Il caso

L'ultima svolta centrista di "Alcide Salvini" non piace alla Lega. E nemmeno al Ppe

Simone Canettieri

Via libera al contestato patto Lega-Udc per le europee e le prossime politiche. Malumori nel Carroccio e anche fra i Popolari. Ma il leader ha bisogno di voti moderati al sud. E spunta Cuffaro

Uno è il leader di Identità e democrazia, gli sfasciacarrozze di Bruxelles. L’altro è il capo della navicella centrista, da sempre nel solco del Partito popolare europeo. Una strana, stranissima coppia che dopo mille frenate e accelerazioni, e di nuovo stop, ieri ha ufficializzato l’unione di comodo per le europee, e non solo. Eccoli: Matteo Salvini, neo moderato che si professa ora “liberale e antifascista”, e Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc, vecchia volpe democristiana. Alla fine ce l’hanno fatta a inviare la nota congiunta di un matrimonio nell’aria da mesi. Le rispettive famiglie di appartenenza però mugugnano. A Weber, capo del Ppe, questa intesa non piace. Nella Lega c’è un fronte che l’ha messo per iscritto: che c’entriamo noi con l’Udc? 

In concreto, come anticipato dal Foglio, il Carroccio offrirà diritto di tribuna all'Udc nella composizione delle liste per Bruxelles con l’inserimento di candidati provenienti dall’area politico culturale democratico-cristiana. E soprattutto l’intesa prevede pari dignità e rappresentanza dell’Udc alle prossime politiche (quattro candidati alla Camera e due al Senato in posizioni favorevoli). L’operazione è stata gestita da Salvini. Ieri mattina è uscita  l’intervista a Libero di Cesa e dopo qualche ora, tac, ecco la nota per annunciare il patto. Il connubio è un missile a doppia gittata perché guarda anche agli assetti attuali della maggioranza. Il deputato leghista Nino Minardo andrà a costituire insieme a Cesa il gruppo parlamentare dell’Udc, una componente del misto, a Montecitorio. L’iniziativa, come spiega lo stesso Minardo, risponde “a quel mondo cattolico che nel tempo ha ingrossato le fila del non voto e a tanti amministratori”.

E conferma l’ultimissimo orientamento di Matteo Salvini visto controluce durante l’intervista a “Belve”: toni pubblici più pacati e mano tesa agli alleati per una virata che, dall’estrema destra europea, arriva fino ai moderati. Matteo biancofiore? Non esageriamo, ma nelle mille facce del capo leghista, in passato non lontanissimo a braccetto con CasaPound, bisogna segnalare anche questa mutazione. Tra palco e Palazzo. A Cesa, in piena competizione con Maurizio Lupi ormai in orbita Forza Italia, servono parlamentari. Ecco perché ha in mente – e chissà che non abbia già iniziato a mettersi in moto – di provare lo scouting su un pezzo di Azione considerato in sofferenza. Si fanno quattro nomi (con disponibilità tutte da verificare, sia chiaro): Carfagna, Gelmini, Costa e Castiglione. Di sicuro lo stregone centrista ha come obiettivo quello di allargare la maggioranza di centrodestra, cogliendo al balzo l’occasione della nascita di un gruppo alla Camera. Operazione tutta da testare, occorre ripetere. Tuttavia il centrista “Alcide Salvini”, che tutti i giorni spara contro la candidata del Ppe Ursula von der Leyen, rimane il personaggio da seguire. L’annuncio del patto con l’Udc è stato accompagnato da un gelido silenzio da parte di tutto il partito. Nessun vice ha proferito verbo. Sono rimasti zitti i capigruppo di Camera e Senato Molinari e Romeo. Il vicepremier però non ha scelte: non può scendere sotto il nove per cento e gli servono voti e portatori di preferenze al sud, dove ormai sembra avere una battuta d’arresto definitiva il progetto del partito nazionale di salviniana memoria. E quindi si parte: Aldo Patriciello al sud (ex forzista di lungo corso da sempre nel Ppe pronto a correre con la Lega), l’ex senatore romano Antonio Saccone, sempre scuola Cesa, nella circoscrizione dell’Italia centrale. Nelle isole oltre all’ex meloniano  Raffaele Stancanelli, ex sindaco di Catania e già eurodeputato, Cesa è in movimento per portare voti moderati alla causa. Anche per questo motivo si spiegano i contatti avuti nei giorni scorsi con Totò Cuffaro, in procinto di unirsi al progetto renziano degli Stati uniti d’Europa, ma poi bloccato dalle polemiche. Cuffaro ha nomi da mettere in lista. A partire da Francesca Donato, ex europarlamentare della Lega uscita dal gruppo in dissenso sui vaccini, e ora nel gruppo della Democrazia cristiana cuffariana. Un’operazione complicata anche per  Salvini come sa Claudio Durigon, il sottosegretario che il vicepremier ha mandato in Sicilia a commissariare un partito praticamente imploso. E però tutto si muove. E il leader non può permettersi, qualora poi dovesse saltare anche la carta del generale Vannacci, di sfigurare al sud e nelle isole. Si spiega anche così l’iniziativa di domani, domenica, nella Bari scossa dalle inchieste e dagli arresti. L’evento si chiama “Valore Italia”: chissà se si presenterà il Matteo neo garantista, centrista, antifascista e liberale o quello rapace che tutti conoscono. 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.