(foto Ansa)

Il caso

Quel taxi di Bruxelles. Settantasei eurodeputati e una tentazione: mollare l'Ue per tornare in Italia

Pietro Guastamacchia

A fine legislatura generalmente ogni delegazione ha perso per strada quasi un terzo dei suoi membri. E anche questo quinquennio promette di non deludere, con le prossime regionali che saranno l’occasione per i primi addii: da Decaro a Ricci per il Pd, fino a Moratti, Fidanza e Sardone a destra

Bruxelles. Settantasei eurodeputati italiani con testa a Bruxelles ma occhi e cuore in Italia. Qualcuno, per parafrasare il vivaio calcistico più famoso d’Europa, la chiama la “cantera di Strasburgo”. Una lunga panchina di nomi pronti a scendere in campo che i partiti italiani si preparano a utilizzare. A fine legislatura, infatti, generalmente ogni delegazione ha perso per strada quasi un terzo dei suoi membri, tra chi si è candidato altrove e chi ha cambiato casacca. E anche questo quinquennio promette di non deludere, con le prossime regionali che saranno l’occasione per i primi addii. I nomi più noti tra quelli che già fanno le valigie sono i dem Matteo Ricci e Antonio Decaro: i due eurodeputati Pd sono infatti già proiettati verso la sfida alle regionali nelle Marche e in Puglia. Decaro, per preparare le cose, ha già fatto da cicerone per un pomeriggio intero tra i corridoi dell’Eurocamera a Georgia Tramacere, la prima dei non eletti nel collegio dell’Italia meridionale, che scatterà dopo la sua, ormai quasi certa, rinuncia. Ma la sfida pugliese potrebbe attirare anche un altro eurodeputato: circola a Bruxelles infatti il nome del meloniano Francesco Ventola come possibile sfidante di Decaro. Ruolo però poco ambito, in quanto la partita è data già quasi per persa.

 

Occhi puntati anche sul gran match del Veneto, in cui ancora non è chiara la sorte del doge Zaia. Nonostante i no comment secchi dagli uffici leghisti, tra gli alleati qualcosa si muove. Puntare alla poltrona di governatore è infatti un’idea che non dispiace alla meloniana Elena Donazzan, ma un altro nome dell’Eurocamera da non sottovalutare è quello di Flavio Tosi, l’ex leghista ora in Forza Italia, già sindaco di Verona e da poco eletto europarlamentare ma con qualche conto in sospeso con il suo ex partito.

 

Molti sogni infranti, invece, sulla regione Campania. La candidatura del forzista Fulvio Martusciello si è infatti insabbiata nei presunti problemi giudiziari a Bruxelles, legati allo scandalo Huawei, che lo hanno spinto, sotto richiesta di Tajani, al passo indietro. Al posto di governatore della Campania punterebbe anche il dem Sandro Ruotolo, ma al momento, anche in casa Pd, i rumors lo danno in permanenza a Bruxelles, vista la volontà del Nazareno di far convergere gli sforzi verso il candidato unitario Roberto Fico.

 

Più lontana la partita del Friuli Venezia Giulia, che in questi giorni sta inquietando la maggioranza, e anche qui, a Bruxelles, qualcosa si muove. Se non dovesse più essere possibile la candidatura del leghista Fedriga – scenario contro cui la Lega prepara le barricate – dai corridoi dell’Eurocamera si parla di un ingresso in partita dell’eurodeputato meloniano Alessandro Ciriani. Fratello d’Italia a tutti gli effetti, il pordenonese è infatti il fratello di Luca Ciriani, oggi ministro per i Rapporti con il Parlamento nel governo Meloni. Lontana, ma neanche poi così tanto, la sfida per Palazzo Marino. E qui, di potenziali candidati al Parlamento europeo, ce ne sono quattro. Per risolvere il problema del dopo Sala, nel Pd milanese più di uno vorrebbe spingere Irene Tinagli a candidarsi a sindaco di Milano, ma per ora l’ex presidente della commissione Economia dell’Eurocamera ha negato la sua disponibilità. A destra dell’emiciclo di Strasburgo, invece, pesano i nomi di Moratti, Fidanza e Sardone.

 

Letizia Moratti, una rivincita la vorrebbe. Già sindaco e ministro forzista, potrebbe essere la scelta più ovvia per puntare al voto cattolico moderato. L’ipotesi Fidanza rappresenta invece l’Opa di Fratelli d’Italia su Milano, con relativa sostituzione (etnica?) della classe dirigente leghista con la nuova destra meloniana. E poi c’è l’ipotesi Sardone, che al Foglio giura di essere fuori dalla partita per Palazzo Marino, ma aggiunge che “mentirebbe se dicesse che essere sindaco della città non è un suo sogno”. Radicata, combattiva e in forte ascesa, ha accolto con orgoglio l’arrivo del termine “sardonizzazione”, creato in teoria per screditare la svolta a destra del suo partito. Dice che Trump è l’esempio vincente e “vuole fare la Rudy Giuliani di Milano”, scherzano dal suo partito. Non è detto che non le riesca.
E poi c’è il Movimento 5 Stelle, che con Pasquale Tridico e Giuseppe Antoci ha due candidati fatti e finiti da giocarsi in Calabria e Sicilia. Fonti pentastellate però smentiscono seccamente: “Abbiamo regole interne chiare, i mandati elettivi vanno finiti”. Niente fuga anticipata da Bruxelles, dunque, per gli uomini di Conte. Salvo che non cambino le regole — e non sarebbe la prima volta.

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