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L'intervista

“Anche Trump ha capito i danni dei suoi dazi. Salvini? L'europeismo è l'unica via”. Parla Bergamini (FI)

Ruggiero Montenegro 

"E’ impensabile abbracciare una logica di rapporti bilaterali smontando la soggettività dell’Ue", dice la vice di Tajani e responsabile Esteri. "Meloni ambigua ? Dobbiamo fare tutto il possibile per avvicinare le parti e tenere l'occidente unito. Un rapporto strutturale tra Ppe e Conservatori è un obiettivo fondamentale

“Credo che Trump ora abbia ben chiaro quanto una guerra commerciale porti danno anche agli Stati Uniti. Il dato trimestrale sul pil del suo paese, con il segno meno, è lì a dimostrarlo”. E’ moderatamente ottimista Deborah Bergamini. La responsabile Esteri di Forza Italia parla al Foglio dopo l’ennesima giravolta del presidente americano. Dazi sospesi per l’Unione europea fino al 9 luglio. 

Onorevole, che idea si è fatta? Come dobbiamo prendere i nuovi sviluppi? “Per quanto ci riguarda, il governo italiano in questi mesi ha sempre tenuto la rotta, avendo ben in mente cosa fare”. Da una parte, spiega quindi Bergamini, la priorità è “tenere l’Occidente unito, perché ‘due Occidente’ non servono a nessuno, se non ai nostri nemici”. E dall’altro? “Bisogna tutelare le nostre aziende, cardini della tenuta sociale, e prendere contezza, però, anche dello squilibrio della bilancia commerciale che Trump lamenta. Sulla base di questo non abbiamo mai smesso di adoperarci per un negoziato tra Ue e Stati Uniti. Negli scorsi giorni, quando Trump mostrava segni di impazienza, il nostro ministro degli Esteri Tajani esprimeva comunque fiducia sulla trattativa. D’altronde, questa è una coalizione che nasce con la concezione fieramente e fermamente atlantista di Silvio Berlusconi”. 

Adesso inizia una nuova fase negoziale. Dalla Web tax all’Iva, gli Stati Uniti si aspettano qualche concessioni. Su quali leve può spingere l’Ue per arrivare a un risultato? “I temi sul tavolo sono tanti. L’America, per esempio, punta il dito contro certi sbilanciamenti di mercato europei, a favore della Cina, su alcuni beni: basti pensare alle forniture di pannelli solari. Se ne può parlare. Parallelamente, però, noi possiamo rilevare l’impatto anomalo delle big tech. E’ politica, ognuno mette in campo i propri rilievi”.  
Importante nell’ottenere la sospensione dei dazi è stata anche la telefonata tra la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e Trump. “La storia ci sta insegnando una cosa. E’ impensabile abbracciare una logica di rapporti bilaterali smontando la soggettività dell’Ue. Che però va sviluppata, in coordinamento con gli stati e non a loro discapito. E non c’è occasione migliore di questa per farlo”. Non tutti nella maggioranza sembrano pensarla così. Matteo Salvini continua a sostenere – con la solita retorica anti europea –  che Bruxelles non sia in grado di portare avanti la trattativa. “Quanto al centrodestra – dice Bergamini – ognuno ha il proprio messaggio. Ciò che conta è la sintesi, che vede un esecutivo pienamente incardinato e protagonista nel contesto europeo. Per noi di FI non c’è altra strada”. 

In questo quadro Giorgia Meloni sta cercando di avere una posizione di mediazione tra Trump e l’Europa. Anche a costo di sembrare ambigua. Di fronte all’imprevedibilità del presidente americano, quale deve essere il ruolo del governo? “Fare tutto il possibile per avvicinare le parti. Il commissario europeo al Commercio Sefcovic l’aveva detto: chi ha buoni uffici con l’amministrazione americana li utilizzi per il bene dell’Ue. Noi lo stiamo facendo, con l’impegno diretto sia della premier sia del ministro Tajani”. 

Passiamo alla politica europea. Con il passare dei mesi Popolari e Conservatori stanno trovando punti comuni a Bruxelles, dai migranti al Green deal E’ la base per un’intesa sempre più strutturale tra le due famiglie? “E’ un obiettivo fondamentale”, risponde Bergamini. “Se vogliamo il cambiamento dell’Europa, non possiamo adagiarci su compromessi di emergenza con i socialisti. Abbiamo visto invece quanto il lavoro tra popolari e conservatori porti a risultati. Basti vedere l’elezione a vicepresidente della Commissione di Raffaele Fitto, resa possibile grazie all’impegno di FI che ha creato una ‘diga popolare’ a sua difesa, attraverso il leader del Ppe Manfred Weber”. 

In questa prospettiva, e considerando anche i buoni rapporti tra Meloni e von der Leyen, un ingresso di FdI nei popolari è fanta politica? Dopotutto la stessa premier un tempo era iscritta al Pdl. “L’epilogo del Pdl è una lezione dolorosa, che ci ricorda come le identità vadano maneggiate con cura”. Ci spieghi meglio. “Mi pare che le differenze siano evidenti: si pensi per esempio al posizionamento di ognuno alla vigilia del recente voto presidenziale in Romania. Quindi la priorità è collaborare, ciascuno con le proprie sensibilità, per raggiungere obiettivi comuni: un’Ue che sostenga le imprese, sviluppi il mercato unico, contrasti l’immigrazione clandestina e – conclude Bergamini –  sappia intervenire da protagonista negli scenari di crisi”.