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Monnezza sì, ma come?

Dilemma dem sui termovalorizzatori. Tranne che a Roma, il Pd dice no (i casi da Nord a Sud)

Marianna Rizzini

Il Partito democratico diviso sul termovalorizzatore: il comune procede con l’impianto di Santa Palomba, ma altrove crescono i no, da Genova a Lodi, passando per Sicilia e Umbria. La linea nazionale è incerta, tra pressioni europee e l'alleanza con M5s e Avs.

Dici “termovalorizzatore” e nel Pd le facce si scuriscono, sospese tra il dubbio e la contrarietà, fatta eccezione per la Roma governata dal sindaco dem Roberto Gualtieri, arrivato infine (e per fortuna), nonostante i ricorsi al Tar, alla fase di avvio lavori per l’impianto di Santa Palomba (non senza lamenti in provincia, a partire da Pomezia). Ma, fuori dal raccordo, la questione della gestione rifiuti non soltanto non è risolta, senza differenza tra Nord e Sud, anche per via del problema che grava in capo alla segretaria dem Elly Schlein (della serie: come affrontare il tema economico-energetico senza perdere per strada M5s e Avs?), ma rischia di allontanare il Partito democratico da una parte della sinistra continentale (vedi Keir Starmer in Gran Bretagna, e non soltanto sul nucleare). E non si cerca neanche di minimizzare i niet. Ecco infatti Silvia Salis, candidata sindaca di Genova ed esponente della società civile sotto le insegne Pd e M5s: Salis non nasconde la sua contrarietà al termovalorizzatore di Scarpino, di cui già mesi fa diceva: “Non si può pensare a un’opera sovradimensionata e inquinante, quando tutti i movimenti di sensibilizzazione culturale sulla raccolta dei rifiuti non sono stati minimamente ascoltati”. Oggi il centrodestra la attacca, sottolineando la dicotomia con la posizione dem a Roma, e accusando la candidata di volersi accodare ai Cinque Stelle, ma Salis insiste: “Partiamo da un dato molto importante: Genova è agli ultimi posti in Italia per la raccolta differenziata, vuol dire che non è stato investito assolutamente niente per accompagnare la popolazione a un’attività che genera valore, genera lavoro e alleggerisce la situazione dei rifiuti nella nostra città”. Come dire: non è del termovalorizzatore che abbiamo bisogno. E in Umbria, a fine 2024, la neopresidente dem della Regione Stefania Proietti ribadiva il suo no “all’ennesimo” inceneritore, mentre il Pd locale parlava di “opera inutile e costosa” rispetto al progetto della precedente giunta di destra. Dice un parlamentare dem: “L’Europa ci chiede di superare le discariche o portarle al massimo al 10 per cento, e oggi siamo al 18 per cento. Da qualche parte i rifiuti che non possono essere trattati o differenziati devono finire. Si cerca di farlo con le tecnologie più avanzate. In Lombardia, per esempio, con il termovalorizzatore si riesce a fare il teleriscaldamento di interi quartieri. A Livorno invece dovrebbero chiuderlo e aprire nella stessa area un impianto di ossicombustione”.  In Umbria, intanto, ha detto Proietti, la nuova frontiera dem sono le “tre r: riciclare, riutilizzare, ridurre alla fonte i rifiuti”.

E insomma: la Roma di Gualtieri fa caso a sé, in una regione governata dal centrodestra. Altrove, dove il Pd non governa la regione, per esempio in Sicilia, l’opposizione al termovalorizzatore si dispiega con ancora più virulenza. Nell’isola, infatti, i dem hanno presentato vari ricorsi contro i termovalorizzatori e lo scorso anno, prima delle Europee, il segretario regionale del Pd siciliano Anthony Barbagallo ha fatto sentire a gran voce le “moltissime perplessità” sulla scelta in sé e sui costi “economici e ambientali” del nuovo termovalorizzatore. E se in alcune regioni rosse i termovalorizzatori sono realtà da tempo, dalla Toscana all’Emilia Romagna, in Campania, ad Acerra, il Pd locale, nel 2023, si è detto chiaramente contrario alla quarta linea dell’inceneritore. Non fa eccezione il nord. A Lodi la consigliera regionale dem Roberta Vallacchi ha ribadito il no all’ampliamento dell’inceneritore di Castiraga Vidardo per rifiuti speciali e pericolosi al grido di “il Lodigiano non può essere usato come terra di smaltimento”. Stessa cosa presso il Pd di Bergamo, sulla scia del parere negativo di 242 amministratori locali: per il segretario provinciale dem Gabriele Giudici l’inceneritore di Montello “aggraverebbe il carico di rifiuti bruciati sul territorio”: “Si inserisce in una zona già delicata”, dice, “e in una regione già fortemente compromessa sotto il profilo ambientale: in Lombardia è attivo un terzo di tutti i termovalorizzatori italiani, si peggiorerebbe la qualità dell’aria”. Anche ad Asti è tranchant il no della segretaria locale dem Elena Accossato: “Riteniamo che la vocazione di Asti non sia quella di diventare la pattumiera del Piemonte”. 
 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.