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Il successore ignoto

Che cosa succede a Cinecittà, tra dimissioni al vertice e obiettivi Pnrr

Marianna Rizzini

Dopo l'addio di Chiara Sbarigia, il ministro Giuli smentisce le "ricostruzioni strumentali" sul caso. Si cerca un nome per la successione (Giuseppe De Mita?)

Un pasticciaccio si profila all’orizzonte sotto il sole feroce di luglio: che cosa succede a Cinecittà? E che cosa è successo? Intanto, i fatti: domenica pomeriggio, mentre i romani erano  al mare e gli studios si preparavano alla visita del ministro della Cultura Alessandro Giuli (ieri, per le opere realizzate con i fondi Pnrr), la presidente di Cinecittà Chiara Sbarigia si dimetteva all’improvviso. Dimissioni irrevocabili giustificate con il desiderio di “dedicarsi ad altri incarichi”, accolte dal ministro “con i migliori auspici per i nuovi progetti” che attendono la presidente uscente “per il sostegno del cinema italiano”. E però il lunedì, di buon mattino, l’addio di Sbariglia veniva letto con triplice lente complottista.

Prima ipotesi: Sbarigia, anche presidente Apa (Associazione produttori audiovisivi), si è dimessa nel solco delle presunte diversità di linea (e opinione) su vari dossier aperti sul tavolo delle politiche cinematografiche tra la sottosegretaria al Mic in quota Lega Lucia Borgonzoni e il ministro Giuli. Seconda ipotesi: Sbarigia si è dimessa perché ha percepito un sottofondo di moral suasion dal Mic dopo l’uscita di un articolo sul Fatto in cui si adombravano poco trasparenti presunti ingaggi di giornalisti nel quadro di una presunta operazione mediatica a favore di Cinecittà. E però, già dopo qualche ora, la nota del ministero della Cultura smentiva: “Nel ringraziare Chiara Sbarigia per il lavoro svolto a Cinecittà il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, rigetta qualsiasi ricostruzione tendenziosa e strumentale che colleghi l’ex presidente Sbarigia a presunti episodi scandalistici riconducibili alla governance di Cinecittà”.

Sbarigia, invece, il cui successore – ancora ignoto – dovrebbe essere  individuato, dice un insider, “in quota Lega” e con azione diretta del Mef, motivava la propria decisione, a margine dell’Italian Global Series Festival a Rimini e Riccione, con l’accumulo di impegni in capo all’Apa, ringraziando uno dopo l’altro tutti i ministri avvicendatisi sulla poltrona suprema del Mic, da Dario Franceschini in giù, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e “soprattutto”, si leggeva nella nota, la sottosegretaria Borgonzoni. E a quel punto spuntava retroattivamente un altro scoglio, a far gonfiare il mare e il pasticciaccio: l’intervista a Libero di due mesi fa, in cui Borgonzoni faceva intuire di non disdegnare un superamento della doppia firma del ministro per i procedimenti amministrativi (“per una maggiore tempestività nei provvedimenti amministrativi”, diceva Sbarigia, “è sufficiente dare, come faremo, più poteri al direttore Cinema per sbloccare la situazione, visto che oggi quasi tutto deve invece essere con controfirmato dal ministro”). E c’era chi, allora – al crocevia tra la questione Cinecittà e il caso della riforma del tax credit, in questi giorni alla ribalta anche sulla scia del caso Kaufmann, l’americano sedicente produttore accusato del doppio omicidio di Villa Pamphili – narrava di possibili reazioni a margine dell’incontro tra il ministero e i rappresentanti del settore audiovisivo.

 

            

 

Ma la tensione presunta era in fretta rientrata. E dunque si ripartiva dal via, ieri, mentre il ministro si recava a Cinecittà: chi succederà a Sbarigia? “Verrà fatto presto un nome adatto al ruolo”, dicevano in zona Mic. “Non abbiamo idea”, dicevano dalla Lega, partito che pure esprime la sottosegretaria e il ministro che, dal Mef, dovrà occuparsi della nomina. Si sussurrava, a sera, il nome del manager Giuseppe De Mita, figlio dell’ex leader dc Ciriaco, già consigliere in cda a Cinecittà nonché profilo attenzionato per il ruolo di amministratore delegato prima della nomina di Manuela Cacciamani. E insomma: a fine giornata emergeva anche, diceva un esperto, l’elemento “Cinecittà in ripresa con ritorno delle grandi produzioni” e un possibile ricasco parlamentare. Mentre infatti, in area Cinque stelle, il deputato Gaetano Amato chiedeva al ministro Giuli di andare “immediatamente in commissione a riferire” sulle dimissioni di Sbarigia, nella medesima Cinecittà, alla presenza del ministro, l’ad Cacciamani annunciava il raggiungimento di tutti gli obiettivi Pnrr per il 2025, con “completamento dei lavori di costruzione e ristrutturazione di quattro teatri di posa, la creazione di nuove strutture produttive e l’avanzamento in anticipo di tutti i lavori complessivi su nove teatri”. Calava la sera — e provvisoriamente il sipario — senza che spuntasse un identikit certo per la successione. 

 

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.