
Roberto Vannacci e Matteo Salvini (Ansa)
L'intervista
L'enfant prodige della Lega in Veneto lascia: “Salvini ha sostituito il federalismo in nome di Vannacci”
L'addio duro e puro di Jacopo Maltauro, capogruppo del partito a Vicenza. Il motivo? "È politico: oggi un moderato fa davvero fatica a rimanere in un partito del genere”
Venezia. Altro che opportunismo, calcoli di poltrone. Da oggi la Lega in Veneto deve fare i conti con un addio duro e puro: quello di Jacopo Maltauro, capogruppo nel Consiglio comunale di Vicenza – dov’è l’unico rappresentante del partito – e coordinatore degli amministratori regionali under 35. “Dieci anni fa mi ero avvicinato a questo mondo perché convinto dal federalismo, dal liberalismo, dalla vicinanza ai centri produttivi della nostra terra”, dichiara al Foglio, annunciando la rottura. “Mi considero un moderato europeista, distante dalla sinistra e dall’estrema destra. Nel tempo io sono rimasto tale: la Lega invece ha cambiato nome, colori e posizionamento politico”.
Succede così che mentre i principali luogotenenti di Zaia fanno buon viso a cattivo gioco – accettando Vannacci pur di non perdere il Veneto –, il nuovo Carroccio viene messo in mutande dal più giovane di tutti. “Ben inteso: non mi sposto in nessun altro partito”, sottolinea Maltauro. “E soprattutto non esco dalla Lega per un litigio: conservo un bel rapporto con Salvini, conosciuto a Strasburgo nel 2016. Mentre Stefani è un amico. Nessun problema personale, il tema è politico: oggi un moderato fa davvero fatica a rimanere in un partito del genere”. Lo schiaffo arriva da un 25enne degasperiano, che tuttavia ha poco da invidiare ai veterani: gavetta dal 2015, subito a capo del movimento studentesco provinciale, appena maggiorenne già candidato a Vicenza. Diventa il più giovane consigliere nella storia della città, ripresentandosi nel 2023 e risultando l’under 35 più votato – nonostante il naufragio della coalizione. Un enfant prodige in area Alberto da Giussano, insomma.
“Molti esponenti dimenticano le idee pur di ottenere un ritorno di carriera”, insiste Maltauro. “Fa parte della politica, purtroppo. Ma da giovane appassionato, io non sono disposto a sconfessarmi: arrivare dal popolarismo autonomista per poi ritrovarsi in un partito antieuropeo, contrario alla difesa comune, alleato dell’ultradestra tedesca, più a destra della Meloni, che ha deciso di sostituire il federalismo in nome di Vannacci, beh, è decisamente troppo”. Perché allora uscire proprio adesso? La deriva sovranista dettata da Salvini non è una novità. “Il congresso è il fulcro della vita di un partito”, risponde il consigliere, con un certo candore. “Lo aspettavamo dal 2019. È stato convocato con un mese d’anticipo e ha dato un riscontro chiaro: il rammarico più grande è che il federale di Firenze non ha certificato alcun spazio di coesistenza fra la linea del segretario e una qualsiasi anima diversa. Lo stravolgimento identitario è legittimo, ma non mi riguarda più. E ne prendo atto”.
Lui. Gli altri, invece? “Ai vertici della Lega in Veneto ci si è fatti andare bene un po’ tutto”, punge Maltauro. “Forse mi sbaglio, ma non ho sentito alzarsi voci fuori dal coro. Un coro che non convince, incoerente con il profilo storico di un partito di tutt’altra rappresentanza”. Lo sguardo volge al futuro della regione, con l’eredità di Zaia – moderata, a suo modo progressista – a rischio di evaporare. “Le elezioni recenti certificano la disillusione del territorio: il momento è cruciale, il mondo sta cambiando, serve un progetto che non abbia paura di mostrare da che parte sta il Veneto. Vincerà chi saprà interpretare il suo sentimento: da sempre popolare, pragmatico, in dialogo con la gente. La Lega di Salvini è ormai lontana da tutto ciò”. Il futuro di Maltauro, invece? “In queste ore mi sono dimesso dagli incarichi provinciali e regionali. Passerò al gruppo misto. Mi piace fare politica, continuerò a farla. Ci ragionerò su. Dico però che oltre le parole servono le azioni: la cosa pubblica deve contemplare dei comportamenti chiari”. Validi appunti per zaiani timorosi.
