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Donazzan (FdI): “Lista Zaia?Noi meloniani saremmo i primi a perderci”

Francesco Gottardi

L’europarlamentare sollecita un programma chiaro per il Veneto, accusando il partito di adagiarsi sull’effetto Meloni. Invita a un confronto interno più vivace per non perdere terreno, avvertendo che l’assenza di proposte concrete favorirebbe l’attuale equilibrio politico regionale

Siamo arrivati al punto che perfino Giorgia Meloni sarebbe d’accordo sulla lista Zaia, almeno stando a Luca Zaia. “Bisognerebbe chiederlo a lei”, dicono i suoi pretoriani in Veneto. “Anzi: bisognerebbe chiederlo innanzitutto a noi stessi. Che senso ha una lista Zaia, se non c’è Zaia?” Dubbio amletico sottoposto da Elena Donazzan, “unico assessore di Fratelli d’Italia nella giunta monocolore leghista” prima del nuovo incarico a Bruxelles. “Va chiarito che tipo di contenitore sarebbe: una replica dell’ultimo decennio, un Carroccio bis negli interpreti e nei contenuti? Allora non va bene. Se invece, come sostiene lui, fosse portatrice di civismo allargando la base del consenso, concettualmente l’accetto. Ma sarebbe qualcosa di nuovo, senza precedenti. Espressione di un mondo che non è più dei partiti. Anzi, sapete che vi dico?” Prego. “La lista Zaia così configurata sarebbe un problema della Lega. Ma chi ci perderebbe in primis sarebbe FdI. Ancora di più se lasceremo il candidato agli alleati”.

 

E questo per Donazzan sarebbe uno smacco. “Non a caso i partiti non ne discutono, tendono a eludere il tema perché lo temono”. Lista Zaia patata bollente col faccione del Doge: vi faccio vincere, però il pallone me lo porto a casa io. “Sappiamo che conquistare le urne con ampio scarto significa un premio di maggioranza importante, in grado di garantire un governo regionale granitico. Ma tutti sanno che Lega e FdI uscirebbero ridimensionati per effetto di uno dei governatori più amati di sempre: la lista è dunque un valore per Zaia, per la coalizione. Non per i partiti, né per il voto politico. Come si affronterà il dilemma? E chi lo sa”. L’europarlamentare lo dice quasi con dispiacere: “Sono stata in giunta dal 2005 eppure certe cose le apprendo soltanto a mezzo stampa. Attenzione però: non è la lista Zaia il vero problema di questa campagna elettorale. E nemmeno i totonomi.” Cioè? “Siamo ad agosto inoltrato e sul programma da presentare non ho visto nulla. È preoccupante”.

   

Donazzan fa da grillo parlante tra i meloniani. “Rischiamo di incappare in un mito incapacitante, di sprecare un’occasione storica che guardiamo da spettatori confidando nella solita Giorgia. Straordinaria, lei. Ma il 32 per cento delle politiche è tutto merito suo: ce lo scordiamo, se non sappiamo cosa dire ai veneti dopo l’epoca Zaia che si conclude. Abbiamo avuto cinque anni per prepararci. Dovevamo fare di più”. Anche perché l’elettorato veneto “pretende molto, non vota per ideologia o partito preso. Non possiamo sperare di vincere per inerzia o effetto Giorgia: siamo la forza principale al governo e dobbiamo prenderci la responsabilità di una proposta seria e articolata. Noi più degli altri”. Perché finora non è successo? “Ci si tende ad accomodare sotto il rassicurante ombrello di Meloni. E si ha paura di disturbare: la vivacità di un partito si vede dal dibattito interno. A livello nazionale FdI lo fa bene, in Veneto no. Così, a furia di tergiversare, finiremo per lasciare di nuovo la regione alla Lega: ormai è lo scenario più probabile. E un paradosso, visti i numeri da cui partiamo”. In effetti, il monito di Donazzan è fuori dal coro degli altri amministratori meloniani. Più sereni, pompieri verso lo status quo che si profila. Secondo Raffaele Speranzon, senatore di raccordo fra Roma e il Veneto, “la priorità dev’essere mantenere il centrodestra unito, garantendo quella continuità di governo che in regione dura da più di trent’anni”. A qualunque costo. “Sulla lista Zaia deciderà il futuro candidato presidente. Se dovesse essere leghista e la volesse a suo supporto? Va bene. Il nostro approccio è lontano dal mettere veti”. È tutto un “vedremo, è prematuro dire che tocchi alla Lega, non c’è ancora una data definita: massimo un mese e sapremo tutto”. Si aspetta, si rinvia il giudizio. Fino a quando, un giorno non così remoto, il primo partito del Veneto s’accontenterà delle briciole. E a banchettare sempre l’inossidabile Zaia. “Come governatore lo ameremo in eterno”, dice Donazzan. “Lo voterei subito nuovo sindaco di Venezia”, ribadisce Speranzon. Visto? I miracoli del Doge.

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