L'imprenditore americano e la premier italiana si sono incontrati più volte negli ultimi anni (ph Filippo Attili/US Palazzo Chigi Press Office/EPA-EFE) 

Fateci sognare

Elon e Giorgia, la love story da film che tutti vorremmo

Michele Masneri

Quella foto che accende la fantasia: l'idea di un marziano siliconvallico a Roma fa sognare l'Italia. Il magnate respinge i rumors, ma il pubblico se lo immagina già tra il Torrino e il covo dei crudi di Anzio. Spazioporto in Puglia, l'Eur Valley, le monetine nella Fontana di Trevi. Per favore non svegliateci

“We are not dating”, smentisce (serio) Elon Musk sul suo X non conoscendo l’antica massima di Giulio Andreotti, una smentita è una notizia data due volte. “Non abbiamo una storia”, dice in pratica Musk, a proposito del sogno che tutti abbiamo fatto, Elon e Giorgia, dopo lo sketch del premio all’Atlantic Council a New York, di solito serata pallosissima ma che loro due  smaglianti come Ryan Gosling ed Emma Stone hanno trasformato in una  "La La Land" sovranista anzi  "Tempo delle mele" (o dei meloni anzi “Melons” come crasi, come i passati di moda  Ferragnez o gli sciolti Bennifer (Jennifer Lopez e Ben Affleck). Che sogno. 

 

Qualcuno l’ha pensato davvero, come un giornalista americano che ha insinuato che i due poi siano andati via insieme, ma poi le smentite. Peccato. Che carezze, sguardi, che “eye contact”, tra quei due; lei più spigliata, lui con la goffaggine del nerd siliconvallico contro cui i fantastiliardi non possono nulla. “Più bella dentro che fuori”, ha detto pure, lui consegnandole il premio, poi scappando via dal podio, come un adolescente timidone. Lei invece con tutta la trovata di Michael Jackson, le cui canzoni le hanno insegnato l’inglese (forse preparata dai migliori sceneggiatori di Cinecittà, riconciliati dopo le polemiche del tax credit?).  Oggettivamente, in ogni caso, la miglior performance che un primo ministro italiano abbia mai realizzato in America. 
E allora, continuiamo a sognare, in questa serata hollywoodiana.  

 

Ma in caso di sviluppi del romance, si troverà bene quel ciuffone inventivo nella Roma pre giubilare? Ascolterà i consigli di Roberto D’Agostino? Non essendoci più i salotti, che farà? Chi vedrà? (sarebbe piaciuto tantissimo a Maria Angiolillo, chissà in che tavolo l’avrebbe messo, “meriggio”, “tramonto”, “alba”, tra un Caltagirone Bellavista e una Sandra Carraro).   Elon a Roma, che titolo sarebbe. Coi soliti clash culturali, fettuccine, Alfredo o non Alfredo, monetine a Fontana di Trevi, come un “Elon in Paris” nella nuova stagione della serie Netflix.  E come in questa, la mamma di lui è fondamentale, e così la mamma di Musk, la ex modella sudafrricana Maye, da una parte ha rassicurato, “lui è tornato in albergo con me”, ma poi ha detto che prova tanta ammirazione per “Giorgia”.

 

Ma allora è fatta! Andrà d’accordo la mamma modella con la consuocera signora Anna Paratore, la scrittrice harmony matriarca di casa Meloni? Certo poi Elon con i suoi viaggi spaziali sarebbe il perfetto e definitivo “marziano”, nel senso del nostro solito e adorato Flaiano, cioè il visitatore straniero di pregio  che dopo due volte e un tiepido entusiasmo i  romani accidiosi si stufano di vedere, e dunque come tutti i vip e attori esteri, da “ahò ce sta Elon Musk”, decade già, la seconda volta, a “ce sta pure Elon, che ppalle”, magari in trattorie del centro o nel covo dei crudi di Anzio “Romolo al Porto” caro a Giorgia. Elon poi andrebbe certamente in tv, e già ci immaginiamo dopo qualche "Porta a Porta" istituzionale, lunghi segmenti a “È sempre Carta Bianca”, a concionare un po’ in quella dimensione bluastra e surreale con Mauro Corona e Nonna Silvi e Berlinguer illuminata da un fascio di luce bianca che neanche gli abbaglianti della Tesla. 

 

Forse porterebbe benefici a sé e al Paese: risolverà il traffico romano coi suoi treni sotterranei magnetici (o verrà fermato dai ricorsi al Tar degli impiegati Atac in malattia)?. La sua impresa missilistica la potrebbe poi benissimo piazzare nella Eur Valley, dove sorgono già incubatori tecnologici prestigiosi. Oppure nella Puglia dove i Meloni amano svernare. Lo “spazioporto di Grottaglie” è un’infrastruttura strategica dove già si è pronti a lanciare (sul serio), missili turistici orbitali. E poi il Borgo Egnazia gli piacerebbe tantissimo, fa molto Austin Texas, vecchio West, ma col capocollo.

 

E vuoi mettere i  risparmi? In italia Elon fruirebbe della legge Renzi, pagando solo duecentomila euro della tassa piatta sui ricconi che vengono a stare qui (erano cento ma sono stati raddoppiati da Giorgia). E il pòro Giambruno? Con la sue Porsche e 500 Abarth rombanti, ciuffo brianzolo contro ciuffo siliconvallico, soffrirebbe quel rivale con la silenziosa Tesla? E la pòra Ginevra? Andrà d’accordo coi fratellastri in utero e non? Soffrirà traumi culturali? I figli muskiani  non dovrebbero aver problemi al Torrino, l’enclave dell’Eur tipo Beverly Hills dove abita Meloni tra Suv e sciure nei beauty center. La figlia trans e ribelle comunista di Elon subirà forse discriminazioni? O si ravvedrà abbonandosi ai giornali degli Angelucci e tornando uomo e diventando tifoso (magari ultrà) della Lazio? O diventerà una classica “zecca” in un tipico liceo romano de sinistra (“a fascio, te sputo in faccia, nun ce metto gnente”)?

 

Ma forse ci saranno condoni  per uteri in affitto esterovestiti  sopra il milione di euro (una gpa flat tax tombale che metterebbe d’accordo tutte le anime del centrodestra). E se invece Giorgia andasse lei in California? Lei come Sophia  Loren, lei col suo inglese già perfetto, lei già abituata ai grandi spazi della natìa Camilluccia e appunto dell’Eur fatale... Tornerebbe con tappetino da yoga,  sensibilità ecologiche e di diritti, in un centrodestra a quel punto affollatissimo, tra nipoti Mussolini e Pascale, sulle questioni  Lgbtq+?  Però intanto, per  favore,   non svegliateci, lasciateci continuare a sognare.
 

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  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).