italiana” è diventata un esempio europeo di stabilità pragmatica e conservatrice. Lo Spectator non è il primo giornale ad aver offerto attenzione negli ultimi tempi al caso italiano.

  

Poche settimane fa il Time ha dedicato la sua cover a Meloni, “la leader più stabile del continente, capace di combinare nazionalismo e pragmatismo europeo”. Pochi giorni fa il Financial Times ha parlato in modo lusinghiero della “stabilità politica di Roma”. Bloomberg ha scritto che, con uno spread ai minimi di 15 anni, “i trader ora scommettono sull’èra di stabilità politica sotto Meloni”. Reuters ha scritto che “l’Italia non è più l’anello debole dell’Eurozona”. L’Associated Press ha detto che “l’Italia oggi è un’eccezione tra i grandi paesi Ue ed è il più stabile tra i paesi del G7”. Le Point ha scritto che “mentre Parigi brucia di instabilità, Roma incarna la stabilità politica che la Francia non ha”. Il Telegraph ha notato che “tra sandard di vita invidiabili e un governo stabile, l’Italia di Meloni sorprende il Regno Unito”. E ancora pochi giorni fa Wall Street Journal ha scritto che “in un’Europa divisa, l’Italia offre oggi l’immagine rara di una leadership stabile e credibile”. Da ultimo anche il Monde ha punzecchiato Macron affermando che l’Italia di Meloni sta facendo meglio sul debito che la Francia.

   
Il caso italiano esiste, non sappiamo se chiamarlo Rinascimento sia eccessivo, forse lo è, ma la trasformazione dell’Italia in una imprevedibile isola felice – un’isola felice che anche in politica estera riesce a muoversi in modo costruttivo, geometrico, provando a tenere insieme i fili dell’europeismo, del non anti trumpismo e della difesa dell’Ucraina – è un elemento oggettivo, che probabilmente, durante i mesi estivi, sarà risultato evidente a tutti coloro che avendo avuto la possibilità di trascorrere vacanze fuori dal nostro paese si saranno accorti quest’anno più che mai che in un mondo dominato dal disordine l’ordine italiano è una novità. Che fa notizia ovunque tranne che in Italia.

 

L’ordine italiano, se così possiamo definirlo, non riguarda solo la sua stabilità politica ma riguarda prima di tutto una sostanziale pace sociale favorita anche da un quadro politico all’interno del quale gli estremismi più acuti sono divenuti un ricordo del passato, anche in virtù del fatto che l’estremismo puro, in politica, l’Italia lo ha sperimentato, lo ha visto collassare e lo ha visto poi rinnegare, dopo l’anno inglorioso del governo gialloverde, dagli stessi azionisti di quel governo, che una volta tornati all’esecutivo dopo quella parentesi infausta non hanno fatto altro che provare a far cancellare le tracce di quella stagione, sposando la famosa dottrina del “io non c’ero e se c’ero dormivo”. La pace sociale, che è una caratteristica di cui l’Italia trae beneficio da anni anche grazie alla logica del compromesso con cui hanno dovuto fare i conti anche i partiti più intransigenti del paese, non è però l’unico elemento che insieme alla stabilità politica caratterizza la nostra isola felice.

 

Gli elementi importanti forse sono prima di tutto altri e sono elementi che riguardano alcune caratteristiche della nostra economia che compensano il bicchiere mezzo vuoto della crescita asfittica e della produzione industriale zoppicante. L’Italia è un caso positivo, per questioni politiche, ma è un caso positivo anche per questioni economiche. Il 2025, tanto per cominciare. è stato eccezionale per Piazza Affari: il Ftse Mib ha guadagnato quasi il 30 per cento da inizio anno, meno della Borsa spagnola (+32 per cento), ma più di quella tedesca (22 per cento) e di quella francese (7 per cento). Tra gli indici di Borsa che hanno ottenuto performance migliori vi sono le banche, i cui titoli sono cresciuti di una percentuale superiore all’11 per cento rispetto alla media Europea, e se vi è stato un impatto della politica nel risiko bancario, l’impatto tutto sommato non è stato condannato dalla Borsa.

 

Anche il mercato del lavoro, dato ormai diventato una non notizia come tutte le buone notizie, ha toccato i massimi: 62,9 per cento tasso di occupazione e disoccupazione al 6,3 per cento, minimi storici. Lo spread Btp-Bund, che secondo molti osservatori sarebbe dovuto esplodere con il governo Meloni, è sceso a circa 83 punti, ai minimi dal 2021, e due giorni fa lo spread fra i titoli di Stato decennali italiani e quelli francesi ha segnato il valore più basso dal 2005, e più lo spread scende più lo stato risparmia in interessi sui titoli di Stato. Il debito pubblico resta alto, siamo al 137,3 per cento, ma il virtuosismo sui conti pubblici ha messo l’Italia nelle condizioni di essere a un passo dall’uscita dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo (tra gennaio e giugno le entrate tributarie e contributive sono tra l’altro salite complessivamente di 33,8 miliardi di euro rispetto allo stesso periodo del 2024, pari a un incremento dell’8,4).

 

Anche l’export italiano continua a sorprendere: nei primi sei mesi 2025 il surplus commerciale è arrivato a quasi 54 miliardi, con vendite in crescita del 2,4 per cento rispetto all’anno precedente. La crescita italiana non sorprende, siamo tornati agli zero virgola, quella che sorprende è quella che di solito delude, e il fatto che il Mezzogiorno ormai guida la crescita è un’altra buona notizia che non fa notizia: occupazione +2,2 per cento nel 2024 (oltre 142 mila occupati), contro +1,5 per cento nazionale ,  con Il pil meridionale che cresce dello 0,9 per cento nel 2024 (0,7 per cento quello italiano). 

   

Una sorpresa sono anche gli investimenti diretti dall’estero che secondo EY hanno catapultato l’Italia alla posizione numero quattro in Europa per attrattività: 224 progetti di investimento diretto estero nel 2024, +5 per cento sull’anno precedente. Il corrispondente dello Spectator, nel suo reportage sentimentale dall’Italia, ha raccontato con sorpresa che nel nostro paese è ancora possibile trovare la tazzina di caffè a meno di un euro. Il dato può dire poco ma in realtà vuol dire molto e nella stagione delle polemiche diffuse sui costi eccessivi degli stabilimenti italiani la verità è un’altra: l’Italia ha l’inflazione più bassa d’Europa: +0,9 per cento a giugno, contro il 2,1 per cento francese, il 2,5 per cento tedesco e il 3,1 per cento spagnolo.

 

Anche sulla sicurezza l’impressione del corrispondente dello Spectator, che racconta di una serenità nel passeggiare la sera nelle città italiane superiore a molte esperienze analoghe in grandi città europee, è supportata dai dati: nel 2024, l’Italia ha registrato un tasso di omicidi di 0,52 per 100.000 abitanti, tra i più bassi in Europa e nel G8, inferiore a Giappone (0,73) e Svizzera (0,60) e a livello Ue nel 2023 si contavano 3.930 omicidi intenzionali (circa 0,9 per 100 mila abitanti).

   

Il rinascimento italiano è ancora lontano dall’essere concreto, e questi dati positivi dovrebbero essere letti dal governo non come una scusa per restare immobili ma come uno stimolo per non perdere ancora occasioni per rendere l’Italia più attrattiva e efficiente, e scuse per non andare in quella direzione oggi sono assenti più che mai. Ma la presenza di un’Italia modello isola felice in Europa dovrebbe essere una notizia che dovrebbe accogliere con gioia anche chi non ama questo governo. E chi non considera una buona notizia la presenza di molte notizie buone per l’Italia  non sta facendo opposizione: sta solo negando la realtà. Rinascimento no, isola felice forse sì.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.