
Il caso
Meloni e il ritorno a San Pietro: la premier vedrà Merz, diplomazia in campo per gli altri leader
Dopo i funerali di Francesco, domenica l'intronizzazione di Leone XIV. L'occasione per la presidente del Consiglio per scacciare le polemiche dopo l'assenza a Kyiv. Attesa per l'arrivo di Zelensky
Ritorno a San Pietro. Rispettosa del momento e senza volerlo caricare di eccessivi significati extraspirituali, Giorgia Meloni guarda all’intronizzazione di Leone XIV. Appuntamento domenica – ore 10 – a San Pietro. Come accaduto per i funerali di Francesco, seppur in forma ridotta, sono attese le delegazioni dei capi di stato e di governo da tutto il mondo. E quindi nei famosi “a margine” della cerimonia (diventati anche foto storiche) si giocherà un’altra partita parallela, forse. Composta, ma puntuale: quella della diplomazia. Si sa già, per esempio, che per l’occasione il cancelliere tedesco Friedrich Merz sarà a Roma e incontrerà, per la prima volta, la presidente del Consiglio. Per l’America ecco al posto di Donald Trump il suo vice J. D. Vance. E’ una settimana fondamentale per la guerra in Ucraina, il Papa lo ha chiamato ieri, lui lo ha invitato a Kyiv: la presenza di Zelensky domenica è data come più che possibile.
Sabato scorso un treno di leader europei è andato in Ucraina, senza Meloni, rimasta a casa e poi collegatasi da remoto.
Domenica prossima, anche se non sarà la stessa cosa certo, la premier potrebbe recuperare – in un’ottica fotocratica – una posizione centrale o meno defilata rispetto a quella delle ultime 72 ore. Se vorrà, se ci riuscirà, se capiterà l’occasione. Le variabili, quando mancano sei giorni, sono ancora troppe, perfino difficili da mettere in fila. Guai a condividere questi pensieri maliziosi a Palazzo Chigi perché, altrimenti, scatta l’allarme: vale la risposta giù offerta per le esequie di Francesco dello scorso 26 aprile. Cioè: domenica si penserà solo al Papa. Stop. E’ anche vero però che le immagini del faccia a faccia fra Zelensky e Trump dentro la basilica di San Pietro passeranno alla storia, così come alla cronaca è finita, con una certa potenza e un’accezione polemica, l’immagine dei leader di Francia, Gran Bretagna, Usa e Ucraina sempre in chiesa. E no, nemmeno in quella occasione, c’era Meloni.
Sono discorsi che nelle stanze del governo si rifiutano di fare, ufficialmente. Tuttavia da oggi si rimette tutto in moto per la macchina organizzativa e diplomatica di quello che sarà un evento mondiale come l’intronizzazione di papa Leone XIV con oltre 250 mila fedeli attesi all’ombra del colonnato del Bernini.
In attesa di capire chi ci sarà, e anche di conseguenza come muoversi, ieri nel corso del vertice Italia-Grecia, la presidente del Consiglio è tornata ad auspicare “una pace giusta e duratura che non può prescindere da garanzie di sicurezza efficaci per Kyiv” spronando a a questo punto, ancora di più, la Russia. Visto dall’opposizione, il governo appare fuori fuoco rispetto a questo scenario. Ed è facile che al premier time di domani a Montecitorio Pd, M5s, Avs, Iv e perfino Azione cercheranno di inchiodarlo su questo argomento. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani da Verona, alle prese con la preparazione con un evento per la ricostruzione dell’Ucraina, è tornato a prendersela con Mosca per il mancato cessate il fuoco. Con due annunci: è in arrivo l’undicesimo pacchetto di aiuti militari a Zelensky, ma anche nuove sanzioni a Putin qualora non rispettasse i patti. Prima della città scaligera Tajani ha partecipato in mattinata a Londra alla riunione dei 6 big europei, radunatisi nel formato Weimer+. Poi quando se n’è andato è partita la telefonata all’omologo ucraino Andrii Sybiha, in cui non è stato coinvolto al contrario di Francia, Germania, Regno Unito, Polonia, Usa e Ue. Segnali forse casualità. A cui si aggiunge la situazione in medio oriente, sempre più esplosiva, con l’Italia che non ha ancora pronunciato parole chiare, al di là della direzione, sul piano di Israele. Se non riporre molta “speranza” nella missione di Trump, auspicando un cessate il fuoco. Roma – sembra, forse è un’illusione ottica – lontana dai centri di decisione. Perfino Matteo Salvini si tiene alla larga, forse con sapiente malizia, da questi dossier. Ormai ha cambiato fase politica, dice. Si occupa di treni e aerei (di ieri una nuova delibera dell’Enac permette il trasporto in cabina di animali domestici sopra ai dieci chili purché stiano in trasportini omologati). Non sa se domenica sarà all’intronizzazione di Leone XIV, già “salutato” da lontano e non personalmente con Marine Le Pen, due giorni fa in piazza San Pietro. Con la leader di Rassemblement national ha concordato, dopo un pranzo su una terrazza con vista piazza Navona, di organizzare un’iniziativa del gruppo dei Patrioti a Parigi l’8 e il 9 giugno. Ma allo stesso tempo ha messo da parte il viaggio negli Usa previsto per fine mese: non ci sarà. Niente incontro con Vance e con il suo omologo ai trasporti, il segretario Sean Patrick Duffy (al contrario vengono date per certe le missioni in Cina e in Giappone in estate).
Salvini a differenza del passato sembra non tentare di scavalcare Meloni sulla politica estera, forse consapevole di quanto sia complicata in questo momento la posizione dell’Italia dal punto di vista dell’iniziativa sui due fronti di guerra. Anche i rapporti con Papa Leone XIV sono delegati da Salvini al presidente della Camera Lorenzo Fontana, senza fretta di incontrarlo, senza forzature né pressioni. Il rischio che Meloni si avviti su se stessa nella geopolitica viene percepito da Via Bellerio, quartiere generale della Lega, come un elemento possibile. Ecco perché nel dubbio Salvini aspetta, dosa le parole, pensa ai treni e agli animali domestici di taglia grande da far salire sugli aerei.