
FOTO ANSA
il pacificatore
Tutte le riconciliazioni di Ignazio La Russa
Da Fausto e Iaio all'apertura a Sala su Ramelli
Nel clima politico nazionale tornato velenoso ritoerni del fascismo e antifa militanti e vocianti, il presidente del Senato affronta antichi dossier e fa da boa "moderata" per Fratelli d'Italia, mentre l'estremismo scivola tuto verso Salvini & Vannacci. E si smarca anche sui referendum
Senza addentrarsi nei pensieri profondi e cupi di Mirella Serri sul “Nero indelebile” del fascismo che non passa mai, anzi ritorna; ma anche con buona pace di Matteo Renzi il cui recente tic è dargli di “camerata” o “Mangiafuoco” ogni volta che può, la novità – almeno d’immagine – riguardo a Ignazio La Russa è che sta vieppiù incarnando la figura di un pacificatore nazionale, in merito all’eterno scontro ideologico che data dall’antifascismo prima e dagli Anni di piombo poi. Ruolo di pacificatore molto legato alla sua Milano, ovvio, il cui ultimo segnale è il plauso alla riapertura delle indagini sull’omicidio di Fausto e Iaio, militanti del Leoncavallo uccisi nel 1978.
L’omicidio di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci è rimasto senza colpevoli e archiviato nel 2000. Ora, dopo un lungo iter, la procura ha riaperto le indagini e il presidente del Senato ha subito commentato: “Sono contento che la magistratura abbia deciso di riaprire le indagini per fare chiarezza e individuare i colpevoli”. E ieri, intervistato dal Giornale (“credo che sia un atto dovuto e giusto”), ha ricordato: “Ho sempre parlato di Fausto e Iaio, anche nel mio intervento di insediamento al Senato, perché sono gli unici assassinati a Milano negli Anni di piombo rimasti senza che si scoprissero gli assassini”. Ignazio La Russa è stanco di guerre. E cerca nuove vie – non facilissime, a giudicare da certe reazioni a sinistra e dell’Antifascista collettivo, per il quale Fausto e Iaio sì ma una targa per Sergio Ramelli no – in quella Milano, oggi feudo politico di cui è plenipotenziario per Fratelli d’Italia, in cui nei duri anni Settanta degli scontri di piazza fu leader del Movimento sociale di Almirante.
Ma è anche la Milano di Sergio Ramelli, e soprattutto è l’Italia di oggi: in cui la contrapposizione ideologica è tornata a bruciare. Prima di Fausto e Iaio era stata infatti la volta della commemorazione per i cinquant’anni dall’omicidio di Ramelli, studente del Fronte della gioventù ucciso da militanti di Avanguardia operaia. C’è stata una cauta apertura istituzionale di Beppe Sala, che alla reiterata richiesta di FdI di una via intitolata allo studente e sempre respinta (ma un giardino comunale in ricordo di Fausto e Iaio c’è) ha proposto di intitolare “una via dedicata a tutti i giovani uccisi dal terrorismo, senza distinzione”, definendolo “un atto di pacificazione. Sarebbe bello che il Consiglio comunale all’unanimità decidesse di andare su questa idea”. Subito è arrivata la risposta di La Russa: “Sono estremamente favorevole”. Alla presentazione di un libro su Ramelli aveva detto: “Io ho sempre cercato di aiutare una via che porti a una condivisione. Non la volete chiamare pacificazione? Allora condivisione di una storia dove ciascuno può avere idee diverse ma può in ogni caso rispettare le posizioni degli altri”. Certo, e non solo a Milano, c’è una nuova situazione in cui l’esperto leader politico della destra nazionale ha indubbiamente deciso di interpretare il ruolo di ancoraggio moderato per il partito di Giorgia Meloni, mentre l’onda dell’estremismo scivola via sul lato della Lega di Salvini & Vannacci. E lui, anche dal più alto scranno del Senato, gioca le sue carte in controtendenza, per puntellare Giorgia Meloni in chiave di conciliazione moderata. Altri segnali non mancano. Prima c’era stata l’idea, o ballon d’essai, di lanciare Maurizio Lupi come candidato “moderato” e unitario sindaco di Milano. Poi le parole in Senato per il 25 aprile: “Non è una celebrazione di una persona scomparsa”, bensì un evento che “guarda all’oggi, a ieri e al futuro”, ribadendo “rispetto e piena adesione ai valori della Costituzione e quindi del rispetto della data che vide il ritorno alla libertà”. Chiaro che quando gli scombinati militanti del Municipio 5 della città chiedono a Sala di istituire un “patentino di antifascismo” in base al quale concedere o meno l’agibilità degli spazi pubblici, il vecchio combattente si accende: “In qualunque normativa del mondo vengono punite le azioni o le parole. Non i pensieri. Non si trasformi Milano in un soviet comunista”. Ma scaramucce a parte, Ignazio il pacificatore ha aperto, dulcis in fundo, anche ai referendum: “Penso di sì, penso che andrò a votare. Ci sto riflettendo”, ha detto smarcandosi dalle indicazioni di partito per l’astensionismo militante. Infine, al Giornale si è mostrato anche attento al problema delle carceri: “Va affrontato il sovraffollamento”. Sarà anche un modo per tenere occupato un posto al centro per Giorgia Meloni, ma più pacificatore di così.