
Il retroscena
Schillaci, Abodi e Calderone: i problemi di Meloni con i tecnici. Il rimpasto fermato dall'Ucraina
La premier infastidita con il ministro della Salute dopo il caso vaccini. Ma la voglia di guidare il governo più longevo e le crisi internazionali frenano qualsiasi tentazione della presidente del Consiglio
Quasi quasi meglio le crisi internazionali che le beghe interne, così barbose. Rientrata in Italia – nel segretissimo buen retiro barese – Giorgia Meloni ha la testa sull’Ucraina. Pensa alle parole lusinghiere di Trump, alle mosse di Macron, alle promesse fatte a Zelensky, agli sviluppi di un negoziato con Putin ancora molto complicato (“Mosca potrebbe non rispettare gli accordi”, si legge nel dossier di FdI, bussola del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, presente alla missione a Washington). Il resto non esiste, viene dopo. Infatti sta valutando l’ipotesi di rinviare a data da destinarsi il viaggio nell’Indo-Pacifico, programmato per fine mese. E però se è vero che la premier – come ha ammesso – non vuole mai parlare con la stampa italiana, è anche vero che le questioni di politica interna proprio non le vanno giù. L’annoiano. E non è solo il caso delle regionali, tavolo ancora in alto mare con Veneto, Campania e Puglia senza candidati governatori. La premier non capisce perché alcuni componenti della sua squadra – non tutti, certo – facciano del loro meglio per complicarle la vita. Il caso del ministro della Salute Orazio Schillaci brilla di luce propria. Racchiude tutte le cose che Meloni non sopporta: la scelta di azzerare la commissione sui vaccini senza un confronto con lei e con Fratelli d’Italia, il ministro che diventa idolo della sinistra, i sospetti (tutti da verificare) che Schillaci abbia passato anticipazioni ai giornali “nemici”. Che noia, che barba. Volete mettere l’adrenalina di chiudere un accordo di pace per l’Ucraina?
E invece c’è il caso Schillaci. Francesco Lollobrigida con il Foglio ne ha parlato male, avallando anche la teoria secondo la quale “non sempre il pensiero scientifico dominante è quello giusto”. Anche Matteo Salvini non ha usato parole al miele per il responsabile della Sanità. Marcello Gemmato, sottosegretario di Schillaci, è costretto a mordersi la lingua da giorni, ma passando le vacanze con la premier, e le rispettive famiglie, è probabile che si sfoghi direttamente con la presidente del Consiglio.
Va raccontata questa cosa: a volte la premier viene accarezzata dall’idea del rimpasto.
Poi però si ferma. Perché nei suoi proclami, che suonano da sempre come auspici, c’è il progetto di essere la presidente del Consiglio più longeva della storia repubblicana. Dopo aver superato la scorsa settimana Matteo Renzi, adesso ha davanti a sé gli ultimi tre ostacoli: il Craxi I (1.093 giorni), il Berlusconi IV (1.287 giorni) e il Berlusconi II (primo posto assoluto con 1.412 giorni). La stabilità come pallino, ma anche come pazienza per rifuggire dalle tentazioni.
Ecco perché le voci di sondaggi commissionati da Fratelli d’Italia sul pensiero degli elettori del centrodestra davanti a un voto anticipato vengono smentiti con forza dai big di Via della Scrofa: “E’ il contrario, faremo la campagna del 2027 dicendo proprio questo: puntiamo sulla stabilità”.
Questa faccenda di Schillaci è un piccolo apologo del ministro tecnico ai tempi di Meloni. Quando manca l’accortezza politica di calibrare i punti di caduta di certe scelte accadono pasticci che mandano Palazzo Chigi su tutte le furie. Non a caso i tecnici hanno una cintura di sicurezza e controllo negli staff composti da dirigenti e burocrati che riferiscono direttamente alla presidenza del Consiglio. Tuttavia gli incidenti capitano lo stesso. Sono accaduti con Andrea Abodi, titolare dello Sport, in grado di perdere, schierandosi con un candidato di sinistra, le elezioni per la presidenza Coni, facendo poi un frontale con il Quirinale sul decreto Sport con dichiarazioni “grossier”. E’ accaduto a Schillaci che ha caricato il caso della commissione sui vaccini con uno strappo che ha rinvigorito la sinistra e spaccato la maggioranza, vista la posizione di Fratelli d’Italia. Non si sa quanto Meloni sia soddisfatta di questi due ministri tecnici, così come è difficile misurare il gradimento di Elvira Calderone, titolare del Lavoro. Fatto sta che qualcuno ha già pensato di sostituirla con l’ex segretario della Cisl Luigi Sbarra, ora sottosegretario al Sud. Pensieri spettinati, voglie di rimpasto. Fortuna – si fa per dire – le crisi internazionali: cosa accadrebbe al governo Meloni senza di queste?