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Una proposta

Un'idea contro le difficoltà di reclutamento delle Forze armate: arruolare anche gli immigrati

Vincenzo Camporini

Una soluzione già applicata in altri paesi (come gli Stati Uniti) e che vale la pena esaminare per ovviare alle preoccupazioni espresse dai vertici militari

Da tempo i vertici militari esprimono preoccupazioni per la consistenza numerica delle nostre Forze armate e per l’età media degli appartenenti, in progressiva crescita. Gli organici sono al momento fissati a 150.000 unità per le tre FF.AA. , in base alla legge 244/12 voluta dall’allora ministro amm. Di Paola, con una drastica riduzione rispetto ai 190.000 di quel momento. La diminuzione sarebbe però dovuta avvenire in modo del tutto indolore, con arruolamenti ridotti e con il naturale esodo per raggiungimento dei limiti di età: l’obiettivo era di conseguire il risultato entro il 2024.

Con il mutare del clima internazionale si prese atto che era necessario rivedere gli obiettivi e con la legge 119/22 da un lato venne esteso al 2034 il limite per conseguire gli obiettivi delle legge Di Paola, dall’altro si diede delega al governo per il reclutamento aggiuntivo di 10.000 unità e si apriva alla creazione di una riserva di altre 10.000, in particolare per varie professionalità di pregio. Come si può constatare si parla sempre di cifre dello stesso ordine di grandezza, mentre i vertici militari non mancano di far notare esigenze oggettivamente superiori, evidenziando che il tempo passa e l’età media degli addetti cresce, con buona pace dei requisiti minimi di efficienza fisica dei militari in servizio.

Una delle difficoltà strutturali risiede nel processo di reclutamento, che deve tener conto della demografia e del conseguente restringimento del bacino cui attingere: si assiste a una concorrenza assai vivace tra le singole Forze armate per attirare candidati a vai concorsi, concorrenza che peraltro coinvolge anche altri protagonisti, come i Carabinieri, la Guardia di Finanza, la Polizia di Stato. Se fino a qualche anno fa per ogni posto disponibile le domande erano in rapporto di 1 a 10, oggi siamo scesi intorno a 1 a  6. Il che praticamente esaurisce la possibilità di una seria selezione, atteso che normalmente molti di quei 6 fanno domande multiple e che quindi quelli che poi si presentano agli esami sono la metà di quelli che hanno avanzato la candidatura. Risultato finale è che ormai al termine dell’iter concorsuale raramente gli idonei sono sufficienti a coprire i posti disponibili. E questo vale per i volontari di truppa come per i sottufficiali, mentre è un po’ meno marcato per i concorsi per allievi ufficiali, anche perché il numero di posti a concorso è più ridotto.

Il problema non deve essere sottovalutato, anche perché le ultime vicende hanno in qualche modo sfatato la convinzione che ormai la tecnologia faccia premio sul numero: certamente questa ha fatto una straordinaria irruzione sul campo di battaglia, rivoluzionando dottrine di impiego e tattiche, ma ciò che avviene sul fronte ucraino e parzialmente anche su quello di Gaza, nonostante la sua peculiarità, ci dice inequivocabilmente che la massa non ha perso il valore che le attribuiva von Clausewitz, il che rimane vero nella fase del combattimento attivo, ma anche e forse soprattutto in quella successiva del controllo del territorio. 

Sono considerazioni queste che non valgono solo per il nostro paese, ma che si estendono a tutto l’occidente.  Le drammatiche vicende in atto hanno portato a un rovesciamento di queste tendenze, ma i tempi per un riequilibrio sono molto lunghi e comunque si scontrano con il progressivo restringimento dei bacini di reclutamento.

Ed è quest’ultimo il tema da esaminare per trovare soluzioni pragmaticamente percorribili. Una che vale la pena di esaminare, anche perché già applicata in altri paesi, come gli Usa, è quella di ammettere all’arruolamento immigrati con regolare permesso di soggiorno, anche se ancora non hanno ottenuto la cittadinanza, il cui conseguimento potrebbe essere anzi accelerato dopo un congruo periodo di servizio onorevole.

Ovviamente i requisiti per accedere ai concorsi dovrebbero essere accuratamente verificati, a partire dalla conoscenza della lingua, indispensabile per potere agire in un ambiente potenzialmente a rischio, come quello militare. L’idea può oggettivamente apparire rivoluzionaria, ma con un’attenta gestione, che deve riguardare anche la distribuzione all’interno dei reparti, che devono preventivamente essere preparati all’innovazione, la fattibilità potrebbe essere assicurata e comunque vale la pena di essere presa in considerazione.
 

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