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Il colloquio

La mia Lega deve ritrovare la sua casa, e restare in Europa. Parla Guido Guidesi

Daniele Bonecchi

Il problema non è il ruolo dei Vannacci, ma i nostri elementi valoriali e l’economia del nord, dice l'assessore allo Sviluppo economico della Lombardia

Tregua armata nel centrodestra in vista di un autunno bellicoso, per via delle elezioni amministrative in alcune regioni chiave. Ma anche la piazza di Milano è sotto osservazione: dopo l’inchiesta della procura sull’urbanistica i due fronti sono in trincea, e a destra la caccia a un candidato spendibile è già iniziata, non benissimo. La Lega è in forte sofferenza perché una delle sue roccaforti, il Veneto, dovrà fare a meno di Luca Zaia; ma anche in Lombardia, dove il partito del plenipotenziario Ignazio La Russa scalpita, il Carroccio è sulla difensiva. Guido Guidesi, assessore leghista allo Sviluppo economico della giunta Fontana, ha accettato di parlare col Foglio dello stato delle cose. Che aria tira nella base leghista, mobilitata per le tradizionali feste estive? E cosa ne pensano i militanti di una Lega guidata da un generale, Vannacci, con forti pulsioni autoritarie e da una convinta sovranista come Silvia Sardone, oggi al Parlamento europeo ed ex del partito fondato dall’europeista Silvio Berlusconi, nota soprattutto per le sue sparate anti migranti in  puro Salvini style? “Diciamo che a organizzare il partito ci pensano i segretari regionali e il segretario federale, lo dice lo statuto”, risponde Guidesi.

“Io ho partecipato ad alcune feste della Lega in Lombardia, anche a Pontida, e mi sono sempre sentito a casa; ma l’ho detto chiaramente: quella casa noi dobbiamo ritrovarla. L’abbiamo persa per tanti motivi, forse ci siamo un po’ seduti sui risultati elettorali, clamorosamente positivi, portati anche da Matteo”. Per rispondere sulle new entry che stanno occupando posizioni chiave: “Credo che chi viene con la Lega sia un supporto importante ma deve sposare i nostri ideali. Che devono essere riproposti in modo più capillare di come abbiamo fatto negli ultimi anni, perché i temi del federalismo, dell’autonomia, della gestione del territorio, sono elementi valoriali, anche ideologici, che segnano la natura della Lega. La Lega c’è per questi motivi. Ci siamo un po’ persi via dimenticandoci di raccontare questi valori alle nuove generazioni, occorre far capire che nell’autonomia c’è il riscontro migliore della vicinanza territoriale. Dobbiamo riprendere questi valori e lo dico da federalista convinto”. Due vicesegretari come Vannacci e Sardone però un significato politico ce l’hanno, e fanno rima con sovranismo e populismo. Tutto digerito?

“Io mi occupo di Lombardia e del mio ruolo in Regione, cerco di affermare anche una certa sindacalizzazione territoriale, nella difesa delle imprese lombarde, nel tentativo di metterle nelle migliori condizioni per garantire loro una crescita economica. Continuo a pensare che quell’Europa, insegnata a scuola, si faccia attraverso i territori e le regioni e non attraverso gli stati. Sui vicesegretari il problema non è chi fa cosa, ma cosa vogliamo rappresentare. Personalmente vorrei rappresentare quegli ideali di cui abbiamo appena parlato, a partire dal federalismo. Credo che questo sia un obiettivo comune perché la Lega vive di obiettivi politici che stanno nel consegnare competenze, risorse e decisioni al territorio, affinché queste siano più vicine alle persone. Chi entra nella Lega è importante che sposi queste scelte”. Sembra che nella scelta dei candidati per le regionali il centrodestra non badi troppo ai territori. Lo scenario (in parte immaginario ma in parte realistico) che si prospetta, con un Veneto senza Zaia e una Lombardia che potrebbe andare al voto anticipato per favorire una candidatura di Fratelli d’Italia (FdI sta facendo la guerra contro l’assessore al Welfare Bertolaso, fedelissimo di Fontana, e la Sanità è il pilastro del governo regionale) rischia di rappresentare il de profundis del federalismo? “Non ho riscontro di trattative sulla Lombardia – commenta diplomatico Guidesi – Posso dire che non esistono, a Fontana nessuno ha chiesto le dimissioni anticipate. L’appuntamento importante è quello del Veneto, dove abbiamo espresso una straordinaria capacità amministrativa nella figura di Zaia e di tutti quelli che hanno accompagnato la sua amministrazione, sicuramente anche il Veneto può essere un esempio di amministrazione che ha concretizzato ideali comuni. E’ scontato che ci sia continuità anche se non può essere Luca a gestirla ma sarà sicuramente un leghista”.

E in Lombardia? “Non si voterà in autunno, non c’è nessun accordo in questo senso, anche perché sarebbe politicamente stupido per un centrodestra che fa della stabilità uno dei suoi valori. E poi Fontana sta lavorando con impegno per sostenere l’economia dei territori e per rafforzare un sistema di welfare, non c’è alcun motivo perché interrompa il suo lavoro”. Intanto le imprese lombarde soffrono i costi dell’energia, burocrazia e una certa inerzia. L’Europa reagisce con lentezza ma coi “patrioti per l’Europa” l’impressione è che la Lega non andrà lontano (con Polonia, Lettonia, Paesi Bassi). Lei che è europeista, come pensa si debba reagire? “E’ la sfida che ho lanciato in Lombardia. Lo dico umilmente. Oggi c’è una comunione d’intenti anche rispetto alle scelte del Partito popolare europeo, le ultime dichiarazioni di Manfred Weber ricalcano ciò che la Lombardia dice da mesi, ad esempio sul settore dell’automotive. L’intento è la condivisione tra i territori e poi nel centrodestra perché è assolutamente necessario che questa Commissione cambi, per produrre una inversione di marcia rispetto alla precedente, fino adesso abbiamo avuto tante dichiarazioni che però non hanno avviato fatti concreti. Nonostante ciò ci sono numerose proposte sul tavolo della Commissione, per costruire con le altre regioni produttive d’Europa quei cambiamenti che permettano di cancellare una prospettiva di deindustrializzazione in settori come la chimica, l’automotive, la siderurgia. Io vedo un’alleanza politica del centrodestra che richiami un’azione sulla competitività (già indicata nel documento di Mario Draghi), che mi auguro sia forte ma il tempo stringe, anche perché l’invasione dei prodotti cinesi è un fatto”. Poi c’è poi la mina vagante dei dazi di Trump, e certe dichiarazioni del vostro segretario federale sono note.

“I dazi sono una tassa in più che limiteranno la nostra capacità di esportare negli Usa”, risponde l’assessore allo Sviluppo economico lombardo. “Ma c’è un altro allarme: i fondi europei – in Lombardia sono il 98 per cento degli strumenti utilizzati a sostegno delle imprese – rischiano di essere ridotti e finiranno in una cabina di regia centralizzata dagli stati nazionali, che potranno cambiare parametri e strategie. Questa sì che sarebbe la vittoria del sovranismo. Frenerebbe la locomotiva del paese. Stiamo cercando di impegnare la Commissione sulla competitività perché deve tornare a essere conveniente investire in Europa. Se non succederà dovremo scendere in piazza con tutto il settore manifatturiero. Vogliamo evitare che i fondi destinati alle regioni vengano assegnati agli stati, per la Lombardia sarebbe un freno allo sviluppo”. 

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