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A palazzo Chigi

Fedriga vede Meloni, prove di tregua in Friuli. La mezza apertura sul terzo mandato e il nodo sanità

Ruggiero Montenegro

Dopo le turbolenze nella sua giunta il governatore incontra la premier: "Rilanciare l'azione amministrative in regione". Oggi riunione di maggioranza, il rimpasto non è tabù. La crisi rientra ma fino a ottobre nulla può essere escluso

Prove di tregua. “Io e Meloni siamo d’accordo”.  Intorno alle 14, sorridente dopo giorni tesi, il presidente Massimiliano Fedriga esce da Palazzo Chigi. Si mette in posa per una foto con alcuni concittadini di passaggio. Ha appena incontrato la premier. Un’oretta per riportare dentro i binari la crisi della giunta friulana, che rischiava – rischia? – di far ballare la maggioranza ben oltre i confini regionali. E ribadire la volontà comune, spiega il governatore, di rilanciare l’azione amministrativa della regione. Di terzo mandato ufficialmente non si è parlato, ma Fedriga avrebbe ottenuto una mezza apertura: se ne può discutere. Restano però in sospeso alcuni nodi: le mire di FdI in regione, la sanità, e quelle più ampie nel nord. E poi, ricordano dal Friuli, fino agli inizi di ottobre tutto può  accadere.


Sarebbe l’extrema ratio, l’arma nucleare, che nessuno vorrebbe adoperare. Ma la legge elettorale del Friuli permetterebbe a Fedriga di candidarsi ancora nel caso in cui la legislatura  attuale, la seconda da governatore, finisse prima di due anni e mezzo. Il presidente è stato rieletto il 3 aprile 2023, proclamato 4 giorni dopo. Fino a ottobre, se le caute aperture dei meloniani si rivelassero un bluff, di tempo ce n’è ancora. “La volontà sia mia che di Meloni è di ricomporre e rilanciare l’azione dell’amministrazione regionale. Convocherò una riunione di maggioranza per arrivare a una soluzione”, ha detto ieri il leghista che oggi ha in programma una riunione con i segretari regionali di maggioranza, per fare il punto e sottoscrivere un documento programmatico. Anche un rimpasto non è un tabù. E’ quello che probabilmente auspicano i meloniani in Friuli, che puntano la sanità. D’altra parte le dure parole del ministro Luca Ciriani sull’ospedale “fantasma” di Pordenone erano suonate subito molto più che una semplice critica, e ancora più forte era stata la reazione con 7 assessori che hanno rimesso le deleghe. 

 

Fedriga  ha mandato segnali proprio sulla sanità: ha parlato di “passi in avanti sul decreto liste d’attesa”,  di un incontro settimana prossima con il ministro della Salute Schillaci per formalizzare il testo “dal punto di vista tecnico”. Con la premier – con cui Fedriga ha ottimi rapporti personali – “abbiamo parlato del Piano sanitario nazionale che scriveremo insieme”.  Segnali di distensione, mentre sul territorio la temperatura continuava a salire. Ieri mattina, per dire, proprio alla vigilia dell’incontro tra Fedriga e Meloni, l’altro Ciriani, Alessandro, il fratello del ministro, oggi europarlamentare e ieri sindaco di Pordenone, diceva: “Da amico più che da alleato gli consiglio di fare un giro tra i medici pordenonesi, da solo e senza mediatori, per ascoltare quali sono i problemi. Sarà contento, perché potrà risolverli”, la stoccata consegnata al Messaggero Veneto. “Lo invito a cambiare metodo”. E ancora: “Non è il nostro obiettivo, ma se Fedriga decidesse di affidarci la sanità, siamo disponibili”. 

 

La battaglia invece, sempre stando alle versioni ufficiali, non avrebbe nulla che a fare con il terzo mandato. Lo stesso Fedriga ha voluto specificare di non averne parlato con Meloni. Ma subito dopo ha rilanciato: “Sono sempre favorevole quando scelgono i cittadini. Per quanto mi riguarda, la limitazione dei mandati è data dalla volontà popolare”. Difficile insomma che l’argomento non sia stato affrontato nemmeno alla lontana. D’altra parte sempre Fedriga, qualche giorno fa, aveva annunciato un documento unitario della Conferenza delle regioni, per chiedere al governo un approfondimento sul tema, dopo l’impugnazione della legge della provincia di Trento che avrebbe permesso al leghista Maurizio Fugatti di correre per il tris (nel frattempo a farne le spese è stata Francesca Gerosa, meloniana, rimossa dalla carica di vicepresidente per ritorsione). 

Il governatore friulano, nel frattempo, dice che “deciderà la Consulta”. Ed è a quella sentenza, quando arriverà, che hanno fatto riferimento anche meloniani di alto rango – da Lollobrigida a Donzelli – dichiarando nei giorni scorsi che di terzo mandato “si può parlare”. Ma senza fretta e senza eccezioni ad personam.  Serve una legge nazionale e se ne discuterà solo quando il quadro sarà chiaro. Il tema è insomma destinato  a tornare, anche perché da qui passano i calcoli e gli obiettivi, di FdI: governare una regione del nord. A farne le spese sarebbe inevitabilmente la Lega, e questo spiegherebbe almeno in parte le turbolenze degli ultimi giorni.

 A fine giornata comunque la sensazione è che la prova di forza tentata da Fedriga e dai suoi sia stata smorzata. Una tregua, quanto sincera e duratura si vedrà. Mentre resta aperta la partita sulla sanità del Friuli. Dopo l’estate, se le interviste al veleno continueranno nulla può essere escluso. Dipenderà anche dalle scelte della maggioranza tra Veneto e Lombardia. A Fedriga, però, resta sempre l’arma nucleare.
 

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