
il girotondo
Mille giorni di governo Meloni: merito a Giorgetti, ma prima o poi si dovrà pensare alla concorrenza
La premier ha mostrato leadership e adattabilità, ma ignora le premesse liberali per una crescita solida e sostenibile. L’energia politica c’è, ma si non parla né di concorrenza né di futuro
Il governo Meloni è tra i cinque più lunghi della storia repubblicana e con ogni probabilità arriverà almeno a essere tra i primi tre. La durata non è di per sé un merito, ma dalla lettura complessiva della storia dei governi e della continua ricerca di stabilità attraverso riforme mai compiute, si comprende che la capacità di mantenere il timone è un vanto che può arrogarsi da sola l’attuale presidente del Consiglio, con l’aiuto di pochi ministri di peso come Crosetto e Giorgetti. Occorre riconoscerle capacità di leadership all’interno, con la quale tiene a bada non solo i ben celati conflitti interni alla maggioranza, ma soprattutto i più delicati dossier. Per fare solo tre esempi, dalla condanna di Delmastro al caso Almasri alla goffa vicenda Sangiuliano. A lei si deve anche una capacità di trasformismo all’esterno, grazie alla quale l’incoerenza politica è persino ritenuta una virtù nello scenario europeo e internazionale. Quanto l’uno e l’altro talento possano durare dipende da due circostanze lontane: l’apertura della premier a una cerchia dirigente più allargata rispetto ai fidatissimi e sodali di partito (e famiglia), e – all’opposto – il risveglio di una opposizione espressiva di alcunché, la cui condizione attuale si riflette sulla difficoltà di garantire una pubblica opinione informata e attenta più ai fatti che a come vengono presentati.
Diverso è poi giudicare il governo per quello che in questi mille giorni ha fatto di buono o cattivo. Chi scrive, lo fa da una prospettiva autenticamente liberale, dove buono equivale alla consapevolezza del governo dei propri limiti e quindi alla fuga dalle facili promesse e spese e dall’imposizione della propria visione del mondo sulla società e sui cittadini. Sul senso del limite, al ministro Giorgetti va dato atto di un impegno isolato e doppiamente meritorio – date le sirene di cui è circondato – per la sostenibilità di bilancio, pari forse solo all’impegno profuso dal governo Monti. Quanto alla visione del mondo, invece, i mille giorni di governo sono costellati non solo da un’idea conservatrice della società e dei diritti individuali (temi etici e immigrazione), ma – ancor più profondamente – dell’economia e delle energie che la animano. La concorrenza e la crescita economica, nonostante le apparenze, non sono tra i primi pensieri di questo esecutivo. Domani che l’ebbrezza del Pnrr sarà passata, questa dimenticanza diventerà un problema per un governo destinato a durare.
Serena Sileoni
professore in Diritto costituzionale, Università Suor Orsola Benincasa