a Palazzo Madama

Meloni in Senato si tiene lontana da Gaza. Crosetto al Copasir: Putin non vuole la pace in Ucraina

Simone Canettieri

La presidente del Consiglio al premier time evita di prendere posizione sul piano di Israele, ma fuori microfono dà ragione ad Avs. A Palazzo Chigi confermano: siamo al fianco della popolazione palestinese. Intanto il ministro della Difesa dà il via libera all'undicesimo pacchetto per Kyiv ed esprime dubbi sull'efficacia dell'azione diplomatica russa

Le scintille, c’era da scommetterci, si registrano quando prende la parola Matteo Renzi. Al premier time in Senato Giorgia Meloni sbuffa, muove le braccia, gli risponde che non farà come lui, a proposito di coerenza e riforme. “Dimissioni in caso di sconfitta al referendum? Senatore Renzi, guardi lo farei anche volentieri ma non farò mai niente che abbia già fatto lei”. Il premierato, dice Meloni, sta andando avanti. Anche se la ministra per le Riforme Elisabetta Casellati dice al Foglio e ad altri due quotidiani che se ne riparlerà a fine legislatura per fare in modo che il referendum ci sia solo dopo le elezioni del 2027. Insomma, che si parlino. Ma questi  sono dettagli di un appuntamento che alla fine si è consumato senza particolari scossoni. Alla fine fanno più notizia, quasi, le parole non dette dalla premier. 

O meglio Meloni rispondendo alla replica di Giuseppe De Cristofaro  (Avs) che l’accusa di non aver preso posizione sul piano di  Netanyahu per la Striscia di Gaza, di non averlo condannato, di essere subalterna all’Amministrazione Trump dice fuori microfono “lo abbiamo detto, lo abbiamo fatto”. Pubblicamente a dire il vero non ci sono dichiarazioni ufficiali del governo su questo argomento. Se perfino Salvini – intercettato da Rep. – ammette che lui non parla di Israele e medio oriente perché si occupa solo di dighe e di treni, allora l’imbarazzo sembra vestirsi dalle parti del governo. Da Palazzo Chigi fonti di primissimo piano dicono a questo giornale, dietro la promessa di non essere citate, che “siamo contrari all’invasione e che con i fatti siamo stati sempre dalla parte dei civili palestinesi: per due popoli e due stati”. Ma anche queste, tuttavia, sono parole fuori microfono tipo quelle pronunciate da Meloni in risposta alle accuse del senatore rossoverde. Va anche detto che nei tanti argomenti trattati dalle opposizioni nessuno ha fatto una domanda diretta alla premier su Gaza, quindi la fonte della notizia non c’è stata. Sospiro di sollievo per la premier, forse. Che ancora non si è esposta, vista la complessità del quadro e gli equilibri con gli Usa. Per il resto sul taccuino resta una serie di appunti tratti dal verbo meloniano:   la difesa ha un prezzo e  l’Italia manterrà nel 2025 l’impegno a raggiungere il target del 2 per cento del pil (nelle stesse ore in cui il Consiglio Atlantico confermava il nuovo target del 5 da concordare al vertice Nato di giugno). E ancora: sì al ritorno alle preferenze, leale ma non subalterna all’America di Trump,  entro la settimana “sarà rimpatriato il 25 per cento dei migranti trattenuti nel Cpr in Albania”  e che il governo vuole sostenere le famiglie e dare una scossa alle liste d’attesa nella sanità sperando che le regioni facciano la loro parte. E’ una premier che pensa solo al bis – come confidato venerdì scorso in un’intervista rilasciata dal direttore dell’Adnkronos Davide Desario – e si vede. E anche tutta la sua maggioranza è in questa modalità. Dai banchi del centrodestra arrivano carezze e constatazioni sulla “sapiente, discreta, capace, operosa azione di governo”, sviolina Michaela Biancofiore (di Noi moderati, sebbene solo all’anagrafe del Senato). Più interessante l’audizione del ministro Guido Crosetto al Copasir nel corso della quale ha annunciato l’undicesimo pacchetto di aiuti militari all’Ucraina (con ladifesa anti aerea dei SampT) , ma soprattutto si è soffermato sulla difficoltà dell’azione diplomatica per portare la pace a Kyiv (a cui dovremmo continuare a dare i nostri satelliti per  vedere le linee nemiche). L’esponente di Fratelli d’Italia ha fatto capire che la posizione di Putin non va verso una distensione dei cannoni, anzi. Riflessione detta in altro modo anche dai vertici dell’Amministrazione americana. Ma nessuno strappo con Trump. Anzi. Le parole si pesano in questi casi, così come i silenzi su Gaza.
Simone Canettieri 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.