Il colloquio

Superfabbriche e un marchio per l'hi-tech Ue. La sovranità digitale è europea, dice Butti

Gianluca De Rosa

Ciò che non federa la politica potrebbe federare il cloud. Chiaccherata con il sottosegretario all'Innovazione tecnologica del governo Meloni

Alessio Butti, sottosegretario all’Innovazione tecnologica, ne è convinto: “E’ necessario pensare al più presto a una sorta di certificazione di sovranità per i prodotti tecnologici che rispondono a criteri di qualità europei e che sono prodotti in Ue. E’ un primo passo per garantire la sovranità digitale e tecnologica che oggi è una priorità assoluta”. Da questo concetto, quello della sovranità digitale e tecnologica, Butti è ossessionato. Ma cosa significa davvero? “Chiariamoci subito – dice il sottosegretario – indipendenza tecnologica non significa proporre un ritorno all’autarchia. Vuol dire semmai generare conoscenza e capacità tecnologica in autonomia.  Non intendiamo mica una sovranità tecnologica assoluta, che è impossibile per chiunque, ma ci sono alcune cose sulle quali l’indipendenza è necessaria. Penso ai codici, ai microprocessori, ai data center e ai servizi satellitari”. E l’Italia può farlo da sola? “No”, riconosce Butti. “La sovranità tecnologica, soprattutto dal punto di vista industriale e infrastrutturale, deve essere garantita a livello europeo. Dobbiamo sviluppare settori tecnologici strategici, come quello dei semiconduttori. In Europa noi produciamo una quota che è intorno al 10 per cento  dei semiconduttori globali. E’ evidente che se ragioniamo solo come sistema Italia non siamo nella condizione di competere. Lo stesso vale per i microprocessori, per le tecnologie quantistiche o per il cloud, dove sono convinto che l’Italia possa esportare in Europa il suo modello ‘federato’. Su tutte queste cose dobbiamo pensare ad una politica industriale europea, cavalcando il concetto di ‘super fabbrica’. Non un semplice sito produttivo, ma un centro specializzato sulle tecnologie di frontiera, dall’intelligenza artificiale al computer quantistico. Poli che accanto alla produzione offrano anche formazione e promozione cultura digitale, con uno stretto rapporto tra pubblico e privato e normative uniformi.  Poi è chiaro – aggiunge – che dobbiamo lavorare sulla politica industriale del paese  per essere ancora più sovranisti all’interno di una sovranità tecnologica e digitale europea”.

 

Che il governo sovranista italiano pensi che la sovranità tecnologica debba essere europea è già una notizia. Ciò che non federa la politica, lo federa il cloud? Butti ci assicura che non siamo di fronte a un cedimento della destra italiana all’europeismo. Anzi. E’ l’egemonia della destra italiana in Europa: “Nel suo intervento di insediamento Ursula von der Leyen avrà citato sovranità digitale un'infinità di volte”, ricorda. “Noi eravamo gli unici a parlarne e tutti ci guardavano inarcando le sopracciglia ‘Ma questi sovranisti, cosa vogliono fare?’. Alla fine von der Leyen ha sdoganato il termine ed è su questo ovviamente dobbiamo lavorare”. Anche partendo da cose semplici. Dice Butti: “Le faccio l'esempio di alcune università, anche eccellenti,  che comprano servizi, a partire da una cosa banale come l’e-mail, dai Gafa (Google, Amazon, Facebook e Apple)  anziché produrli internamente, ma perché? ”. Anche perché soprattutto telecomunicazioni e cloud, secondo il sottosegretario, sono fondamentali per la sovranità digitale che, sostiene, è qualcosa in più di quella tecnologica: “Oggi  non c'è solo un problema di privacy.  Sono convintissimo che controllare i nostri dati vuol dire controllare la nostra identità ‘informazionale’, ovvero quell’insieme di informazioni che ci definiscono e che consentono anche ad una macchina di riconoscerci attraverso il nostro clone informativo. Non averne il controllo significa perdere potere su come veniamo visti,  trattati e giudicati, sia a livello personale che a livello di comunità nazionale”.

Una mano a tutti questi investimenti potrebbe darla anche il recente accordo Nato sull’aumento della spesa militare. “Non c’è dubbio”, dice Butti. “Ci sarà tutto un corollario di investimenti in tecnologia dual use, essenziali nelle guerre ibride di oggi”. Una tecnologia del genere, utilizzata dagli ucraini, è quella dei satelliti a bassa orbita di Starlink. Che farà alla fine il governo? Utilizzerà questa tecnologia o farlo andrebbe contro la sovranità tecnologica? “Io – dice Butti – ritengo che una costellazione sovrana sarebbe utile, se non indispensabile per l’infrastruttura di telecomunicazione del paese. Detto questo non prendiamoci in giro: usare Starlink non significa cedere i nostri dati a Musk. Noi useremmo i satelliti come infrastruttura per far viaggiare le informazioni, ma le chiavi di criptaggio e decriptaggio che consentirebbero di ricevere e mandare quelle informazioni sarebbero nostre. Da un punto di vista tecnologico la sovranità del dato è garantita”.