Il personaggio

Made in Urso, pasticcia con l'italiano, vuole più Cina e il suo ministero esplode

Carmelo Caruso

Promuove i collaboratori a dirigenti, sostituisce per la terza volta la segretaria particolare, la struttura mugugna. Lui ingaggia una battaglia con Stellantis

Patacca l’italiano e la chiama “difesa dell’Italia”. Abbiamo un ministro made in sottoscala, Adolfo Urso, confezionato a Pechino. Si vanta della legge sull’italian sounding (per punire, usa l’inglese) ed è il primo a violarla. Al suo labrador ha dato il nome Ice (“Ghiaccio”) e si esclude intendesse l’Istituto del commercio estero. Ha modificato la targa del ministero dello Sviluppo economico in Made in Italy (un orrore estetico) ma pretende che Stellantis non chiami “Milano” la sua automobile Fiat prodotta a Varsavia. Gli americani, “gli omini della Cia”, sono ancora sconvolti dall’Urso geografo. Da due giorni ha preso il posto del ministro degli Esteri, Tajani. Il governo Meloni ha strappato il trattato “Via della seta” con Pechino e lui, che fa? Invoca più Cina contro il ceo  di Stellantis,  il foreign: “Porti il suo partner cinese in Italia”. Al ministero, dopo la riorganizzazione interna, c’è lo stesso clima di Mirafiori in sciopero, ma Urso è un uomo di ghiaccio, Ice. Al sesto piano di Palazzo Piacentini ha impiantato il suo frigidaire. Tutti i dirigenti con la erre moscia, quelli che leggono il Monde, sono stati congelati. Lo chiamano “il cimitero degli elefanti”. I segretari del comitato centrale di Urss sono due. Il primo è il  capo di gabinetto, Federico Eichberg, che potrebbe scatenarci contro il cane Ice, bau, bau!, l’altro è Amedeo Teti che oggi cumula ben due dipartimenti. Troppo occupati da Lollobrigida e Sangiuliano, si è finito per trascurare il vero asso della politica economica di Meloni, il ministro contromano. A ogni sua sfuriata, un servitore dello stato viene promosso per evitare che scoppi la polemica e dica ai giornali: “Anche io sono stato cacciato da Urso”. Mario Ciampi, da capo di segreteria, è stato nominato vice capo di gabinetto. La ex capo della segretaria particolare, Maria Rosa Sanfilippo, stessa sorte. E’ stata sostituita da Rita Fantini. A febbraio 2023, in una notte sola, Urss riuscì a far fuggire il suo portavoce, Gerardo Pelosi, e il suo capo della segretaria particolare, Valentina Colucci. Facendo due conti, siamo al terza capo della segretaria particolare. Consuma più uomini Urso che l’amore, ne strazia più lui che il chiaro di luna.


Andiamo in Urss, sede della repubblica impopolare di Adolfo Urso, ministro del Made in Italy. Il portavoce del ministro è  Giuseppe Stamegna, e va portato a esempio nei monasteri: resiste ancora, Stoicamegna. La nuova pianta ministeriale prevede quattro dipartimenti, solo che due (dipartimento per le Politiche per le imprese e quello Mercato e Tutela) sono stati consegnati allo stesso dirigente. E’ Teti ed è l’ala dello squadrone Urss. Il numero dieci, il fantasista, neppure serve dirlo, è Eichberg, capo di gabinetto, che ha suggerito come regista di centrocampo il dottor Paolo Casalino. Dopo Teti pure Casalino si sdoppia. E’ stato nominato direttore politica industriale riconversione e crisi, ma anche a capo dell’unità di missione per l’attuazione degli interventi Pnrr. Stava per scoppiare un colpo di stato ministeriale anche perché di direttori esperti il Mimit abbonda. Uno di questi è Donatella Proto, di gran lunga la più apprezzata, che voleva mandare tutti a Hong Kong, a quel paese. Soluzione? A Casalino è stata tolta l’unità Pnrr e consegnata a Proto. Tutti pensano: giustizia è ristabilita. E invece no.

 

Un altro direttore, che puntava al posto di Teti, almeno a uno dei due dipartimenti che occupa Teti, è finito a fare il direttore degli incentivi alle imprese. E’ Giuseppe Bronzino. Poco. E fin qui si pensa: accade in ogni ministero. Ma se a questo si aggiunge il metodo Urss, il rischio è il fungo atomico. Quando Urso è arrivato al ministero ha chiamato come collaboratore Luca De Angelis che ora ha nominato, con decreto, dg per le nuove tecnologie abilitanti, un ruolo che solitamente è ricoperto da chi entra per concorso. Più che riorganizzazione sembra la rivoluzione cinese, paese che Urso, da ex presidente del Copasir, minacciava a colpi di golden power. Diceva: “Serve il golden power”. E’ fatto così. Usa l’inglese per atteggiarsi ad arcitaliano, il cinese per minacciare i francesi, il latino per darsi un tono (“Sulla corsa al quantum si gioca il futuro dell’industria”). In diciotto mesi si è fatto conoscere e guadagnato il titolo di ministro Trombetta. Totò sul vagone direbbe oggi: “E chi non conosce quel trombone di Cosimo Urso!”.
 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio