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Sui referendum Schlein predica (apparente) unità, ma il Pd si agita per i sondaggi

Da più di un mese le rilevazioni danno i dem in calo mentre si avvicinano i referendum promossi dalla Cgil, che rischiano di essere un boomerang per la segretaria. Dubbi sulla ricandidatura di Eugenio Giani in Toscana

C’è grande allarme al Nazareno. Da più di un mese i sondaggi danno in calo il Partito democratico. E’ vero che la segretaria Elly Schlein, come ha tenuto a precisare lei stessa, non crede ai sondaggi (“mi davano perdente alle primarie e si è visto come è andata a finire”), ma comunque un trend così negativo da settimane preoccupa il quartier generale dem. La leader continua a fare spallucce ma i suoi luogotenenti riescono a malapena a contenere l’ansia. E infatti Igor Taruffi, che fino a due settimane fa prometteva un Congresso che spazzasse via le resistenze riformiste, adesso tace. E la stessa Schlein ritiene che le assise, che pure l’avevano più che tentata, forse non sono opportune nemmeno in autunno, benché i sondaggi (ancora loro) diano il centrosinistra vincente non solo nelle sue regioni ma anche in quelle, come le Marche, in cui governa il centrodestra.

I timori nel Partito democratico crescono con l’approssimarsi dei referendum. Non tanto perché i dem siano divisi. Di quello non si è accorto praticamente nessuno ed Elly Schlein domenica sera, ospite di una trasmissione tv, ha ripetuto per due volte che la direzione dem ha già votato all’unanimità a favore del referendum sul Jobs Act. Non è andata esattamente così. In realtà i riformisti in quella riunione avevano preannunciato alla segretaria che non avrebbero partecipato al voto, onde evitare una spaccatura traumatica, ma nei loro interventi avevano ribadito il loro No alla modifica della legge voluta dall’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi. Fatto sta che ormai è passata la notizia veicolata da Schlein. Un punto per la segretaria, all’apparenza. Ma così non è. La leader del Partito democratico sta cavalcando i referendum. Un errore che Giuseppe Conte, pur avendo fatto firmare al Movimento 5 stelle quelli sul lavoro proposti da Maurizio Landini, non sta facendo. Infatti quel voto, come tutti quelli referendari, al 90 per cento non andrà in porto e a intestarsi la sconfitta oltre a Landini sarà la segretaria del Pd. Una sconfitta referendaria ci sta perché sono lustri che un referendum non ottiene il quorum, ma battezzare la propria sconfitta così crea qualche problema alla segretaria che non nega di aspirare a Palazzo Chigi.

Nonostante i sondaggi, nonostante le difficoltà, nonostante il Pd, non si può certo dire che per Elly Schlein non ci siano ancora margini di reazione e di manovra. La segretaria del Partito democratico si appresta ad andare alle elezioni amministrative e regionali e a vincerle. Ma questo alla leader dem non basta. Dovunque nelle regioni i presidenti del Pd non sono “suoi”. E anche quelli che verranno o che potrebbero venire non risponderanno a Schlein. Nelle Marche ormai il candidato ufficiale è Matteo Ricci, che alle scorse primarie ha votato per Stefano Bonaccini. In Campania il Partito democratico ha ceduto il passo ai 5 stelle. Per questa ragione la Toscana, che tra tutte le regioni sembra la più facile da vincere per il Pd, è ancora bloccata. Dicono che Elly Schlein voglia almeno un “suo” governatore. Perciò non Eugenio Giani, ma Emiliano Fossi, segretario regionale del Pd toscano, scelto dalla segretaria, o Marco Furfaro, fedelissimo di Schlein che però preferirebbe restare nella Capitale.
 

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