
L'intervista
Parla Attilio Fontana: "L'abuso d'ufficio? Serviva solo a sputtanare. La Lombardia resti alla Lega. Roma non ci ama"
"La sinistra difendeva il reato perché incapace di vincere con il merito. La classe dirigente della Lega, in Lombardia, è superiore a quella di FdI. Guidesi? Può essere il mio successore". Parla il governatore leghista, Fontana
Roma. “Sa cosa mi ricordo? Mi ricordo le volte che veniva la Guardia di Finanza, a casa, alle sei di mattina, ricordo il sequestro del cellulare, le prime pagine dei giornali”. Titolavano: “Abuso d’ufficio per il governatore lombardo. Indagato Attilio Fontana”. E poi? “E poi il fatto non sussisteva, solo che la macchia rimane. Sembra che per strada tutti ti guardino e dicano: eccolo, il mascalzone”.
Fontana, governatore della Lombardia, leghista, ex sindaco di Varese, si ricorda. Ricorda quando lo indagavano per abuso d’ufficio, reato che il governo ha abrogato, ricorda quando lo hanno accusato di omicidio colposo per il caso Covid, e ancora per rifiuto di atti d’ufficio, tutto finito nel grande cestino della giustizia. Gli chiediamo quante volte sia stato indagato e Fontana risponde “due, una da sindaco di Varese, un’altra da governatore. Dico due perché due sono quelle che conosco”. La Consulta ha stabilito che è costituzionale, come ha deciso il governo, abrogare il reato d’abuso d’ufficio, reato che, pensa Fontana, ha “falcidiato una classe dirigente, umiliato, sporcato amministratori seri e preparati. Molti hanno rinunciato, altri sono rimasti, pagando un prezzo altissimo”. Lei quanto ha atteso prima dell’archiviazione? “Da governatore devo dire che la giustizia è stata veloce. Ho atteso un anno e mezzo per un reato che comprendeva tutto e il contrario di tutto. Vede, il reato di abuso d’ufficio era un reato che nel novanta per cento dei casi non ha portato a nessun risultato, se non quello di sputtanare amministratori di piccoli paesi, padri di famiglia, gente semplice, sì, perbene, che non avrebbe mai meritato di finire in televisione”.
Fontana racconta che oltre al tempo perso, in caserma, con i magistrati, c’è anche il tempo perso a decidere “se querelare o meno. Se non mi difendevo sembrava quasi che accettassi le accuse, ma se decidevo di querelare dovevo mettere in conto che avrei perso altro tempo in ulteriori processi”. Quando veniva archiviato i giornali davano la notizia? “Certo, la davano. Per carità. Trafiletti, al solito. Ma secondo lei la gente ha il tempo di leggersi il trafiletto? Conta il titolone. Si può sempre dire: che ti lamenti? Ti hanno archiviato, ti è andata bene, ma nessuno tiene conto che rimane qualcosa”. Fontana la descrive come una specie di macchia che si allarga, poi trova l’immagine: “A volte mi sembrava di camminare e di indossare una muta. Avevo l’impressione che tutti mi giudicassero. Ci sono poi i miei figli. La più grande fa l’avvocato, e conosce la macchina della giustizia, ma i più piccoli fanno altro. Non ho scelto di far politica per vivere, potevo benissimo vivere di mio, e giustamente i miei figli, a ogni indagine, mi prendevano per scemo. Mi chiedevano perché, a causa mia, dovevano trovarsi gli agenti in casa”. L’abolizione del reato di abuso d’ufficio ha coinvolto molti sindaci, compresi quelli di sinistra, e oggi l’Anci è guidata da un amministratore perbene come Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli. Domandiamo a Fontana perché la sinistra, oggi, dopo la sentenza della Corte, si vergogni e non chieda alla segretaria del Pd, Schlein di festeggiare. Fontana spiega che la sinistra se ne vergogna “perché crede, sbagliando, di poter vincere le elezioni con l’appoggio dei magistrati. Pensa di sostituire i voti e il merito con le indagini, ma poi c’è la fatica del governare”. In Veneto, in autunno si andrà a votare e Meloni si dice pretenda la guida della Lombardia per un esponente di FdI. Prendiamo a prestito le parole del nuovo Papa Leone XIV e chiediamo a Fontana se la Lega si “disarmerà”, accetterà la resa, ma Fontana risponde che “la Lega non rinuncia alla Lombardia, che la classe dirigente leghista, con tutto il rispetto, ha qualcosa in più, di quella di FdI, una classe capace di relazionarsi con il territorio” e che la destra, Meloni, non deve commettere l’errore, di ritenersi autosufficiente. Dice Fontana che “per vincere in Lombardia serve una coalizione”, poi, alla provocazione: presidente, il suo successore potrebbe essere Guido Guidesi? Fontana replica che “Guidesi è senza dubbio un ottimo assessore, una figura che ha le carte per governare”, salvo aggiungere, con il sorriso: “Non facciamolo entrare in Conclave come Parolin”. Sul Papa, che la politica sta cominciando a strattonare, Fontana pensa che Leone XIV “non sia né trumpiano né antitrumpiano, ma solo un pastore equilibrato”. Sono passati cento giorni di Trump e Marina Berlusconi ha dichiarato che Trump la spaventa. Presidente Fontana, a lei, Trump, la spaventa? “Ritengo che non vada preso di petto e che Meloni faccia bene a cercare un accordo. Nessuno lo dice ma l’accordo serve a noi ma serve anche a lui”. Gli domandiamo, infine, se sia vero che il governo Meloni sia “romanocentrico” e Fontana non nasconde che “il problema esiste. Il nord ha difficoltà, primo fra tutti l’atteggiamento che hanno da Roma, i ministeriali, nei confronti del nord. C’è un problema di autonomia, di federalismo fiscale. Penso e lo dico che il governo Meloni non controlli a sufficienza una burocrazia che non ha nella Lombardia uno degli amici privilegiati, eppure è la regione che traina il Paese”. Presidente, istituiamo il reato di “abuso di pazienza”? e Fontana: “La pazienza è una virtù, la pazienza non si ha d’ufficio, ma ora basta con i reati”.