Il personaggio

Lollobrigida avvisa la Lega: "Riequilibrio dopo le europee. Le opposizioni? Non sono pronte al voto anticipato"

Simone Canettieri

Il ministro alla buvette della Camera: "Dimenticavo di quando Salvini si candidò nel 2019 e superò il 30 per cento. Le opposizioni non hanno un leader, anzi c'è Prodi"

Compare alla Camera perché l’Aula discute del suo ddl sui cuochi, però si vede che frigge per cucinarsi a puntino gli alleati, a partire dalla Lega: “Dopo le europee si può ridiscutere di tutto”. Ed è subito profumo di rimpasto di governo, a essere maliziosi. Di fatto il ministro  Francesco Lollobrigida non contento mette anche un po’ di sale sulle opposizioni. E maramaldeggia: “Non possiamo andare al voto anticipato perché loro non sono pronti”, dice con un sorriso beffardo. Circondato dai cronisti alla buvette di Montecitorio, il plenipotenziario di Giorgia Meloni si gode la giornata politica giudiziaria: si è passati da Pozzolo, il deputato con la pistola, a Pozzuoli, dove la procura ha messo nei guai mezzo Pd campano: “Adesso mi auguro che i dem stiano riflettendo sui danni che hanno fatto al sistema democratico”. Ma questo è l’antipasto dello “chef Lollo”, la ciccia è altrove. E riguarda le regionali con l’impuntatura di Matteo Salvini in Sardegna. “Solinas non ha governato nemmeno male, ma pensiamo che Truzzu possa governare meglio: tutto qui”. Gli si fa notare che Andrea Crippa, vice di Salvini, minaccia a nome del capo leghista di rimettere  tutto in discussione dopo le europee. “Non è che Crippa si riferisse al governo: non credo che si occupi anche del governo. E comunque dopo le europee si può fare”, e qui c’è un altro sorriso guascone. Di chi sa di far parte di un partito che, a consensi, è il triplo degli altri due alleati”. L’argomento è il riequilibrio che Fratelli d’Italia pretende in vista della corposa tornata delle regionali.  

Il pentolone della maggioranza con il combinato disposto fra il braccio di ferro sui governatori e la volontà di Giorgia Meloni di candidarsi alle  europee (domani sarà a Forlì con la presidente della commissione Ue  Ursula von der Leyen a otto mesi dall’alluvione in Emilia Romagna) ribolle a fuoco altissimo. “Noi siamo sempre pronti a discutere di tutto, ma nessuno vuole discutere di niente. Non abbiamo discusso la Sicilia un anno fa, per esempio. E comunque non possiamo andare al voto. L’opposizione non è pronta: chi sarebbe il candidato premier? Schlein? Conte?”. E’ tornato Paolo Gentiloni. Silenzio. “L’opposizione non è pronta a mettersi insieme per fare una partita alla pari. Lo ripeto: dovrebbero trovare il candidato per  governare il paese. Oggi non ce l’hanno. Ah, sì ci sarebbe Prodi”, ed è ancora un Lollobrigida sale e pepe. Poi il ministro tira fuori dal cellulare una cartina pubblicata dalla Stampa  sulle regioni governate dai partiti del centrodestra, divise per numero di abitanti.  “Questa cartina fa vedere la generosità di FdI. Noi abbiamo tre regioni.  La Lega al Nord governa   17 milioni di abitanti. Noi  8 e Forza Italia 13.5. Non c’è niente di strano, non stiamo chiedendo l’impossibile”. Si capisce insomma, che la Sardegna non è che un debutto per le truppe meloniane alla conquista dei governatori oltre che di Bruxelles. Eh sì perché la candidatura di Meloni tiene tutti sulla corda. Anche se Antonio Tajani dice che non deve correre perché altrimenti farebbe male il lavoro di premier. Il ministro annuisce. Serafico. E a chi gli ricorda che proprio Matteo Salvini nel 2019 si mise capolista in tutte le circoscrizioni risponde beffardo: “Ah, dimenticavo. Forse per questo prese oltre 30 per cento”.  Il ministro ama farsi incalzare dai cronisti: è fatto così, non si tira mai indietro. E Schlein? “Dovrebbe candidarsi, perché no? L’ultima volta andò bene, se non mi sbaglio. Anzi sarebbe una bella cosa se si candidassero altri leader, magari anche un terzo”. L’Aula reclama il ministro della Sovranità alimentare per discutere di cuochi. E’ un giorno di festa perché è il compleanno di Meloni: ne fa 47 ed è convinta che “festeggerà anche i 50 a Palazzo Chigi”. Il partito con, un rito da Corea del nord, acclama la cara leader. “La più bella e la più brava”, scrive nella chat dei deputati Salvatore Deidda. Le chat esplodono affetto. Lei resta sobria: “Grazie ragazzi”, scrive. Meloni come regalo vorrebbe dormire di più. Un desiderio che poco si sposa con gli incubi che gli alleati vedono all’orizzonte in vista delle regionali e delle europee.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.