
(foto Ansa)
Giorni di fuoco al Mic
Borgonzoni way. Bologna rossa, madre leghista, guerra del tax credit. Ritratto di sottosegretaria
La parole al plurale con il ministro Giuli in assenza di idillio, i trascorsi da candidata anti-Bonaccini e il presente da presidio salviniano alle porte dell'audiovisivo
Il nonno partigiano, gli studi d'arte, la passione per Alberto da Giussano, i primi passi romani del "gruppo dei quarantenni", gli anni di Bonisoli e Franceschini (e poi di Draghi e Sangiuliano
Quando parla di sé, in qualità di sottosegretaria al Mic, e del ministro della Cultura Alessandro Giuli, Lucia Borgonzoni dipinge quadri d’idilliaca concordia, sorvolando sugli avvenimenti degli ultimi dieci giorni, per non dire delle dimissioni della presidente di Cinecittà Chiara Sbarigia e del direttore generale Cinema e audiovisivo al Mic Nicola Borrelli, due circostanze che avevano per così dire confermato i sospetti che al Mic gli idilli fossero fantascienza. Tuttavia lei, Borgonzoni, sottosegretaria in quota Lega che quel ruolo ha ricoperto fin dai tempi del governo gialloverde e del governo rossogiallo, trovandosi più a suo agio con il ministro dei tempi rossogialli (Dario Franceschini) che con quello dei tempi gialloverdi (Alberto Bonisoli), per poi approdare anche nel governo Draghi, oggi parla al plurale quando si nomina la bestia nera di questi giorni, il tax credit, al grido di “la tragedia di Villa Pamphili ha portato alla luce quanto da noi denunciato da tempo”, e parlando di “nuove norme volute da me e dal ministro Giuli, già applicate, mirate ad alzare sempre più l’asticella dei controlli sull’erogazione dei finanziamenti al cinema”. E pazienza se c’è chi vede in Sbarigia e Borrelli le teste cadute purché Borgonzoni restasse, e pazienza pure se c’è chi parla di un diretto o indiretto intervento salviniano per mantenere salda al vertice la sottosegretaria. La battaglia è battaglia, è il concetto. E pensare che, non molti anni fa, a fine 2019, nell’autunno nero dello scontento leghista post Papeete e post caduta del governo Conte I, la madre di tutte le battaglie, per Borgonzoni, non era il tax credit, ma la conquista dell’Emilia-Romagna, in vista delle Regionali pre Covid che portarono alla vittoria per la seconda volta il dem Stefano Bonaccini, nonostante lo sforzo di Salvini in persona – anche troppo in persona, si disse, ché lo strabordare del leader non rese dolce il mare elettorale per la candidata, Candidata che vantava mamma leghista, padre bonacciniano, nonno ex partigiano forse amico di Renato Guttuso, esperienze come barista nella Bologna rossa e amori ancora più rossi che mai scacciarono la verdissima adorazione per Alberto da Giussano.
Sei anni dopo, Borgonzoni si trova dove voleva tornare e restare, cioè al Mic, a presidiare la riforma del tax credit e a organizzare altri “tavoli di ascolto” con gli addetti, nonostante in epoca Sangiuliano sull’intero Mic fossero piovute accuse di temporeggiamento dannoso per il settore, smentite con la convocazione di altri tavoli. Fatto sta che la sottosegretaria ha incassato con il sorriso, narrano al Mic, la frase al plurale pronunciata due giorni fa da Giuli, seppure a valle delle dimissioni di Chiara Sbarigia, che di Borgonzoni veniva considerata consigliera: “Prima del nostro intervento, Cinecittà era come l’Unione Sovietica”, diceva infatti il ministro durante la manifestazione “Piazza Italia”, organizzata da FdI all’Eur: “Burocrazia asfissiante, lentezze, fondi Pnrr fermi. Oggi, grazie a un governo intelligente e al lavoro fianco a fianco con il sottosegretario Lucia Borgonzoni, Cinecittà è rinata e piena di produzioni”.
E insomma, la donna che la Lega vuole fortissimamente alla porta del comparto audiovisivo, ha imparato a navigare nel mondo cinéphile che la ascoltava allarmato (se non indignato) quando, allora quarantatreenne sottosegretaria nel governo Conte I, Borgonzoni discettava di film come farebbe un comune avventore occasionale di multisala sulla lancia che, sotto la pioggia, tra produttori cinesi, francesi e italiani, la riportava al Lido di Venezia dopo un evento. Non per questo la sottosegretaria sentiva gravare su di sé il complesso del newcomer, forse per via della laurea all’Accademia di Belle Arti (tesi in Fenomenologia degli stili) o della precedente professione di interior designer. Esperienze non in grado di soppiantare il richiamo del palco leghista: già negli anni in cui era sindaco Sergio Cofferati, infatti, Borgonzoni, nella Bologna-centro dove a lungo ha abitato, proponeva di mettere un tetto al numero dei negozi per stranieri. Sbarcata a Roma, invece, nei primi tempi gialloverdi, la futura sottosegretaria animava il cosiddetto “gruppo dei quarantenni” leghisti con Nicola Molteni e Stefano Candiani, sognando rivoluzioni in nome del “faremo lavorare chi se lo merita, chi è più bravo e non chi è amico del Pd”. Il filo rosso, chissà, che porta dritto di nuovo all’oggi, e ai giorni di passione sul tax credit.