(foto Ansa)

Il colloquio

Iannantuoni (Crui): “Il piano Macron? Per la ricerca meglio un piano europeo”

Luca Roberto

La presidente della Conferenza dei rettori italiani: "Per attrarre ricercatori dagli Usa serve un approccio europeo. Dal Consiglio europeo del 23 maggio mi aspetto un piano. Il contratto nazionale di ricerca? Da solo non basta"

Il piano di Macron? Io credo che la strategia per cercare di attrarre ricercatori sia meglio affrontarla a livello europeo, non da parte dei  singoli paesi. E che la sede più opportuna per discutere la questione sia il prossimo Consiglio europeo su Competitività e Ricerca, in programma il 23 maggio a Bruxelles: è lì che mi aspetto venga presentato un vero piano europeo”. La presidente della Conferenza dei rettori italiani Giovanna Iannantuoni commenta in questi termini, parlando col Foglio, il progetto da 100 milioni di euro presentato questa settimana dal presidente francese. E che ha attirato le critiche della ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, che ieri al Messaggero ha rincarato la dose: “Non si rafforza lo spirito comunitario chiudendosi in una logica esclusivamente nazionale. Il nostro approccio è da veri europeisti. Non facciamo roboanti annunci nazionali ma rafforziamo l’interesse italiano in una logica di sistema europeo. Non possiamo accettare ambiguità nei rapporti internazionali”, ha detto Bernini. La lettura europeista di Iannantuoni, rettrice dell’Università Bicocca di Milano, è accompagnata da un’ulteriore considerazione: “L’attrattività del sistema universitario europeo non deve essere rivolta solo agli Stati Uniti, che conosco bene e che avendo un mondo accademico molto legato all’impresa privata, prima o poi sono convinta troverà una quadratura del cerchio. Il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di cercare di richiamare ricercatori da tutto il mondo. Sapendo che già adesso noi come Italia, grazie alle infrastrutture in tanti campi, dall’intelligenza artificiale al calcolo quantistico, garantitaci dal Pnrr, siamo molto attrattivi. Ovviamente in aggiunta al nostro stile di vita”.

 

Proprio il confronto con il piano francese annunciato dal presidente Macron ha permesso una serie di confronti su alcuni strumenti che forse caratterizzano in negativo il nostro ordinamento. A partire dal grosso tema, lungamente dibattuto sul Foglio, del solo contratto nazionale della ricerca, che dalla sua entrata in vigore sta finendo per complicare la vita a molti ricercatori. “In Francia ci sono delle figure incardinate come docenti ma con una collocazione molto più flessibile. Anche quella è una forma di apertura per diventare più attrattivi con l’estero”, ragiona ancora Iannantuoni. Da presidente della Crui in più occasioni ha evidenziato le criticità del contratto nazionale di ricerca come unica forma contrattuale. “Ci siamo resi conto subito che è un sistema incompatibile con tutta l’attività clinico-assistenziale, oltre alla serie di problemi evidenziati dagli stessi ricercatori”, spiega Iannantuoni al Foglio. Anche per questo la richiesta fatta dalla Crui alla politica, al governo, è stata quella di andare avanti con l’introduzione di forme contrattuali alternative, per supplire a un vulnus che penalizza la ricerca italiana. “All’inizio abbiamo chiesto una semplificazione. Avevamo delle remore sulla figura del professore aggiunto che poi è stato eliminato. E’ chiaro che per noi la valorizzazione di un periodo come il pre-ruolo è fondamentale, perché bisogna permettere ai giovani ricercatori di lavorare sulla qualità del loro percorso di ricerca e sulla trasparenza di questo percorso. Oltre ovviamente a colmare quelle storture che, per fare un esempio preciso, non permettono ai nostri ricercatori di partecipare alle borse europee Marie Skłodowska-Curie, specifiche per i post-dottorandi”. Iannantuoni, insomma, che aveva già espresso parere favorevole nei confronti del piano del governo italiano per attrarre ricercatori in fuga dagli Usa, sembra condividere anche la necessità di non muoversi in ordine sparso, come forse vorrebbe Parigi: “Ripeto, l’approccio migliore è quello europeo”.

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  • Luca Roberto
  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.