
il girotondo
Mille giorni di governo Meloni: conti in ordine, ora serve visione sull'iniziativa privata
È arrivato il momento di capire se e fino a che punto l'inversione di tendenza presente nelle scelte degli elettori nel 2022 sia stata effettivamente tale. Lo è stata certamente nella gestione della finanza pubblica
Per molti motivi il giro di boa della legislatura è il momento meno indicato per un bilancio dell'attività di governo. Alle spalle vi sono i mesi iniziali della legislatura. Difficili per qualunque maggioranza e, in particolare, per maggioranze poco avvezze alla gestione del potere. Di fronte, in prospettiva, cominciano a intravedersi le nuove scadenze elettorali. Non sono rari i casi di bilanci intermedi vanificati dall'ansia di dover mantenere comunque le promesse elettorali. Mille giorni sono però sufficienti per capire se e fino a che punto l'inversione di tendenza presente nelle scelte degli elettori nel 2022 sia stata effettivamente tale. Lo è stata certamente nella gestione della finanza pubblica. Ad anni se non a lustri di scelte irresponsabili intervallate da brevi periodi di disciplina tanto forzata quanto attribuita ad agenti esterni (l'Europa, i mercati, etc.) hanno fatto seguito a partire dal 2022 politiche di bilancio ordinate e disciplinate, di cui si è non solo rivendicata la paternità ma di cui oggi possono essere esibiti con soddisfazione i frutti. Sotto questo aspetto l'inversione di tendenza non poteva essere più netta, tanto più in un paese in cui la cultura economica è ancora, in larga misura, quella del binomio "più tasse, più spesa" e, comunque, più debito. E, si noti, "facendo meno" non si è necessariamente rinunciato a "fare meglio" come testimoniano gli sforzi per dare concretezza ad un Piano nazionale di ripresa e resilienza mal disegnato inizialmente a Bruxelles nel 2020 e ancor peggio declinato a Roma nel 2021. O, per fare un secondo esempio, come lasciano supporre i progressi in materia fiscale.
Una cultura capace di porre limiti alla capacità di intermediazione dello Stato è, però, incompleta se non accompagnata da una altrettanto determinata e condivisa - e non solo verbalmente - creazione delle condizioni per la piena operatività dell'iniziativa privata. Sotto questo profilo i limiti, più che dell'azione, della visione dell'attuale maggioranza sono ad oggi visibili e resi evidenti dalla frammentazione delle competenze in materia (in netto contrasto con quanto accade in materia di politiche di bilancio). Per quanto si tratti di comparazioni di valenza estiva e di portata limitata (e ci perdoneranno i diretti interessati), qualcosa vorrà pur dire se googlando il binomio “Zangrillo - concorsi” si ottengono oltre 64 mila risultati, contro i meno di 30 mila risultati corrispondenti al binomio “Zangrillo - semplificazione”. O se l’accoppiata “Urso - intervento pubblico” porta a 160 mila risultati contro i 76 mila della coppia “Urso - iniziativa privata”. Le inversioni di tendenza parziali non vengono percepite come tali. E sono spesso controproducenti. Creare spazi che il settore privato vorrebbe e saprebbe utilizzare deve accompagnarsi ad una contestuale creazione delle condizioni perché siano effettivamente e facilmente utilizzati. Tanto più in un contesto politico in cui il tema sembra essere lontano mille miglia dai pensieri dell’opposizione.