
Il caso
Bonus bebè, Giorgetti ci riprova e Roccella ci spera. Il ritorno del tormentone estivo della culla
Mentre la proposta di Tajani sulla cittadinanza non costa ma non fa parte del programma, le super detrazioni per le mamme piacciono a Meloni ma hanno un peso sul bilancio. E così alla fine slittano sempre al di là degli annunci di luglio
A ciascuno il suo. Se l’estate di Antonio Tajani ormai è un ripetersi del tormentone destinato a riempire le pagine dei giornali sotto l’ombrellone – lo ius scholae – dai corridoi umbertini del ministero dell’Economia non stanno a guardare. Anzi. Ecco quindi il ritorno della proposta del ministro Giancarlo Giorgetti di meno tasse per le mamme. Ovvero una “super detrazione” in base al numero dei figli. In poche parole in Via XX Settembre stanno pensando a un provvedimento da inserire nella prossima Finanziaria in grado di sgravare le mamme lavoratrici fino a 7.500 euro se hanno un secondo figlio, quindi 12.500 per il terzo e 17.500 per il quarto. Attenzione: l’allarme demografico e il calo delle nascite rientrano nel perimetro del programma di governo. Sono la stella polare del governo Meloni, al contrario della cittadinanza per gli stranieri. Ma in questo è un déjà-vu.
Giorgetti, da quando tiene i cordoni della borsa (e a ottobre saranno tre anni), ha fatto sempre filtrare questa intenzione. Tuttavia per una serie di vincoli oggettivi legati allo stato della cassa, ai vincoli europei e alle emergenze non se n’è mai fatto nulla. Quest’anno poi ci sono i target della Nato da raggiungere, quel 2 per cento che suona come circa 4 miliardi di euro. Ecco perché dall’altra parte della barricata c’è una ministra Eugenia Roccella, che ha la delega alla Famiglia e su questi temi si batte senza avere possibilità di spesa ma al massimo di perorazione, che legge e si interroga sull’argomento. “Fusse che fusse la vorta bbona”, avrebbe detto Nino Manfredi. Di fatto un altro tema, che poi si ripete da anni, fa capolino all’orizzonte. E diventa subito dibattito e speranza, realismo e rassegnazione, voglia di fare e consapevolezza. Il sostegno alle famiglie e alla natalità è il punto cinque del programma di governo con il quale Giorgia Meloni si è presentata agli elettori nel 2022. Seppur con la coperta corta, con discreti stop and go, alcune promesse sono state mantenute. Resta la sfida, questa appunto, legata alla super detrazione per le mamme che hanno più di un figlio. Nella bussola del centrodestra era stato chiamato quoziente familiare, nel caso specifico della proposta di Giorgetti non sarebbe proprio così, ma dal punto di vista della comunicazione il messaggio che passerebbe sarebbe questo. Ovviamente l’idea del ministro dell’Economia, al di là del nome, ha avuto un altro effetto già visto, in questo eterno ritorno dell’uguale. Perché subito appena letta la notizia – l’indiscrezione campeggiava ieri sul Messaggero – il Forum delle associazioni familiari ha aperto le braccia: magari. “Si tratterebbe di un segnale incoraggiante volto a riconoscere il valore sociale ed economico della maternità, intervenendo concretamente per sostenere le famiglie, in un momento storico in cui il costo di un figlio rappresenta un ostacolo gravoso per le giovani coppie senza un supporto appropriato dello stato”, ha dichiarato con un perfetto sincronismo Adriano Bordignon, presidente del Forum. Un’operazione del genere, se la biglia andasse in buca, placherebbe la furia delle opposizioni che accusano il governo di pensare solo alle armi e poco o niente alla vita reale dei cittadini, fatta di trasporti e salute. Non solo.
C’è da scommettere che un pezzo di Pd, per esempio, salirebbe su questo carro. Con interviste aperturiste già scritte, a partire da Graziano Delrio, area cattodem del Nazareno, padre di nove figli (giusto per aggiungere un gustoso dato di cronaca). Insomma, bello bellissimo dunque prioritario. Ma fattibile oltre la siepe degli annunci estivi? Se il ministro parteciperà al Meeting di Rimini di Cl è sicuro che l’argomento spunti di nuovo fuori. Roccella aspetta e spera, forse sorpresa dal ritorno di questa idea che non può piacerle, combattuta in maniera gramsciana fra il pessimismo dell’intelligenza e l’ottimismo della volontà. La premier Meloni dopo riforme e interventi che hanno cancellato norme attuali (dal Reddito di cittadinanza al Superbonus passando per la volontà di rivedere il Tax credit) è ovvio che voglia lasciare un’impronta in un campo a lei caro anche dal punto di vista culturale. Il convitato di pietra in questo caso si chiama bilancio dello stato, un totem complicato da buttare giù. Forse come il perimetro del programma di governo, quando Tajani cerca spazio di manovra sui diritti. Ed è così che gli annunci di luglio vivono in questo limbo a metà fra un sogno di mezza estate e l’anticipazione di una “cosa che si farà”