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Le farfalle di Schlein: ora pensa a Berizzi candidato, caos per il dopo Bonaccini

Carmelo Caruso

Dopo l'ipotesi Salis si fa largo la carta Paolo Berizzi, giornalista di Repubblica. In Emilia-Romagna, per guidare la Regione, la segretaria ha un candidato che non è quello di Bonaccini

Elly Schlein acchiappa candidati come farfalle. Dal Pd: “Ne abbiamo uno nuovo”. Chi? “Paolo Berizzi, il giornalista di Repubblica”. Dove? “Nel nord-ovest”. E’ vero? La guglia di Elly a Milano, Pierfrancesco Majorino, a cui si chiede conforto, dice di non “saper rispondere alla domanda”. L’altra, domanda, riguarda Ilaria Salis e la sua candidatura. Dal Pd, ancora: “Sarebbe una boiata e non beneficerebbe dell’immunità”. Come non si può amare questo partito? La Pasquetta? I parlamentari del Pd l’hanno trascorsa a studiare il diritto europeo. Il terzo giorno, Altiero Spinelli è resuscitato.


Non può che finire con un saggio di Gustavo Zagrebelsky. Il problema del Pd? Prendere le cose sul serio. La candidatura di Salis, a cui tutti augurano di scontare le colpe in Italia, sta già producendo dei saggi dottissimi. Sarebbe bastato dire “è una provocazione per tenere alta l’attenzione sul caso Salis”, e invece ora è materia da professori. L’altro Pd, quello che alla sola idea di vedere Cecilia Strada, Marco Tarquinio e Salis candidati, piuttosto passa con Cateno De Luca, si è già affidato agli esperti. Uno è Pier Virgilio Dastoli, docente di Diritto europeo, che è stato assistente di Altiero Spinelli. Professore, ci dice come funziona? “Dunque, a dirla tutta, la vicenda è complessa. Molto. L’immunità europea si applica al parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni. Nel caso Salis, qualora venisse eletta dovrebbe essere il Parlamento europeo a proclamarla. E la vedo difficile. C’è il caso del politico spagnolo Junqueras. Il Parlamento non ha mai convalidato la sua elezione. L’ultimo grande caso dove non è valsa l’immunità riguarda Eva Kaili, la eurodeputata socialista. Ricordo che è stata espulsa e ha scontato sei mesi di carcere preventivo. Il Parlamento è stato con lei severissimo. In sintesi, non mi sembra che questa attenzione politica e mediatica aiuti Salis. Se posso aggiungere, trovo sbagliato, profondamente sbagliato, parlare di candidati che corrono sapendo che non andranno mai a Bruxelles”. E’ un po’ quanto diceva Romano Prodi: “In Europa bisogna andarci”. Ci sarebbe infatti la questione della candidatura della segretaria (ha detto che in Medio Oriente serve “punire i crimini dell’esercito israeliano”) che ogni giorno scatena la protesta di un europarlamentare dem. Lo zio Dario Franceschini, che è come lo spirito e che veglia sulle umane cose, le avrebbe consigliato, con dolcezza, di stare attenta. L’idea di candidarsi al terzo posto contro Decaro e Bonaccini (su lui ci si arriva) scatenerebbe la naturale voglia di rivincita di Bonaccini e di vincita di Decaro. Cosa accade se la segretaria prende meno preferenze dei due barbudos? Francesco Boccia, l’unico ad avere il privilegio di ragionare con la segretaria, le suggerisce di fare la capolista, ad esempio nelle isole, dove sarà candidato Giuseppe Lupo, un altro che a preferenze non scherza come Topo, Lello, che corre in Campania. E lei ci starebbe pensando come pensa che sarebbe bello avere il giornalista acchiappa fascisti, Berizzi, che è già salito, con lei, sul palco, a novembre, insieme con Chiara Valerio e che potrebbe essere candidato sia al nord-ovest sia al nord-est in quanto “interscambiabile”. Al centro ci sarebbe sempre Nicola Zingaretti che è a “disposizione” perché, come ha dichiarato alla Stampa, se si candida “lo decideranno i gruppi dirigenti”. A Tarquinio dicono sarebbe già passata la voglia e che forse, in silenzio si ritira. Ogni giorno Andrea Orlando, il capomastro del Pd, non a caso, lo accarezza perché “Tarquinio parla di pace”. Che poi, e lo dice un deputato del Pd, “avere Tarquinio cosa cambia? Abbiamo già Boldrini e Scotto che sull’Ucraina hanno posizioni differenti. Uno in più, uno in meno non fa differenza”. Farfalle e tormento. E si potrebbe perfino continuare se  in Emilia-Romagna, gente spiccia, i sindaci dem, non avessero avvisato sia Schlein sia Bonaccini di finirla. E’ vero che Bonaccini sta per concludere il mandato da presidente, ma gli emiliani che lo seguono gli dicono: “Aspetta, magari vai a Roma, con le suppletive, magari passa il terzo mandato e puoi ricandidarti”. Lui: “Un anno, fermo?”. L’ultima volta che Schlein e Bonaccini si sono incontrati, più che parlare della candidatura di Bonaccini in Europa hanno discusso di chi sarà il prossimo presidente della regione. Bonaccini vedrebbe benissimo il sindaco di Ravenna, Michele De Pascale, mentre Schlein stravede per Vincenzo Colla, assessore allo Sviluppo economico, ed ex vicesegretario della Cgil. Le somme: nel Pd sta per deflagrare la questione Emilia-Romagna, l’acchiappa fascisti Berizzi è più probabile di Salis, anche se, al momento, come fanno sapere, “ricomincia la riflessione”. Il Pd? Il solo partito che riconosce l’immunità a chi scrive di Pd.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio