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Il caso

Matteo l'apostata: così Salvini disconosce Putin alla vigilia della mozione di sfiducia. Su spinta di Meloni

Simone Canettieri

Oggi alla Camera il voto contro il leader leghista, costretto da Fratelli d'Italia all'abiura: "Da quando è scoppiata la guerra i rapporti con la Russia sono cambiati"

L’abiura della vigilia. Ventiquattro ore prima del voto sulla mozione di sfiducia alla Camera, Matteo Salvini per la prima volta da quando è scoppiata la guerra in Ucraina disconosce – con tanto di nota – la vicinanza a Vladimir Putin e a Russia Unita, il partito dell’autocrate. Sono parole, quelle del capo leghista, indirizzate più che altro agli alleati di Fratelli d’Italia e Forza Italia che oggi in Aula dovranno difenderlo dalla mossa delle opposizioni. Salvini è stato sfiduciato da Pd, M5s, Azione,Verdi e Si perché “non rinnega i rapporti con Putin”.

Ed ecco la mossa calibrata del vicepremier nei confronti del Cremlino. Pensava fosse amore invece era un calesse.  

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Questo il Salvini letterale, che va messo agli atti della cronaca politica come esercizio di eresia: “La guerra ha totalmente cambiato i giudizi e i rapporti politici con la Russia, che prima dell’invasione era un importante interlocutore di tutti i governi italiani”, spiega il leghista. Improvvisamente interessato a dirsi lontano da Putin. Una redenzione dopo anni di visite a Mosca e dichiarazioni da ultras con tanto di magliette abbastanza definitive, a cui si aggiungono recenti rapporti spericolati con l’ambasciata russa in Italia dopo lo scoppio della guerra, silenzi tanti silenzi, fino al recente plauso per la rielezione dello zar “in quanto il popolo ha sempre ragione”.

La scintilla che ha fatto scattare la mozione di sfiducia. Matteo, l’apostata continua nella sua lettera ai meloniani: “Come già ribadito, i propositi di collaborazione puramente politica del 2017 tra la Lega e Russia Unita non hanno più valore dopo l’invasione dell’Ucraina. Di più.

Anche negli anni precedenti non c’erano state iniziative comuni. La linea della Lega è confermata dai voti in Parlamento: dispiace che l’Aula debba perdere tempo per polemiche inutili e strumentali innescate dall’opposizione”. Dal Carroccio negano che la nota sia stata voluta da Palazzo Chigi dove ha sede la leader della maggioranza.

Di sicuro però è stata letta e accolta con una certa soddisfazione, almeno di facciata, dalle parti di Meloni. L’intervento cita infine i rapporti avuti nel corso degli anni dai governi italiani di centrosinistra con Putin: “I 28 accordi di Enrico Letta”, “le missioni a San Pietroburgo di Matteo Renzi per intese da oltre 1 miliardo”, “gli accordi di Sochi siglati da Paolo Gentiloni”, “le missioni dell’allora ministro Calenda per confermare contratti da almeno 4 miliardi”.

Tutti fatti antecedenti il 24 febbraio 2022, giorno dell’invasione russa dell’Ucraina. Ma questi forse sono dettagli, l’importante per Salvini era lanciare un messaggio agli alleati di centrodestra.  Altri segnali, invece, li ha inviati dalle telecamere della trasmissione “Belve”. Il primo a chi lo contesta nel partito ed è pronto – finora solo sui giornali – a defenestrarlo se le elezioni europee dovessero andar male. “Io penso di avere ancora tanto da dare, ho voglia, idee, tempo... Poi persone in gamba ce ne sono, ma li lascio aspettare un attimo”, è il messaggio in bottiglia del vicepremier alle fronda interna (ieri in una lettera aperta una ventina di amministratori ed ex parlamentari della vecchia guardia hanno contestato la linea del capo).  

E proprio sulla candidatura del generale Vannacci, che tanto fa discutere il partito di Via Bellerio, il leader si è mostrato cauto davanti a Francesca Fagnani. Ha preso tempo, ha ammesso che “ci stiamo ragionando” e si è smarcato dalle  affermazioni omofobe contenute nel libro del militare. Per chi è stato il capo della Bestia social più spietata d’Italia, l’operazione “Belve” passa  come un esercizio di umanizzazione. E quindi, ha detto Salvini, con Giorgia Meloni, altro che dissidi, sta nascendo un’amicizia. Confessa che con la premier si frequenta anche fuori dalla politica e che è diventata amica della di lui  fidanzata Francesca Verdini a colpi di partite di burraco. “Sono due faine   e odiano perdere. Ma io non gioco”.

Ieri intanto ha giurato di aver smesso con il risiko  dalle parti dai carri armati russi. Salvini, che si gode l’affondo su Ursula von der Leyen dopo l’inchiesta sui vaccini convinto di averla staccata dalla premier, oggi sarà alla Camera per il question time. Ma non sarà presente poi al voto che lo riguarda. Balla più che altro un pranzo a tre con Meloni e Tajani. Senza burraco.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.