
Maggioritario o no?
L'instabilità in Germania e in altri paesi della Ue e il caso italiano. Parla Sabino Cassese
Lo strano e paradossale equilibrio a Roma e lo stravolgimento in paesi chiave dell'Unione europea
L’Italia ha trovato uno strano equilibrio bipolare che altri paesi hanno perso? E potrebbe paradossalmente essere pronta a un salto nel maggioritario finora sempre evitato? Intanto ieri la Germania ha avuto un risveglio brusco in direzione dell’instabilità: il cancelliere in pectore e leader della Cdu, Friedrich Merz, non è stato infatti eletto dal Bundestag al primo scrutinio, come si pensava, fermandosi a 310 voti (e con 18 voti mancanti dall’interno della sua maggioranza). E anche se al secondo tentativo Merz ce l’ha fatta, l’episodio allarma, specie in un momento in cui l’Europa appare debole sullo scenario internazionale. E la Germania non è sola: governo di minoranza in Spagna, crisi politica in Francia, governo debole in Austria e nei Paesi Bassi. L’Italia – che dell’instabilità ricorrente è stata a lungo un simbolo nel continente – sembra paradossalmente più solida, nel suo quadro di bipolarismo imperfetto. Forse è ora di tentare una vera riforma maggioritaria? Chiediamo lumi al professor Sabino Cassese, già ministro per la Funzione pubblica nel governo Ciampi e giudice costituzionale. E intanto: l’Europa può permettersi un problema di ingovernabilità in uno dei suoi paesi pilastro? “Crisi di governo e ingovernabilità sono certamente un fattore negativo”, dice Cassese: “Interrompono la realizzazione di politiche pubbliche, creano sconcerto nell’opinione pubblica, sono una causa di astensione. Tuttavia, l’essere ormai i poteri pubblici organizzati su quattro livelli, quello regionale, quello statale, quello sovranazionale e quello globale, con tutte le imperfezioni che questi comportano, costituisce un elemento di salvaguardia perché c’è una divisione del lavoro tra i diversi livelli e, quindi, se l’attività di uno di essi rallenta, continua l’attività degli altri. Aggiungo, per fornire un altro elemento ottimistico, che altro è una difficoltà episodica, altro un susseguirsi di crisi di governo, come quelle viste in Italia per più di un cinquantennio. Bisogna quindi continuare la ricerca per la stabilizzazione dei governi e continuare a tenere distinti politica e amministrazione, perché l’amministrazione possa continuare a funzionare, nell’ambito delle leggi vigenti, anche in momenti di crisi, com’è accaduto in paesi dove vi sono amministrazioni robuste, come quella spagnola o quella olandese, durante crisi di governo prolungate”.
Ma in Italia non sarebbe adesso il caso di puntare a un sistema nettamente maggioritario? “La prima tentazione”, dice Cassese, “in presenza di crisi di governo e di governabilità, è di modificare la formula elettorale. Invece va fatto di rado. Nei paesi a democrazia matura, si dice che le formule elettorali sono longeve. Il motivo è semplice: la formula elettorale determina il modo di trasformare voti in seggi. E’ una specie di dizionario nel quale vengono determinati i significati delle parole e i modi in cui vengono tradotte in altre lingue. La formula elettorale, una volta scelta, deve essere conservata e non può essere oggetto di manipolazioni di questo o quel governo. Durante il gioco, non vengono cambiate le regole del gioco”.
Ci sono altri modi, oltre alla legge elettorale, per arginare l’ingovernabilità? “Tutti i sistemi parlamentari, da un secolo, hanno cercato di sperimentare formule di razionalizzazione, proprio per evitare che la contingenza spinga a continui cambiamenti di governo. Qualche volta la formula elettorale è stata addirittura consacrata nella Costituzione. Non lo fu nella Costituzione italiana perché si usciva da un ventennio nel quale non si conosceva il peso dei partiti e quindi si voleva sperimentare un sistema proporzionale, per poi lasciare la scelta a successivi parlamenti. I sistemi di stabilizzazione possono agire o direttamente sui governi o sul modo di scelta dei parlamentari. Uno strumento per agire sui governi è quello di rendere difficile la loro caduta, per frenare quella che Tocqueville chiamava l’impetuosità delle democrazie rappresentative. Per quanto riguarda invece la formula elettorale, dai sistemi uninominali ai sistemi maggioritari, si è sperimentato quasi tutto. Ma, ripeto, non bisogna farsi tentare dall’idea di mutare troppo spesso le regole del gioco, perché in questo modo si finisce per ottenere un risultato ancora peggiore delle crisi di governo, per scoraggiare lo stesso elettorato, aumentando l’astensione”.
Soluzioni? “Credo”, dice Cassese, “che al fondo la soluzione stia nel manico, e cioè nella capacità della classe politica di fare davvero politica: abbiamo troppi ‘politicians’ e pochi ‘policy makers’. Se la politica viene fatta con programmi fondati su idealità e prospettazione del futuro, c’è la possibilità di un dialogo. Se la politica è fatta di slogan e di battibecchi quotidiani, le possibilità di dialogo non ci sono e rimane il contrasto tra i contendenti”.