Il caso

Meloni non crede alla crisi di Fedriga e a colpi di no al terzo mandato marcia sul Nord

Simone Canettieri

Il governo si spacca sul ricorso alla Consulta contro la legge della provincia di Trento: la Lega vota contro. Giovedì il faccia a faccia tra la premier e il governatore 

Strappo io che strappi tu: alla fine Giorgia Meloni ha impugnato la legge sul terzo mandato della provincia di Trento (a guida leghista) per dimostrare di non essere intimorita dalla  crisi di giunta messa su da Massimiliano Fedriga, governatore leghista del Friuli Venezia Giulia interessato dal ricorso, in quanto a capo anche lui – come il trentino  Maurizio Fugatti – di un ente a statuto speciale. La premier avrebbe dovuto incontrare Fedriga, con il quale ha un rapporto personale da tempo, oggi a Venezia ma – causa febbre – ha annullato tutti gli appuntamenti in agenda fino a giovedì. Quando il governatore scenderà a Roma per un confronto politico. Nel frattempo ieri in Consiglio dei ministri si è consumato un fatto politico: la Lega con Matteo Salvini ha votato contro l’impugnazione della legge di Trento. Un no fatto mettere a verbale in onore del mito autonomista calpestato, come ha spiegato il ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli.  

 

Insomma la delegazione del Carroccio ha puntato i piedi e ha strappato per dare copertura politica alla battaglia di Fugatti e soprattutto di Fedriga (dettaglio simpatico: al contrario ha votato sì il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, sulla carta tecnico d’area leghista). Vicenda molto locale che si può inquadrare nell’assalto di Fratelli d’Italia al Nord: dopo aver detto no al quarto mandato in Veneto a Luca Zaia, adesso tocca alle altre regioni. Questione di rapporti di forza interni. Anche se dal partito di Meloni sono convinti che alla fine tutto rientrerà e che Fedriga non farà cadere la giunta due anni e mezzo prima del tempo (tecnicamente se venisse sfiduciato potrebbe ricandidarsi). Dentro Fratelli d’Italia la chiamano “tempesta in un bicchiere d’acqua”. Lo sparo di Sarajevo è arrivato dal cauto Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il Parlamento, originario di Pordenone dove il fratello Alessandro ha fatto il sindaco prima di diventare europarlamentare per la Fiamma. Ciriani ha criticato la regione per l’ospedale di Pordenone, i cui lavori per l’inaugurazione vanno a rilento, e, pum, ecco la crisi. Con gli assessori leghisti che consegnano le deleghe al presidente, accompagnati anche da Forza Italia che esprime l’assessore alla Sanità. Tuttavia ieri in Consiglio dei ministri dopo il parere contrario di Calderoli all’impugnazione della legge di Trento (nel caso in prospettiva è coinvolta anche la Valle d’Aosta), per Forza Italia Elisabetta Casellati ha dato parere favorevole. L’ultima parola del capodelegazione di FdI, Francesco Lollobrigida, che ha ribattuto a Calderoli spiegando che dopo il parere della Consulta ci sarà il tempo di prendere una decisione politica della maggioranza in un quadro unitario. Salvini ha annunciato il voto contrario, senza evitare di calcare troppo la mano con dichiarazioni al vetriolo. Una difesa d’ufficio a Fedriga o forse la consapevolezza di un destino ineluttabile.

Di più su questi argomenti:
  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.