
magia fitto
Così il Pnrr cambia pelle nel silenzio assoluto della politica
La Commissione Ue approva la “strada verso il 2026” proposta da Fitto, uno dei documenti più importanti sul Next Generation Eu: una strepitosa cassetta degli attrezzi per aiutare gli stati a centrare gli obiettivi di spesa e a prolungare effetti, benefici e addirittura spese dei fondi Pnrr dopo il 2026
“La strada verso il 2026” è la comunicazione di chiusura del Next Generation Eu fatta il 4 giugno dalla Commissione Ue (su proposta del vicepresidente Fitto) a Consiglio e Parlamento europei. E’ passata piuttosto inosservata nel giorno dell’approvazione di Bruxelles alla quinta revisione del Pnrr italiano (107 modifiche), ma è uno dei documenti più importanti che siano stati scritti a Bruxelles sul Piano europeo. Non perché ribadisce rigidamente le scadenze fondamentali per la chiusura del Piano (31 agosto 2026 per il raggiungimento di target e milestones, 30 settembre per la richiesta dei pagamenti alla Ue, 31 dicembre pagamenti della Ue agli Stati).
Non perché rivendica i successi europei del Piano Ngeu e del Rrf (Recovery and Resilience Facility) in termini di capacità di “accrescere la qualità delle istituzioni degli Stati membri”, di rafforzare il quadro economico (1,4 punti di Pil aggiuntivi nel 2026) e “migliorare il contesto imprenditoriale” a base di riforme pro-concorrenza (tutti argomenti che saranno utili nel dibattito politico sul dopo-2026). Ma perché offre una strepitosa cassetta degli attrezzi per aiutare gli stati a centrare gli obiettivi di spesa e a prolungare, senza clamori, effetti, benefici e addirittura spese dei fondi Pnrr dopo il 2026. Un capolavoro di diplomazia che solo un italiano esperto conoscitore dei meccanismi del Pnrr, dei fondi europei e delle semplificazioni italiane, come Raffaele Fitto, poteva inventarsi.
Il terzo paragrafo della comunicazione si chiama “Guida per gli stati membri verso il 2026” ed è dedicato ai piani di revisione che i singoli paesi dovrebbero presentare rapidamente per garantirsi una strada agevole verso la chiusura del proprio Pnrr. Il punto 3.2 elenca “otto possibili opzioni” da tenere presenti quando si rivede il Pnrr. A parte un paio di raccomandazioni già praticate e quasi scontate per compensare misure e investimenti non più implementabili (“incrementate le misure che stanno spendendo bene” o “assorbite i maggiori costi di misure già previste nel Piano”), già l’idea di tagliare la quota dei prestiti assegnati per compensare misure non più realizzabili è una raccomandazione politicamente molto hard (cui difficilmente i governi aderiranno per non farsi dire di aver fallito nell’uso delle risorse), mentre entra nel documento anche una flessibilità utilissima per il Terzo valico e tanti altri progetti infrastrutturali italiani: “Per progetti che si possono realizzare solo in parte – dice la raccomandazione – suddividete il tronco di progetto realizzabile nel Pnrr come ‘stand alone’ e continuate le parti di progetto non implementabili entro il 2026, finanziandole con altri fondi europei”.
Ci sono poi due possibilità, del tutto inedite, di ridurre la spesa prevista del Pnrr per agosto 2026 senza perdere i fondi: trasferire fino al 10 per cento dei fondi Pnrr al programma InvestEu per contribuire agli obiettivi della Strategic Technologies for Europe Platform (Sstep) e utilizzare i fondi Pnrr per iniezioni di capitale nelle banche nazionali di promozione degli investimenti, come la nostra Cdp, per finanziare attività e nuove politiche di investimento in priorità europee, come quelle definite dallo stesso Fitto nella riforma delle politiche di coesione (competitività, difesa, edilizia abitativa a prezzi accessibili, resilienza idrica, transizione energetica).
Le milestones “agevolate” per operazioni di questo tipo sarebbero: a) sottoscrizione dell’intero capitale versato da parte dello Stato membro; b) adozione di una politica di investimento rivista da parte della banca di promozione nazionale e indicazione di come sarà utilizzato il capitale aggiuntivo; c) ove necessario, l’entrata in vigore di tutte le modifiche legislative o di governance o di audit dell’istituzione.
Ma il capolavoro arriva con il punto che rende possibile al Rrf “sostenere la costituzione di uno strumento finanziario indipendente per incentivare investimenti privati”. Nella revisione si potrebbero inserire nuove milestones del Pnrr che non imporrebbero la spesa entro il 2026 dei fondi, ma un incastro che di fatto rinvierebbe la spesa concreta oltre la scadenza del 2026.
Il ministero competente, che ha fondi che non riesce a spendere entro il 2026, li affida a un soggetto indipendente – potrebbe essere ancora Cdp – che costituisce uno strumento finanziario o un veicolo societario per realizzare la stessa finalità (un certo numero di posti letto in studentati o un certo numero di abitazioni sociali o un tot di treni da acquistare). I finanziamenti vengono poi destinati tramite contratti di partenariato pubblico-privato o di concessione con soggetti privati che cofinanziano, realizzano e sottoscrivono accordi con gli utilizzatori di ultima istanza (Università per i posti letto). Nell’introdurre questo strumento finanziario, allo Stato membro viene richiesto di prendere una serie di impegni in premessa: dichiarare il “fallimento di mercato” per cui si vogliono utilizzare fondi pubblici, quantificare la relativa domanda di mercato, assicurare che il soggetto che coordina l’operazione sia indipendente dal governo e che la gestione finanziaria sia separata da quella dello Stato. La spesa concreta, poi, arriverà. Dopo il 2026.