Il profilo
Ritratto di Giampaolo Rossi, nuovo ad Rai. Il "garibaldino di destra" con l'edera e la pipa
Archeologo, famiglia di antifascisti, il passato da pugile, il soprannome Bussola, le polemiche e la sua sua nuova Rai, di tutti: "L'unica egemonia che mi piace è l'egemonia della libertà". Chi è il nuovo ad Rai scelto da Meloni
Antifascisti, a noi! Sua madre si chiamava Metella, il padre Guelfo, il nonno materno era Dante, e usava l’edera repubblicana come segnalibro, il professore che lo ha laureato era il marxista-gramsciano con il barbone, Mario Liverani. Ha del rosso nel cognome, Giampaolo Maria Rossi, ed è il nuovo ad Rai, nominato dal governo Meloni. Il cda Rai lo elegge oggi. La sua prima auto è stata una 2 Cavalli azzurra, la sua seconda, un’altra 2 cavalli, rossa, rinominata “la Lumaca”. Il Liceo, il Classico, lo ha frequentato a Frascati, istituto salesiano Villa Sora. Va a messa ogni mattina. Vive al Trionfale. Lo ha battezzato l’ex ministro degli Esteri, democristiano, Francesco Maria Malfatti, primo italiano a presiedere la Commissione europea, amico del padre, democratico-cristiano. E si può continuare con una carretta di medaglie risorgimentali e garibaldine. Il nonno, ancora, Dante (“mi ha cresciuto lui”) è cavaliere di Vittorio Veneto, bersagliere, ma anche l’altro era mazziniano. Definire Rossi fascista è da imbecilli, definirlo putiniano è da balordi, come riprendere i suoi scritti, vecchi di quindici anni, sulla Russia di Putin, la geopolitica, perché, e lo dice, senza farsi rosso in viso, “è cambiato il mondo. Anche Kissinger pensava che la Russia andasse occidentalizzata. L’Ucraina va difesa e non c’è da discutere. Chiamarmi putiniano mi offende”. A Repubblica, scriveva, “je rode”, gli editorialisti di sinistra, “Tutankhamon che portano sfiga”, ma pure la destra, che sarebbe la sua destra, una parte, si era dimostrata, “una classe inadeguata e cialtrona”. A destra, solo lui si è liberato di lui, solo Rossi ha superato Rossi. Non ha più canali social, sulla scrivania tiene una statua di San Giuseppe, l’uomo che si sa fare da parte, “un simbolo del femminismo”. Da studente organizzava letture comuni con la filosofa femminista Luisa Muraro, leggeva Lucio Magri, del Manifesto, a La Sapienza, si è laureato in Lettere, specializzato in Archeologia con una tesi su re Mida, il frigio. Ha due figli. La Rai è la più grande causa persa italiana e Rossi ama le cause perse, le più belle. Illuso, forse; romantico, senza dubbio. La Rai è la sua notte stellata.
L’altro suo professore, ascoltato, studiato, era Paolo Matthiae, l’orientalista. Franco Battiato, in musica, è stato il suo “cinghiale bianco”. Ha scritto sul giornale studentesco “il Morbillo”. Il nuovo ad Rai, Giampaolo Rossi è di destra? Sì. Ha militato nell’Msi e i suoi amici sono stati i ragazzi di Fare Fronte, ma a Colle Oppio, la casa della destra romana, e di Meloni, preparava il fuoco e le tende per i migranti. Rossi è putiniano? No. Rossi conosce la Rai? Sì. Basta per salvare la Rai? No. Ci deve provare? Sì. E’ nato a Roma, 1966, quartiere Cinecittà, Roma sud, tifa giallorosso, la madre Metella, era maestra elementare. Ha un fratello, bancario. Il padre Guelfo è stato collaboratore di Malfatti fino al ritiro dalla politica. Era amico di Guelfo Rossi il padre di Roberto Sergio, democristiano, l’ad Rai, che fa staffetta con il figlio Giampaolo, “Bussola”, il suo soprannome comunità. Fabio Rampelli, il vicepresidente della Camera di FdI, ha raccontato che “i soprannomi erano lo sberleffo, la goliardia perduta della destra. Fazzolari era “Spugna” e non perché assorbiva i concetti, ma perché organizzava birrate fantastiche e Rossi, Bussola, non dava la rotta, ma sbagliava strada. Era un pensatore”. La verità di Rossi è un’altra e la riportano gli archeologi della fiamma: “Ad Assisi tutta la destra tornava da una festa e Giampaolo disse: vi guido io fino alla Rocca, sarò ‘la vostra Bussola’. Ma più camminavano e più la Rocca si allontanava”. Il suo giornalista modello è stato Giano Accame, “e ricordo ancora quando si volle confrontare, a La Sapienza, con Trombadori. Venne fischiato dai centri sociali. Fu Trombadori ad alzarsi e urlare alla sinistra: che fate?”. Gli amici antichi di Rossi sono stati Fazzolari e Federico Mollicone, le sue letture Jünger, Pound e Pasolini. L’ex sindaco di Roma, Francesco Rutelli lo ha nominato consigliere d’amministrazione delle biblioteche di Roma insieme a Tullio De Mauro.
Oggi Rossi tiene aperto sul tavolo un saggio su Federico da Montefeltro. Il suo primo voto è stato per Almirante, da “antifascista”. Il nonno ha pianto in chiesa quando è caduto il regime perché diceva al nipote, “i fascisti mi hanno tolto la dignità, ma quel nonno non mi avrebbe mai impedito di votare qualcosa o qualcuno. L’unica egemonia che mi piace è l’egemonia della libertà”. Gli esami li ha superati con trenta e trenta e lode ed è stato pugile, campione nazionale, prima di smettere, iscritto alla Polisportiva Cinecittà, una palestra sotterranea, come sotterraneo è stato il pensare e lo scrivere di Rossi, “iperbolico”. Rossi ha maneggiato la polemica, sui quotidiani di destra, esasperato la scrittura come fanno i timidi ombrosi che si arroventano tormentati da un’idea.
Avrebbe fatto l’archeologo se Flavio Cattaneo, ex ad Rai, attuale ad di Enel, non lo avesse nominato nel 2004, presidente di Rai net, la prima digital factory della Rai, una partecipata che ha assemblato il primo portale Rai. Viene da Rai net l’attuale capo del personale, Felice Ventura, la direttrice di Rai play, Elena Capparelli, la direttrice di Rai Cultura, quota Pd, Silvia Calandrelli. Nel 2012 Rossi, lascia, va via con l’arrivo di Luigi Gubitosi, nel 2018 viene indicato per il cda Rai, da Meloni, e da allora diventa “il signor Rai”, nel 2023, il “profeta” Rai, dg di Sergio. Un amore è stata Deborah Bergamini, vicesegretaria di Forza Italia. Colleziona gilet, e pipe come Bilbo Baggins di Tolkien perché il fumo lento, dice Rossi, “ti fa pensare”. E infatti Rossi pensa che Schlein sia “onesta intellettualmente”, che Marco Damilano sia un volto importante della Rai, che Maria De Filippi abbia davvero “cambiato la televisione”, che in Rai sarebbe bello avere figure come Giampiero Mughini, parlare dei libri di Stenio Solinas, l’editore dei Settecolori, e che l’Italia abbia imparato la bella trasgressione con “Quelli della Notte” di Renzo Arbore. Pensa che il male della televisione sia il “dominio del narciso” e che la Rai, la sua, “sarà di tutti”. Chiedergli ancora “lei è putiniano? Dica, che non lo è, lo dica!” è una miserabilità di argomenti. Il problema di Rossi sono i neri di Rossi, quella comunità di invasati con gli scarponi di gomma che abitano la Rai, quella destra Rai che lo incita: “Ora je famo vedere noi, daje”. Non c’è dubbio che Rossi ami la Rai, la bella causa persa, ma quella da vincere è l’altra: solo lui può fare un po’ Rossi i suoi neri.
storia di una metamorfosi