L'intervista

"Il centrodestra si dia una calmata su Bari e Decaro. No a gogna Italia". Parla Mulè

Carmelo Caruso

"Non facciamo i moschettieri delle procure, no all'uso politico della commissione antimafia. Restiamo garantisti. Forza Italia porta sul suo corpo le cicatrici del becero giustizialismo". Intervista al vicepresidente della Camera, di Forza Italia

Giorgio Mulè, lei, a Bari, con chi sta? Sta con la destra “forza forca”, quella contro il sindaco Antonio Decaro, o sta con l’altra, l’ideale, la garantista? “Sto con Silvio Berlusconi, sto con il risorgimento del garantismo. Io non tifo ‘Gogna Italia’. Non raccogliamo le pietre che sono servite a lapidarci”. Da vicepresidente della Camera, deputato di FI, cosa prova nel vedere la destra, la sua, eccitarsi con i fascicoli della procura? “Disagio. A Bari non vanno declamate le parole della procura. Forza Italia porta sul suo corpo le cicatrici del becero giustizialismo. Diamoci una calmata. La destra non cavalchi la tigre. Sia chiaro: io non ammaino la bandiera del diritto, né voglio un uso politico dell’antimafia”.


Mulè, mentre stiamo parlando, a Bari, la sua coalizione formula dieci domande a Decaro. Sono “dieci” come quelle che Repubblica aveva formulato a Berlusconi. Da quando copiate Repubblica? “Per me il numero dieci richiama solo i comandamenti mentre quelle dieci domande riportano alla memoria la sporcizia contro Berlusconi, evocano i dotti articoli dei mafiologi, di chi per anni ha usato i fascicoli per infangarci. Io da Emiliano voglio invece sapere cosa significa la parola ‘affidarsi’ e chiaramente mi attendo dei ficcanti articoli di Roberto Saviano. Da giorni mi chiedo dove siano finiti gli esegeti della mafia, i mafiologi in servizio permanente. Forse sono in vacanza causa ponte di Pasqua”. Quante domande vuole fare? “Ne farei cento al governatore Emiliano che con quella parola, ‘affidare’, ha detto un’enormità. Ne vorrei fare cento a Decaro, ma tutte di natura politica. Gli avversari si possono e si devono inseguire mettendoli di fronte ai fatti e alle loro contraddizioni. A Bari è evidente l’inadeguatezza. Trovo ad esempio sconcertante che nessuno, compreso Decaro, abbia fermato don Angelo Cassano che, sul palco, ha dato al ministro Piantedosi, un galantuomo, “del vero criminale”. Trovo sconcertante che nessuno, e mi riferisco anche alle sfere ecclesiastiche, abbia detto che le parole di quel “don” sono parole ignominiose”. Mulè, non è in contraddizione pure la destra che ha avuto un elenco di sindaci caduti per accuse di mafia rivelatesi infondate? Non è in contraddizione con lo spirito di Forza Italia incitare un ministro a sciogliere il comune senza attendere? “Ma infatti non si chiede lo scioglimento, ma un doveroso accertamento di quanto accaduto. E poi glielo ripeto, nulla è meno assoluto di un provvedimento giudiziario. I fascicoli di una procura non sono verità rivelate. Ci sono invece colpe politiche che vanno denunciate ma senza abbracciare il populismo giudiziario”. La destra, oggi, a Bari, sembra sinistra: cosa direbbe di voi Berlusconi? “So cosa ha detto in passato. Quando le inchieste giudiziarie toccarono l’ex ministra Maria Elena Boschi, Berlusconi disse: ‘Preferirei che le inchieste giudiziarie si svolgessero in modo silenzioso, come usava fare Falcone, che si smettesse una buona volta di alimentare il cortocircuito mediatico-giudiziario’. Io seguo quella lezione, non mando all’ammasso quell’insegnamento”. Non le pare che a Bari, il centrodestra, compresi esponenti di FI, stia tradendo il testamento politico di Berlusconi reso noto dalla figlia Marina al Corriere? “L’ossessione garantista di Forza Italia allontana le tenebre del giustizialismo. Si tenga forte: io rivendico la superiorità morale di FI su questi argomenti. Noi siamo la risposta al trinariciuto giustizialismo dei grillini e di una certa sinistra. Detto questo, a Decaro andrebbe spiegato che nessun comune, neppure Palermo, con sindaco Leoluca Orlando, celebrato paladino dell’antimafia, è immune da infiltrazioni e che una commissione ministeriale non è la santa inquisizione. Quella Palermo venne infiltrata da un uomo che si chiamava Vito Ciancimino”. C’è stato un caso Bari a destra? “Altro che uno! Gli archivi sono pieni. Cito il caso Ventimiglia. Il sindaco di centrodestra, Gaetano Scullino, si dovette dimettere. Venne processato con accuse pesantissime, poi assolto e rieletto dalla sua comunità”. Qual è la parabola? “Che le colpe politiche non sempre derivano da sospetti giudiziari. La foto di Decaro con la sorella Capriati non è l’immagine che mostrifica Decaro, non è per quello scatto che un comune va sciolto, è piuttosto un fotogramma di un lungometraggio. Decaro, che dichiara di aver fatto apostolato antimafia, deve ora  spiegare se la sua antimafia sia stata infiltrata dall’impostura”. Cosa ne pensa del “tribunalino” chiamato Commissione Antimafia? “Il rischio è che se ne faccia un uso politico, che obbedisce alla maggioranza e allo spirito del tempo. Negli anni Novanta venne utilizzata contro Berlusconi. Non commettiamo lo stesso errore. Dico agli amici di centrodestra di non scendere al loro livello, non vestiamo i panni dei moschettieri delle procure”. La ministra Santanchè si deve dimettere? “Sarà lei a decidere. Se dicessi che debba farlo allora perderebbe di senso tutta l’intervista e anche un po’ la mia vita”.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio