(foto Ansa)

Notte della ragione

L'attentato di Washington, l'antisemitismo, l'ambiguità, i partiti. Parla Pina Picierno

Marianna Rizzini

La vicepresidente del Parlamento europeo denuncia la mancata assunzione di responsabilità di chi ricopre cariche pubbliche rispetto al discorso d'odio, e le minacce sul web a chi cerca di elevare il dibattito

Uno sparo nella notte di Washington, due giovani funzionari dell’ambasciata israeliana uccisi al grido di “Palestina libera”, il tema dell’antisemitismo strisciante che si impone non soltanto oltreoceano, ma anche nell’Europa che si pensava immune dai rigurgiti di intolleranza. I partiti guardano sgomenti, a destra come a sinistra. Ma il problema resta e riporta alle eventuali responsabilità  – quantomeno del silenzio – di forze politiche, istituzioni, scuola, famiglie, in un panorama di non-condanna di alcune espressioni verbalmente violente, a partire dagli striscioni visti nelle piazze. Ne parliamo con Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo ed europarlamentare pd che da tempo denuncia, e per questo da tempo riceve insulti e minacce sul web. “Che l’antisemitismo fosse in crescita esponenziale”, dice Picierno al Foglio, “lo sapevamo tutti, e quello che è accaduto a Washington mi pare la conseguenza di un clima infame che tende a confondere le responsabilità innegabili di Benjamin Netanyahu con il pensiero di tutti gli israeliani e, arrivo a dire, di tutti gli ebrei. Bisogna riconoscere intanto questo aspetto, anche se l’atto di distinguere, in un dibattito così radicalizzato, costa fatica. I miei social sono invasi di gente che mi dice ‘sionista bastarda’ ”. Una sorta di riflesso pavloviano deteriore. “Vengo insultata perché mi prendo la responsabilità di ragionare, compito di tutte le classi dirigenti”. Non c’è più, nei partiti, la volontà di orientare il dibattito pubblico? “Siamo lontani anni luce dalla lezione di Giorgio Napolitano sull’antisionismo come altra faccia dell’antisemitismo; lontani anni luce da quella consapevolezza. Una consapevolezza che non toglierebbe nulla al riconoscimento del diritto internazionale e delle responsabilità terribili di Netanyahu, che non ho problemi a chiamare crimini di guerra. Ma se provi a sviluppare un ragionamento più profondo che distingua l’uno dagli altri, subito sei accusato di essere complice”. Basta ascoltare alcuni slogan nelle piazze, nei cortei, nelle università.

 

Siamo a un livello di inquinamento del dibattito pubblico preoccupante”, dice Picierno, “siamo all’aberrazione: ogni persona ebrea può essere automaticamente sovrapposta alle azioni del governo israeliano. Né si può neanche parlare di Yair Golan, sionista di sinistra e leader politico che si oppone a Netanyahu. Se provi a elevare il dibattito, subito c’è chi cerca di zittirti”. In Italia si fa spesso fatica a farlo, anche per via delle divergenze di opinioni con gli alleati. “Certamente c’è un tema di ambiguità a sinistra, ma non solo a sinistra. Anzi. Nessuno si è assunto la responsabilità pubblica di inserire in questo dibattito così polarizzato la fatica del ragionamento. A me spesso dicono: ma chi te lo fa fare? La risposta è: io continuo a credere nella democrazia, nelle regole che ci siamo dati. Se non ci mettiamo in un perimetro di riconoscimento reciproco, pur nelle differenze, alimentiamo una furia ideologica che produce solo odio”. I due innocenti uccisi in quanto israeliani ed ebrei parlano anche all’Europa. “Un atto terribile, come terribile mi sembra il cartello apparso in un negozio di Milano, quello con sopra scritto ‘gli israeliani non sono benvenuti’. Oggi è in ballo uno dei pilastri del nostro stato di diritto, la possibilità che riconosciamo alle persone di vivere in sicurezza e tranquillità. Siamo arrivati al punto che un cittadino di qualsiasi nazionalità, se ebreo, si sente oggettivamente esposto e in pericolo”. Dalle scuole di Roma giunge intanto notizia di ragazzi che prendono in giro pesantemente altri ragazzi con cognome ebreo, e se glielo fai notare dicono “ma io scherzavo”. “Ecco, noto nel dibattito pubblico un balzo indietro davvero allarmante”, dice Picierno: “Quando si parla di Israele – unico caso al mondo – le colpe dell’uno ricadono su tutti, nonostante una parte della società civile israeliana sia scesa in piazza il 7 e l’8 maggio a Gerusalemme, per contestare il governo e chiedere la pace per Gaza, assumendosi anche il rischio di essere zittita. E’ ora di dare forza e credibilità alle forze progressiste e democratiche che si oppongono dall’interno a Netanyahu”. Il tragico fatto di Washington poteva capitare ovunque, questa è la sensazione. “Sì, anche per questo sono preoccupata. Quando si rifiuta il confronto, tutte le vacche diventano nere e si entra nella notte della ragione”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.