ANsa

Il vertice

Meloni soddisfatta dell'ingresso Usa nei volenterosi. Starmer e Macron: truppe in Ucraina

Simone Canettieri

A Roma va in scena la Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina, tra sanzioni alla Russia e difesa militare di Kyiv, frontiera dell’occidente. La premier allarga la coalizione e spinge  sul “fallimento” di Mosca che nulla ha fatto per arrivare a un cessate il fuoco

Questa volta la “Nuvola” è in versione fiera “più armi più liberi”. Perché la Conferenza di Roma per la ricostruzione dell’Ucraina gira intorno alle sanzioni alla Russia, certo, ma anche e soprattutto alla difesa militare di Kyiv, frontiera dell’Europa e dell’occidente. La padrona di casa, Giorgia Meloni, durante il suo intervento dal palco e al momento delle dichiarazioni con il presidente Zelensky non lesina aggettivi densi di soddisfazione per tutto questo ambaradam di relazioni e delegazioni internazionali che sciamano su e giù nell’alveare ellittico di Fuksas, impegni presi e unità di intenti. La premier si mette al centro della Coalizione dei volenterosi, formato che all’inizio non la convinceva, e che ieri non solo ha avuto  Roma come epicentro, ma addirittura si è allargato, per la prima volta, all’America  presente con l’inviato di Donald Trump, Keith Kellogg.


Poco importa se questa conferenza, rispetto alla precedente in Germania, si sia presa impegni per 10 miliardi al contrario dei 16 tedeschi del 2024. La premier spinge per tutto il giorno sul “fallimento” di Mosca che nulla ha fatto per arrivare a un cessate il fuoco e mette in guardia i presenti sul fatto che chi aiuta la Russia in questo momento non avrà benefici durante la ricostruzione dell’Ucraina. Si parla molto del nuovo pacchetto di sanzioni a cui anche l’America, oltre all’Europa, dice di volersi accordare. E di questo argomento la presidente del Consiglio parla anche agli esponenti del congresso Usa arrivati in Italia. Sperando che duri, la sensazione di unità è forte, e va oltre la foto di rito. Ursula von der Leyen appare sorridente e più forte che prima, nel giorno in cui la sfiducia nei suoi confronti ha fatto un bel buco nell’acqua del laghetto dell’Eur, visto che anche il partito di Meloni, Fratelli d’Italia, si è scansato dalla zuffa. Nel corso della giornata viene annunciato anche il “bazooka” – come lo chiamano con una certa enfasi dalla Farnesina, che ha organizzato l’evento con una serie di pecche logistiche niente male: la foto del serpentone di persone in fila per gli accrediti ricordava le migliori sagre del cinghiale in Maremma – equity dell’Unione europea. Se per i dazi bisogna incrociare le dita, per l’Ucraina Meloni può rivendicare il ruolo di pontiera fra Europa e Casa Bianca. Glielo riconoscono nel primo paragrafo del comunicato congiunto tutti i volenterosi. Perché la presenza degli Usa al formato è una notizia. I leader presenti – dal cancelliere tedesco Merz al primo ministro polacco Tusk – si parlano intorno a un tavolo rettangolare al primo piano della Nuvola, da Londra sono in collegamento Keir Stamer ed Emmanuel Macron, Regno Unito e Francia. La premier si prenderà la briga di dire, senza per ora essere contraddetta dai fatti, che “tutti insieme sosteniamo gli sforzi del presidente Trump per la pace”. Si sta tutti qui in un profluvio di dichiarazioni e foto per mandare segnali di pressione alla Russia, come rivendica Meloni. Ovvio che tutto ruoti intorno alla “cooperazione per la difesa”. Zelensky, alla fine della riunione con i volenterosi, racconterà infatti che si è parlato del comparto militare in Ucraina, di produzione di armi. E dunque, svela il presidente di Kyiv, ci saranno “sempre più investimenti su questo, specie sui droni, è molto importante per contrastare gli attacchi russi, lavoreremo con tanti partner sugli innovativi sistemi di difesa”. Molto ruota intorno  ai sistemi Patriot. Zelensky dice di aver fatto durante il vertice a porte chiuse una richiesta precisa: 10 sistemi e il volume appropriato di missili per alimentarli. “La Germania ha detto che può pagare, e c’è un accordo, quindi desidera pagare per due sistemi. Altri quattro da parte della Norvegia e poi ci sono degli accordi bilaterali”. C’è da capire la posizione dell’Italia su questo argomento specifico e così impegnativo dal punto di vista economico. D

al vertice però spunta anche un’altra notizia: lo sviluppo di piani operativi per il dispiegamento di una forza di rassicurazione, la “Multinational Force Ukraine”, una volta cessate le ostilità, e la creazione di un quartier generale operativo congiunto franco-britannico per la pianificazione. Un’iniziativa rilanciata da Starmer e Macron, che questa volta potrebbe vedere la luce visto che gli Usa fanno parte della coalizione a tutti gli effetti (almeno fino a prova contraria). Il dibattito è in corso. La coda di questa discussione, soprattutto quella sul riarmo, ci sarà oggi a Palazzo Chigi quando la premier riceverà il Commissario europeo per l’Economia e la produttività, l’attuazione e la semplificazione, Valdis Dombrovskis che aveva proposto una clausola di flessibilità per la spesa militare per chi come l’Italia ha un rapporto deficit/pil eccessivo. “Prima mettiamo in sicurezza i conti dello stato, poi si vedrà”, ha detto il ministro dell’Economia Giorgetti, davanti a questo scenario.

Di più su questi argomenti:
  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.