
A Kherson
Mosca vuole la città. I droni, l'attacco al ponte e le bombe per allontanare i soldati di Kyiv
Nella città ucraina alla quale Putin non vuole rinunciare la popolazione si è ridotta considerevolmente: dai quasi 300 mila baitanti di prima della guerra ai 67 mila del 2025. Gli attacchi russi continuano senza sosta, ma chi è rimasto non vuole rinunciare a resistere
Kyiv. Kherson è una città dell’Ucraina meridionale che ha dovuto affrontare sfide pesanti durante la guerra. Tutto è iniziato quando le truppe russe hanno conquistato la città nel marzo 2022. Nei primi mesi dell’occupazione, i residenti, rischiando tutto, hanno prima protestato contro gli occupanti, poi hanno iniziato a passare segretamente informazioni alle truppe ucraine. Le Forze armate ucraine riuscirono finalmente a liberare la città, che tornò sotto il controllo ucraino l’11 novembre 2022. Ma la controffensiva di successo non è bastata a ricacciare indietro le intenzioni di Putin che comunque ha incluso l’intera regione di Kherson, insieme alla città di Kherson, nella Costituzione russa come parte integrante della Federazione, insieme ad altre tre regioni: Donetsk, Luhansk e Zaporizhzhia che comunque non è riuscito a occupare interamente. Putin insiste sul ritiro delle truppe ucraine, con ogni mezzo.
Il 6 giugno 2023, la Russia fece esplodere la centrale idroelettrica di Kakhovka, allagando parte di Kherson. Il microdistretto di Korabel fu particolarmente danneggiato e la popolazione dovette evacuare. Molti residenti decisero di tornare, ma la città e i villaggi della regione hanno dovuto affrontare una nuova disgrazia: attacchi quotidiani di droni russi contro i civili. Secondo la procura regionale, alla fine di marzo 2025, più di 1.000 residenti della regione di Kherson sono rimasti feriti, e 121 sono morti. Data la minaccia quotidiana, la popolazione di Kherson è diminuita di quattro volte negli ultimi tre anni. Alcuni abitanti si sono trasferiti in regioni ucraine più sicure, altri all’estero. Nel 2022, 279.000 persone vivevano in città, nel 2025 solo 67.000. Chi è rimasto non vuole andare da nessuna parte. “La gente pensa: questa è casa nostra. Se tutti se ne vanno, chi ci aiuterà?”, dice Yana, residente di Kherson. Ora le truppe russe stanno cercando di distruggere il ponte che attraversa il fiume Dnipro e conduce al microdistretto di Korabel, chiamato “l’Isola”. Se il ponte venisse distrutto, rimarrebbe davvero isolato dal resto della città. Il 2 e 3 agosto, la Russia ha sganciato bombe teleguidate sul ponte, danneggiandone gravemente la struttura. E’ ancora possibile passare, quindi le autorità hanno annunciato un’evacuazione urgente da Korabel. “Più di 700 persone su 1.800 sono già state evacuate, tra cui 41 bambini”, ha dichiarato al Foglio Oleksandr Tolokonnikov, vicepresidente dell’Amministrazione statale regionale di Kherson. Dopo i bombardamenti, nel microdistretto non c’è più gas. “La situazione della sicurezza è difficile, soprattutto nella zona costiera”, ammette. Il 40 per cento dei residenti è già stato evacuato e l’evacuazione continua. Tolokonnikov ritiene che i russi stiano cercando di distruggere il ponte per bloccare le vie logistiche per l’esercito ucraino che si muove per difendere Kherson. “Ma se non ci fosse la popolazione civile sull’‘Isola’, sarebbe più facile per le forze di difesa ucraine operare lungo la riva sinistra della regione di Kherson, dove si trovano le posizioni nemiche”, spiega. Pertanto, a parte aggiungere distruzione alla distruzione, l’esercito russo non sarebbe in grado di raggiungere il suo obiettivo in questo modo.
Nonostante il peggioramento della situazione, Kherson continua a vivere la sua vita. La maggior parte dei residenti di Kherson vive lontano dalla riva del fiume. Negozi, mercati, bar e parrucchieri sono aperti. Scuole e asili sono chiusi da tempo e l’istruzione è disponibile soltanto online. Anche la costruzione di una scuola sotterranea è stata congelata. “Finché i russi sono sulla riva sinistra, non ha senso parlare di alcun processo educativo in città”, spiega Oleksandr Tolokonnikov. Negli ospedali e nelle aziende si sta completando la costruzione di rifugi sotterranei. Si prevede che alcune strade di Kherson e nelle sue vicinanze saranno protette da reti antidroni. “Dopo le 20.00, le strade di Kherson sono vuote”, dice Yana. E nel centro città, la vita si ferma tra le 15 e le 16. La gente non esce per evitare i bombardamenti. La Russia colpisce non solo con i droni, ma anche con artiglieria, mortai e attacchi aerei. Pertanto, gli abitanti di Kherson pianificano attentamente il loro itinerario in città, tenendo conto di tutti i rischi e a seconda che si spostino a piedi, con i mezzi pubblici o prendendo un taxi. “Non esiste una zona completamente sicura in città”, chiarisce Yana. Con l’arrivo del buio, Kherson sprofonda nell’oscurità, entra in vigore un regime di blackout e i lampioni non funzionano. Ma la gente qui si è già adattata a tutto e si sostiene a vicenda nei momenti difficili. “Ora tutti stanno aiutando con l’evacuazione: volontari, assistenti sociali, psicologi”, racconta la ragazza che non vuole andarsene. Secondo lei, a Kherson c’è una regola: in difficoltà nessuno abbandona un concittadino.

l'intervento