Morbido ricatto

Quello di Pier Silvio Berlusconi è un avviso a Tajani: basta con la gestione romanocentrica di FI

Gianluca De Rosa

Il figlio del Cav. per adesso non scenderà in politica, ma con le sue parole ha ricordato alla classe dirigente del partito che senza la famiglia Berlusconi FI non c'è

Dentro Forza Italia è il giorno delle riflessioni da tenere private, delle dichiarazioni da non fare e dei posizionamenti sincopati, che richiedono di aspettare. Su una cosa però convengono quasi tutti: anche questa volta è un fuoco di paglia. Pier Silvio Berlusconi non scenderà in campo. Le lunghe chiacchierate del figlio del Cav. con i giornalisti durante la presentazione dei palinsesti Mediaset, le sue allusioni a un possibile ingresso in politica, non sono l’anticipo di un annuncio, ma semmai una sorta di avvertimento. L’ennesimo. Il più chiaro. La voce che circola dentro il partito è che a sussurrare all’orecchio di Pier Silvio siano stati loro: Deborah Bergamini e Gianni Letta. La vicesegretaria  che, si dice, sia una delle poche persone ad avere un rapporto personale con i figli del Cav., e l’eterno Gianni.  


Sarebbero stati loro a spiegare al secondogenito e ad di Mediaset quello che pensa un pezzo non irrilevante della pattuglia parlamentare di FI: “Tajani ha accentrato tutto. Ormai decide tutto lui con il suo cerchio magico, chiuso verso ogni novità e senza alcuna prospettiva di rinnovamento”. Quale cerchio magico? Tre su tutti: i capigruppo Paolo Barelli e Maurizio Gasparri e il capo delegazione a Strasburgo Fulvio Martusciello. Gli scorsesiani Irishman di Forza Italia. Tutti uomini, tutti over 70, tutti romani o del centro-sud. Gasparri, suo malgrado, ne è diventato l’esempio citato anche da Pier Silvio: “Gasparri è bravissimo, ha un’esperienza fondamentale, ma serve anche altro”. Ieri, cercato dai cronisti (noi compresi), commentava così, con laconica ironia: “Non ho nulla da dire, ha detto che sono bravissimo e quindi sono contento”.


Ma anche chi non ama la gestione di Tajani non ha grande fiducia in una vera discesa in campo di Pier Silvio. Dice un parlamentare che preferisce non essere citato: “Due anni fa circolavano già queste voci, ma non è successo nulla. Poi è uscita Marina sul vostro giornale con quello che sembrava un manifesto politico, ma poi di nuovo non è successo nulla. Adesso, ancora Pier Silvio. Rischiano di rimanere gride manzoniane, con un effetto controproducente perché le vie di mezzo in politica non pagano. E d’altronde la famiglia, se vuole, avrebbe la forza per cambiare il corso del partito”. Anche chi è vicino a Tajani non crede nella discesa in campo. Questo il ragionamento: oggi nel centrodestra c’è un leader chiaro, la premier Giorgia Meloni, ma veramente Pier Silvio vorrebbe fare il comprimario e gestire le beghe di partito? Le dichiarazioni del secondogenito di Berlusconi, dunque, vengono interpretate da tutti in un altro modo: Pier Silvio chiede un rinnovamento del partito che non sia solo invitare Fedez al congresso dei giovani e, soprattutto, un superamento della gestione romanocentrica e incomprensibile a Cologno Monzese. Anche sulla questione ius scholae l’interpretazione sarebbe simile. Pier Silvio non lo avrebbe bocciato per una divergenza con Marina – “Io sono più conservatore di mia sorella” – ma l’indicazione del figlio del Cav. avrebbe tutt’altro sapore: non siamo stupidi, non basta accontentarci su proposte di retroguardia, vogliamo avere più voce in capitolo sulla gestione del partito. Insomma, Tajani, Gasparri & Co. simulerebbero  battaglie sulla cittadinanza, sulle carceri e sui diritti civili per gestire intanto il partito senza troppe interferenze, trattando di fatto i figli del Cav. un po’ come lui invitava a trattare l’elettore medio italiano: un bambinodi dodici anni. Sarebbe di questo atteggiamento che sia Pier Silvio, sia Marina si sarebbero ormai stufati.


Nella bolla del vicepremier per adesso ci si fa forti di una suggestione: dopo il miracolo di aver fatto sopravvivere FI alla morte del Cav., oggi è più la famiglia Berlusconi ad aver bisogno di Forza Italia che FI ad aver bisogno della famiglia Berlusconi. Cosa succederebbe – si chiede qualcuno – se Tajani trovasse dei finanziatori alternativi? Nei giorni scorsi un giornale online aveva pubblicato una presunta notizia: nel 2025 i figli di Berlusconi non avrebbero donato  i consueti centomila euro ciascuno al partito. La cosa è stata smentita nelle ore successive: i 600 mila euro, uno per figlio più la donazione del fratello Paolo, sono regolarmente arrivati. E però la domanda resta: cosa accadrebbe se quei soldi fossero trovati altrove? Ovviamente la realtà mette notevoli ostacoli davanti a questa suggestione, perché il legame tra FI e la famiglia Berlusconi non è solo questione di cassa. Ci sono le fideiussioni bancarie sul debito di 5 milioni di euro verso gli istituti di credito, e ci sono soprattutto i debiti del partito verso la famiglia Berlusconi che negli anni, quando il Cav. era ancora in vita, ha sempre ripianato i conti. Parliamo di oltre 90 milioni di euro. Tutto questo significa una cosa molto semplice: il partito, il logo e l’associazione sono ancora di fatto di proprietà della famiglia Berlusconi. Senza Tajani e i suoi good fellas sarebbero ancora al 10 per cento? Il bisogno, insomma, resta reciproco.