Partito troppo romano a chi?

Come rispondere a Piersilvio B.? Forza Italia e l'arma geografica

Marianna Rizzini

Dopo le parole dell'ad Mediaset sulla "mentalità" di Forza Italia e sulla necessità di nuovi "innesti", i vertici del partito riflettono sul da farsi (e intanto tacciono)

Il giorno dopo, a Roma, si commenta quello che è stato detto il giorno prima, a Milano. Personaggi e interpreti: a Milano, anzi a Cologno Monzese, a margine della presentazione dei palinsesti Mediaset, due giorni fa ha parlato lui, Piersilvio Berlusconi, ad dell’azienda e figlio di Silvio. A Roma ci sono loro, gli altri, insomma la Forza Italia fondata dal Cav. nel 1994: un partito che, avendo trent’anni, ha i suoi riti, le sue abitudini e la sua classe dirigente, ormai radicata nella Capitale. E insomma: Piersilvio ha detto che servono “presenze nuove” e un cambio di mentalità per un partito un po’ anziano, anche se non anagraficamente. Roba da far sobbalzare sulla sedia non soltanto il ministro degli Esteri e segretario azzurro Antonio Tajani, ma mezza classe dirigente di vecchia data. Non a caso il capogruppo al Senato, ex ministro e veterano di tante battaglie azzurre Maurizio Gasparri, citato da Piersilvio come “senatore capacissimo” (anche se l’ad Mediaset vorrebbe vedere nuovi “innesti”), a un certo punto, mentre in Senato parla del disegno di legge che tutela le seconde case dalle occupazioni, rilascia una nota: “Non ho commenti da fare”, dice, “Piersilvio ha detto che sono bravissimo e quindi sono contento”. 

 
Ma l’inquietudine restava sospesa, negli uffici romani di FI. Mentalità? E di chi parla? ci si domandava ieri mattina tra i parlamentari azzurri. Con chi ce l’ha, in particolare, Piersilvio?”, qualcuno azzardava al pomeriggio, guardando all’inner circle di Tajani, per poi virare verso le personalità presidio della Forza Italia d’antan. Che Piersilvio la pensi come la sorella Marina, cui dispiace un certo romanocentrismo, ipotizzava un esegeta? E se gli interrogativi rimbalzavano dapprima tra la sede di Forza Italia e i Palazzi, lungo il percorso inverso Palazzi-Forza Italia prendeva invece corpo l’idea di rispondere, ma senza ufficialità. Senza dire, più che altro per ribadire: “Aspettiamo un attimo, siamo un vero partito, non un partito-azienda”, diceva un parlamentare azzurro. “Non ora, non ora, ma poi...”, buttava lì un senatore. Infine saltava fuori una sorta di elenco, un appunto, una specie di pizzino con dei nomi, piccolo indizio del lavoro sotterraneo di chi non ci sta a farsi dare di romanizzato, nel senso geografico ma soprattutto politico: cioè sclerotizzato sui tic capitolini. E l’elenco dunque descriveva la non romanità di molte figure apicali in FI. A partire da Letizia Moratti, lombarda presidente della Consulta nazionale. O da Stefano Benigni, lombardo vicesegretario nazionale. O da Debora Bergamini, toscana e vicesegretario nazionale. Per non dire dell’altro vicesegretario nazionale calabrese Roberto Occhiuto — e di quello piemontese Alberto Cirio. E poi: c’è l’Umbria del portavoce del partito Raffaele Nevi, la Campania del capogruppo di FI in Europa Antonio Martusciello. E quando si guarda ai ministri, è la risposta che si vorrebbe dare a Piersilvio ma che per ora non si dà, c’è l’imbarazzo della scelta, come storia e dislocazione territoriale: Paolo Zangrillo è stato commissario regionale di FI in Piemonte e Valle d’Aosta. Gilberto Pichetto Fratin ha radici politiche in Piemonte. Maria Elisabetta Alberti Casellati viene dal Veneto, Anna Maria Bernini dall’Emilia Romagna. E i viceministri e sottosegretari? I viceministri Francesco Paolo Sisto e Valentino Valentini arrivano rispettivamente dalla Puglia e da Bologna; i sottosegretari Matilde Siracusano, Maria Tripodi, Sandra Savino, Matteo Perego di Cremnago, Tullio Ferrante e Alberto Barachini rispettivamente dalla Sicilia, dalla Calabria, dal Friuli, dalla Lombardia, dalla Campania e da Pisa. E insomma, per rispondere a Piersilvio, si pensa di mettere mano all’Atlante. Come dire: partito troppo romano a chi?

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.