La sinistra immobiliare contro Giorgetti

Luciano Capone

Il ministro dell'Economia chiede il rispetto della legalità con una stretta anti-evasione e diventa una “vendetta” contro il Superbonus. Il nuovo fronte del progressismo è la difesa dei proprietari delle seconde case, rifatte con i bonus edilizi, che occultano i valori al catasto

Giancarlo Giorgetti ci mette del suo con un linguaggio a volte enigmatico, che si presta a fraintendimenti e a molteplici letture. Ma stavolta è stato molto chiaro, anzi: cristallino. Eppure l’opposizione si è scagliata a difesa del sacro focolare al grido di “la casa non si tocca!”. Repubblica, nella nuova versione battagliera, parla di una “vendetta” di Giorgetti contro chi ha usato il Superbonus e titola a tutta pagina: “Bonus casa, arriva la tassa”. Tecnicamente una fake news.

Alcune reazioni a sinistra sono surreali. Toni Ricciardi, del Pd, dice in Parlamento che voler aggiornare il valore catastale degli immobili beneficiari del Superbonus è “come se un amministratore invitasse i cittadini a fare la raccolta differenziata e poi li punisse”. Su tutti spicca Angelo Bonelli, leader dei Verdi-Avs: “Il governo si accinge a tassare la casa di 15 milioni di persone, colpevoli di aver rispettato le leggi ed essere virtuosi nel tutelare l’ambiente”. Ma cos’ha detto di preciso il ministro dell’Economia?

In audizione sul Piano strutturale di Bilancio, davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, tra le varie iniziative che il governo vuole intraprendere il ministro dell’Economia ha annunciato una stretta delle cosiddette “case fantasma”, ovvero gli immobili sconosciuti al catasto e quindi al fisco, e una rivalutazione dei dati catastali ai valori di mercato degli immobili che sono stati ristrutturati con i fondi pubblici attraverso i bonus edilizi. Giorgetti si è affrettato a precisare che “non si tratta di fare l’aggiornamento ai valori di mercato che ripetutamente la Commissione ci ha chiesto”, ma appunto di fare dei controlli mirati alle case fantasma e a quelle beneficiarie dei bonus edilizi.

Un’opposizione un po’ più coerente e un po’ meno populista avrebbe incalzato il ministro su questo punto: perché aggiornare i valori catastali solo di alcuni immobili e non, invece, fare quella riforma del catasto che ci chiede l’Europa e che voleva fare il governo Draghi ma la Lega ha bloccato? Sarebbe una riforma utile, anche a parità di gettito, che semplicemente riallineerebbe i registri pubblici alla realtà economica del paese. Invece no. La sinistra immobiliare non attacca il governo per il giusto che manca, ma per il buono che c'è.

L’iniziativa di Giorgetti si ispira a un concetto di semplice buon senso: visto che lo stato, ovvero la collettività, ha rifatto completamente a proprie spese le case di pochi fortunati, ci si aspetta quantomeno che l’incremento di valore di questi immobili beneficiari dell’intervento pubblico compaia anche nel catasto ai fini fiscali. Oltre a essere di buon senso, l’affermazione di Giorgetti è anche in un certo senso superflua. Perché si è semplicemente limitato a chiedere il rispetto della legalità, cioè delle norme vigenti. Già nell’ultima legge di Bilancio, quella per il 2024, il governo aveva infatti inserito due commi che davano mandato all’Agenzia delle entrate, con riferimento alle case oggetto degli interventi attraverso il Superbonus e gli altri bonus edilizi, di verificare sulla base di specifiche liste selettive elaborate grazie all’interoperabilità delle banche dati, se è stata presentata la dichiarazione, ove prevista, della variazione della rendita catastale dell’immobile. Con il secondo comma si precisava che, qualora questa comunicazione non ci fosse stata, non scattava alcuna sanzione, ma semplicemente l’Agenzia delle entrate aveva la facoltà di inviare una sollecitazione al contribuente.

A ben vedere, anche la norma dello scorso anno era ridondante. Perché l’obbligo di aggiornare i valori catastali di un immobile dopo i lavori di ristrutturazione esiste da almeno 30 anni, da un decreto del Mef del 1994 (“Regolamento recante norme per l’automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari”). In sostanza, Giorgetti dice semplicemente: siccome chi ha fatto lavori di ristrutturazione è tenuto ad aggiornare il valore catastale, e siccome abbiamo l’elenco di centinaia di migliaia di immobili che hanno fatto questi lavori perché li ha pagati lo stato, controlliamo se è stata inviata la comunicazione dovuta. Si tratterebbe, in sostanza, di un banale controllo antievasione (perché sottodichiarare il valore del proprio immobile è esattamente questo) attraverso l’incrocio delle banche dati. Una cosa che dovrebbe piacere alla sinistra. E invece no.

Tra l’altro, questa operazione non è neppure particolarmente gravosa sui contribuenti beneficiari del Superbonus, perché i proprietari di prima casa non pagano l’Imu e pertanto possono avere un trascurabile impatto solo per la parte del valore che incide ai fini Isee, e quindi in termini di prestazioni assistenziali (ma d’altronde sono contribuenti che godono di un più consistente beneficio monetario dovuto al risparmio energetico per i lavori pagati dalla collettività). Un aggravio superiore, ma non così grande, riguarda invece i proprietari di seconde case rifatte con il Superbonus che si troveranno a pagare un pochino di più di Imu.

Alla fine è questo il tipo di elettore che la sinistra progressista e ambientalista vuole tutelare dalla grinfie del perfido Giorgetti: il proprietario di più immobili che prima si è rifatto la villetta al mare con il Superbonus e poi ha occultato al fisco l’incremento del valore della sua seconda casa finanziato dai contribuenti che di casa non hanno neppure la prima.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali